C’è grande voglia d’oro sui mercati finanziari, si legge in un report di Bank of America. La ragione sta nell’approssimarsi del quantitative easing Usa ma anche dello scudo anti-spread di Mario Draghi, dopo il via libera del direttorio di Francoforte. La miscela tassi bassi/inflazione indotta dall’aumento dei prezzi energetici sarà il propellente, scrivono gli analisti Usa, che spingerà ll prezzo del metallo giallo, già in ascesa a due cifre rispetto inizio agosto, oltre alla barriera dei duemila dollari.
Di fronte a questi numeri viene voglia di lodare l’avvedutezza di Banca d’Italia, che non ha ceduto in passato alla tentazione di liberarsi delle proprie riserve, inferiori solo a quelle di Stati Uniti e Germania. La Bank of England, che tra il ‘99 ed il 2002 ha liquidato buona parte dei lingotti di sua proprietà ad un prezzo medio di 395 dollari l’oncia (poco più del 20 percento del valore attuale) piange ancor oggi la scelta.
Ma il rally di cronaca induce a una riflessione: perché non riprendere in mano la proposta di Romano Prodi e del professor Alberto Quadrio Curzio di utilizzare le riserve auree per traghettare l’Europa fuori dalla crisi? Un Fondo comunitario che possa contare sulla garanzia delle riserve auree potrebbe aiutare non poco a comprimere il costo delfinanziamento del debito sovrano e a fornire i mezzi per rilanciare i grandi investimenti nell’energia, nelle tlc e nei trasporti. Un anno fa, quando, l’idea venne lanciata sulle colonne del Sole 24Ore, l’atmosfera non era delle più propizie: montava in quei giorni in Europa la rabbia contro il “Berlusconi Trick”, ultimo segnale dell’inaffidabilità del Bel Paese. Oggi, almeno dal punto di vista della credibilità, l’Italia ha riconquistato punti. Mai capitali per aggredire il debito e dare ossigeno alla ripresa non si vedono ancora. Perché non tirare fuori dal cassetto la proposta Prodi/Quadrio Curzio? Forse perché, a suo tempo, non mancarono le critiche, chiediamo all’economista milanese, oggi vice presidentedell’Accademia dei Lincei.
FIRSTonline – Vi hanno accusato di voler vendere l’oro della Banca d’Italia…
Quadrio Curzio – Ma io non ho mai suggerito di vendere l’oro. La nostra proposta prevede di usare l’oro come collaterale. C’è una bella differenza.
FIRSTonline – E così si supera l’obiezione più comune: la banca centrale non può vendere l’oro in base ai trattati istitutivi della Bce.
Quadrio Curzio – Non è affatto vero. In realtà le banche centrali possono vendere oro e l’hanno fatto spesso in questi anni. Il quadro dei patti tra le banche centrali è contenuto nel Central Banks Gold agreement del 1999. L’accordo di durata quinquennale già rinnovato due volte, nel 2004 e nel 2009 impegna le banche a non superare né il tetto delle 40 tonnellate vendute in un anno né quello complessivo di 2000 tonnellate nei cinque anni.
FIRSTonline – Chi ha firmato l’intesa?
Quadrio Curzio – Tutte le banche centrali più importanti, compresa la Bank of England e la banca centrale svizzera, con l’eccezione della Federal Reserve.
FIRSTonline – Dunque vendere si può…
Quadrio Curzio – E l’hanno fatto quasi tutti con l’eccezione dell’Italia. Tra i venditori figurano la Bce, l’Austria, il Belgio, la Francia, la Germania, il Portogallo, la Spagna ed l’Irlanda oltre al Regno Unito. Il tutto per un totale di 2mila tonnellate, ovvero il tetto massimo, nei primi cinque anni e di 1.884 tonnellate nel secondo quinquennio. Come si vede, non ci sarebbe da gridare allo scandalo se l’Italia vendesse una parte del suo oro. Cosa che, però, io non ho mai consigliato. E’ ben diverso proporre l’uso delle riserve come collaterale rispetto ad un’operazione di vendita.
FIRSTonline – Un’operazione che, del resto, richiederebbe l’avallo della Bce….
Quadrio Curzio – In realtà sono una piccola parte delle riserve è stata conferita alla Bce. Il resto è a libera disposizione della Banca d’Italia, beninteso nell’ambito dell’accordo tra le banche centrali. L’oro è assimilato a una valuta, non a capitale da considerare come riserva. Con questo non voglio entrare nel merito della tassazione delle riserve auree: oggi il fondo di oscillazione e di rivalutazione delle riserve di Banca d’Italia è, ad esempio, in regime di esenzione di imposta.
FIRSTonline – Una volta chiarito l’equivoco, resta il problema principale: è possibile far leva su questo tesoro per dare ossigeno all’economia di un Paese carente di capitali come l’Italia di oggi? Il problema è più urgente oggi di un anno fa, vista l’emorragia di capitali esteri usciti dal debito pubblico e privato…
Quadrio Curzio – L’obiettivo della nostra proposta era di procedere all’utilizzo di una parte delle riserve auree come collaterale a garanzia di un’emissione obbligazionaria. E’ nostra convinzione, corroborata dall’esperienza dei mercati, che la presenza di un collaterale reale abbassi in maniera notevole il premio al rischio chiesto dai sottoscrittori. Questa considerazione ci aveva spinto, dunque, a promuovere l’idea di bond garantiti con le riserve auree del Sistema europeo di banche centrali, tra cui la Banca d’Italia. Il fondo così costituito avrebbe potuto operare in due direzioni: rilevare una parte del debito sovrano, con l’obiettivo di stabilizzare stabilizzantela gestione dei titoli di Stato nazionali da detenere su lunghe durate, in funzione anti speculativa. E riattivare una corrente di investimenti.
FIRSTonline – Ma l’idea è andata avanti o si è arenata?
Quadrio Curzio – Un segnale in questa direzione si è avuto con la discussione sugli stability bond, un’ipotesi molto vicina alla nostra idea che, del resto, è citata in maniera esplicita nel paper. Insomma, non è rimasta lettera morta.
Il professor Quadrio Curzio, insomma, non s’illude ma non dispera. Del resto si sa: i tempi dell’Europa sono quelli che sono.