Lo sciopero dei piloti Air France continua ormai da una settimana. Dopo 10 anni in rosso, la compagnia di bandiera francese esce dal deficit per la prima volta, ma deve fare i conti con la modernizzazione della struttura dell’azienda, ormai non più al passo con le sfide lanciate dalle compagnie low cost. I piloti però non ci stanno a rinunciare a uno status quo che gli ha finora garantito laute trasferte in albergo e prerogative irrevocabili. Così da una settimana hanno scelto la strada dello sciopero causando ad Air France perdite per 100 milioni. Lo sciopero, fanno sapere dal sindacato Snpl che ha in mano l’operazione di protesta, andrà avanti fino a venerdì. Ogni giorno in più con gli aerei fermi implica una perdita di 15 milioni di euro.
Le rivendicazioni di sindacato e piloti sono tutte rivolte al piano di ridefinizione della politica aziendale di Air France, che punta a non far rientrare gli aerei solo a Parigi o a Amsterdam, tenendoli quasi sempre in volo, a una radicale riduzione delle spese per gli alberghi dell’equipaggio e a contratti di lavoro stipulati secondo gli standard dei i mercati locali. La traduzione è che, almeno in teoria, ci saranno assunzioni di piloti portoghesi dalla base della compagnia nel Paese iberico.
“Oggi Alexandre De Juniac, presidente di Air France, vuole investire un miliardo di euro nella creazione di un’entità basata in Portogallo che ha come obiettivi la delocalizzazione, il dumping sociale e l’aggiramento delle tasse e dei carichi sociali che pesano in Francia”. Questi i motivi della protesta degli aviatori francesi, esposti chiaramente da Guillaume Schmid, il portavoce dei piloti del sindacato Snpl a France Info. Mentre De Juniac risponde – ironicamente – che “se si potesse fare una compagnia low cost con le regole di funzionamento di una compagnia tradizionale, credo che a questo punto si sarebbe saputo”.
I due fronti, quello dei piloti e quello del managment dell’azienda, si affrontano su un tema che va al di là dell’ammodernamento o meno di una società. Infatti, da una parte vi è sicuramente la resistenza del personale a cedere prerogative e garanzie assodate in anni di lavoro, denunciando una sempre colpevole riluttanza al progresso e al cambiamento. Dall’altra però, vi è una politica aziendale – lo si ripete, in rosso da ben 10 anni – che ha fatto finta per troppo tempo che le compagnie low cost fossero una realtà non duratura, e che di certo non avrebbero influenzato minimamente gli obiettivi delle tradizionali compagnie aeree di bandiera, Air France su tutte.