Salvo colpi di scena, mancano ancora due anni alle elezioni politiche ma non è detto che la legge elettorale attuale, tendenzialmente maggioritaria, resti com’è. Una parte del Pd sta riscoprendo il fascino delle legge proporzionale ma anche a casa Meloni qualcosa si muove. Intendiamoci: il ritorno a un proporzionale puro “non ha nessuna probabilità” di realizzarsi ma “un proporzionale con premio” o un maggioritario di lista ce l’ha eccome. E’ quanto sostiene, in questa intervista a FIRSTonline il professor Roberto D’Alimonte, docente ordinario alla facoltà di Scienze Politiche della Luiss e uno dei politologi italiani più esperti in sistemi elettorali. Il proporzionale con premio di seggi a chi ottiene la maggioranza alle elezioni è proprio l’ipotesi a cui sembra guardare con crescente interesse la premier Giorgia Meloni che, come rileva lo stesso D’Alimonte, potrebbe portare all’elezione diretta del primo ministro senza toccare la Costituzione. Difficile prevedere come andrà a finire ma non c’è dubbio che sulla legge elettorale comincia a montare la febbre sia a destra che a sinistra. Ecco come la vede il professor D’Alimonte.
Professor D’Alimonte, come è già accaduto in Francia – anche se per ora con scarso successo – la politica italiana sta riscoprendo la passione per il sistema proporzionale nelle elezioni: come si spiega questo revival?
“Per essere precisi, è una parte della politica italiana, e cioè il centro-sinistra, che ha riscoperto la passione per il sistema proporzionale. Per essere ancora più precisi, è una passione che non è mai sparita del tutto a sinistra. Dentro il Pd e gli altri partiti di questo schieramento il proporzionale ha sempre avuto dei sostenitori sempre pronti a cogliere l’occasione favorevole per reintrodurlo. Alcuni di loro pensano che questa sia la volta buona ma non è così”.
C’è chi sostiene che anche l’improvvisa riscoperta del proporzionale da parte della premier Meloni non sarebbe solo un modo per liberarsi dagli ostacoli della Lega ma una scorciatoia per il premierato, che oggi sembra finito su un binario morto: non fu proprio Lei a suggerire che, con una legge elettorale appropriata, si potrebbe introdurre il premierato senza toccare la Costituzione? Come potrebbe avvenire?
“Il proporzionale verso cui pare che si stia orientando Giorgia Meloni non è in realtà un proporzionale vero e proprio ma un sistema maggioritario di lista. Mi spiego: tutti i seggi verrebbero assegnati con una formula proporzionale ma sarebbe previsto un premio in seggi a chi ottiene la maggioranza dei voti. Il premio è un potente strumento maggioritario: chi vince il premio governa. È vero che da tempo sostengo che con un sistema elettorale del genere si può introdurre una specie di elezione diretta del premier senza modificare la costituzione. La mia idea è quella di assegnare il premio alla lista o alla coalizione che al primo turno arriva al 50 % dei voti più uno. Chi ci riesce ottiene immediatamente il 55% dei seggi ed elegge il premier. Se nessuno ci riesce, le due liste o le due coalizioni più votate al primo turno vanno al ballottaggio e il vincente si prende il premio e la premiership. Con un sistema del genere i partiti sono incentivati a coalizzarsi prima del voto e a indicare un candidato premier e un programma comune. E gli elettori sono messi davanti a una scelta chiara perché sono in grado di capire che chi vince governa. La scelta è ancora più chiara al secondo turno nel caso in cui nessuno vince al primo turno e gli elettori sono chiamati a votare una seconda volta per scegliere tra solo due alternative, cioè due candidati premier. Questa è sostanzialmente una elezione diretta anche se non lo è formalmente. E non c’è bisogno di cambiare la Costituzione”.
È questo il sistema verso cui si sta orientando Giorgia Meloni?
“Sì e no. Come ho detto, Meloni punta al proporzionale con il premio ma la soglia cui far scattare il premio pare che voglia fissarla al 40%. Il motivo è che i partiti del centro-destra non hanno mai amato il ballottaggio perché sostengono che avvantaggi il centro-sinistra. Pensano che con il ballottaggio sarebbe più facile per Pd, M5S e altri trovare al secondo turno l’accordo che più difficilmente riuscirebbero a trovare con un turno solo. Pensano anche che per i partiti di centro-sinistra sia più facile portare a votare i loro elettori al secondo turno. Se fosse per Meloni, e soprattutto per Calderoli, il ballottaggio non ci sarebbe proprio, ma non si può toglierlo del tutto perché la Consulta ha dichiarato incostituzionale un sistema elettorale in cui il premio di maggioranza possa essere assegnato senza una soglia minima di voti. Come è noto, nel 2013 alla Camera la coalizione di Bersani con il 29% dei voti ottenne il 54 % dei seggi. Questo è l’evento che ha fatto scattare la sentenza della Corte. Ecco allora la necessità di una soglia minima”.
Ma perché al 40% e non al 50%?
“Fissandola al 40% si rende meno probabile il ricorso al ballottaggio. Con una soglia del genere il centro-destra nel 2027 potrebbe puntare a vincere senza andare al ballottaggio. Alle Politiche del 2022 ha preso il 43%. Ma questa non è la soluzione più corretta. Con la soglia al 50% chi vince ha sempre una maggioranza dei voti e questo è un fattore di maggiore legittimazione. Questo è vero sia per chi vince al primo turno sia per chi vince al secondo. Infatti anche chi vince al ballottaggio avrà comunque la maggioranza dei voti. In questo secondo caso sarà una maggioranza fatta sia da chi aveva già votato al primo turno e trova il suo partito preferito al secondo sia da chi, non trovando al ballottaggio il partito che aveva votato al primo turno, esprime una seconda preferenza, cioè sceglie tra le due opzioni rimaste quella che gli piace di più o gli dispiace di meno”.
Potrebbe spiegare meglio quale sarebbero i vantaggi sistemici di una soglia al 50%?
“La moderna teoria della democrazia dice che un sistema che dà agli elettori la possibilità di esprimere un secondo voto e una seconda preferenza consente di individuare l’opzione effettivamente preferita dalla maggioranza. Non è detto che chi vince con il 40% sia veramente l’opzione preferita, quella che la teoria definisce l’alternativa Condorcet. Mi perdoni il tecnicismo. Solo l’uso delle seconde preferenze consente di farlo. E poi pensi alla efficacia di un sistema in cui al ballottaggio gli elettori siano chiamati a scegliere tra Schlein e Meloni, tanto per fare un esempio. Il ballottaggio è uno strumento di educazione alla democrazia nel senso che responsabilizza gli elettori, tra l’altro facendo capire la necessità di accettare scelte di compromesso. E il compromesso è un ingrediente essenziale della democrazia”.
Nella legge proporzionale che lei immagina ci sarebbe spazio anche per le preferenze?
“Io non sono mai stato un sostenitore delle preferenze, ma mi sono rassegnato. Con partiti così deboli non mi sembra più il caso di lasciare ai leader di partito la decisione su chi debba essere eletto. Le preferenze non mi piacciono ma oggi mi piacciono ancor meno le liste bloccate, visti i partiti e i leader che abbiamo”.
Che effetti potrebbe determinare una legge elettorale proporzionale nella maggioranza di centrodestra? È vero che nuovi e più ampi spazi d’azione si aprirebbero per Forza Italia che in futuro potrebbe diventare l’ago della bilancia della politica italiana?
“No. Con il premio di maggioranza anche Forza Italia dovrà decidere prima del voto con chi allearsi così come accade oggi con la presenza dei collegi uninominali del Rosatellum. Solo con un sistema proporzionale puro Forza Italia potrebbe diventare l’ago della bilancia. E questo potrebbe valere anche per altri partiti. Ma sono certo che Giorgia Meloni non accetterà mai un tale sistema elettorale, a meno che il suo partito non si sgretoli elettoralmente nei prossimi mesi. E non credo proprio che Forza Italia voglia votare oggi in parlamento insieme ai partiti di centro-sinistra per introdurre il proporzionale puro. Se ciò avvenisse saremmo di fronte a un mutamento sostanziale della politica italiana”.
Anche nel centrosinistra, come ha rivelato il ballon d’essai lanciato da Dario Franceschini, sembra tornare l’amore per il proporzionale perfino in certe parti del Pd – anche se non in Elly Schlein – oltre che nei Cinque Stelle e in Italia Viva: sullo schieramento d’opposizione che effetti avrebbe un sistema proporzionale?
“Un sistema proporzionale puro è quello che vorrebbero quasi tutti nel centro-sinistra da Franceschini a Fratoianni, Conte , Renzi e Calenda. Non avrebbero più il problema di mettersi d’accordo prima su un candidato premier e su un programma comune. Ognuno si presenterebbe da solo e i conti si farebbe solo dopo il voto. A quel punto ciascuno sarebbe libero di decidere con chi allearsi per governare, avendone la possibilità e la voglia. Con il proporzionale con premio che vuole Meloni questo non è possibile”.
In conclusione, quante probabilità ha oggi una legge elettorale proporzionale di venire approvata dal Parlamento in questa legislatura?
“Il proporzionale puro non ha nessuna probabilità, quello con premio ha una buona probabilità. Per questo dico che Franceschini sta conducendo una battaglia di retroguardia salvo che non pensi veramente di poter portare Forza Italia dalla sua parte. Ma, come ho detto, è una ipotesi del tutto improbabile. A meno che…”.