In un momento di rara complessità per l’industria italiana, alle prese con crisi che arrivano da lontano (l’industria del bianco, da Whirlpool ad Embraco) o minacciano di andar lontano (la componentistica auto, vedi i licenziamenti in tronco magari via e-mail di Gkn di Campo Bisenzio) può servire un esempio virtuoso di buon capitalismo. Tipo la Comer Industries, la multinazionale di Reggiolo, nel cuore dell’Italia migliore, fondata negli anni Settanta dalla famiglia Storchi per realizzare le prime trasmissioni, più artigianato meccanico che industria, oggi partner delle principali realtà che si occupano di macchine per l’agricoltura, l’industria e la produzione di energia rinnovabile.
Val la pena di parlarne perché la società nei giorni scorsi ha sottoscritto un accordo per l’acquisizione del 100% del capitale sociale di WPG Holdco, società capogruppo della tedesca Walterscheid Powertrain Group, leader nel settore dell’Off-Highway (componenti e sistemi di azionamento per il settore agricolo, industriale, delle costruzioni e delle attrezzature minerarie), presente in 75 Paesi con un fatturato pari a 396 milioni di euro.
Ma, non meno importante, l’operazione cade a due anni dall’ingresso in Piazza Affari nel segmento Aim (che oggi, probabilmente, sta stretto alla multinazionale), un anno dopo la pubblicazione della relazione di sostenibilità, ultimo passo dopo l’adozione di criteri di governance all’altezza delle richieste del mercato finanziario. Insomma, un buon esempio dei progressi di un sistema di imprese che in questi anni ha saputo anticipare le riforme che una parte del Paese stenta a recepire, confidando che un’eventuale “Iri bis”, un fondo sovrano o qualsiasi altra versione di una “politica industriale” vecchio stampo che possa congelare la situazione o, peggio, farci tornare come eravamo (e non si stava benissimo).
Al contrario, come emerge dall’ottima performance sui mercati dell’export, è cresciuta una fascia di imprese che riscuotono la fiducia degli investitori, pronti ad accompagnare l’espansione industriale che richiede un’adeguata solidità patrimoniale. Tale fiducia si nota non solo osservando la performancedei componenti del FTSE MIB, il mercato principale, ma anche e soprattutto guardando alle società di piccola e media capitalizzazione. “E’ soprattutto qui – nota Massimo Trabattoni di Kairos – che nell’ultimo periodo si è vista la larga parte dell’overperformance sia verso i peers europei sia verso le stesse società del FTSE MIB. In particolare il segmento dell’AIM sta vivendo un momento d’oro grazie all’entrata di nuovi investitori, anche esteri, che prima invece si tenevano lontani da titoli poco liquidi e poco coperti dalla comunità finanziaria”.
Al contrario, con un giro d’affari vicino ai 5 miliardi, ricavi in crescita del 3% e una raccolta di 5,8 miliardi l’Aim, il listino dedicato alle Pmi a più alta crescita, si avvia a chiudere il 2021 al top. Entro dicembre sono previste 25 nuove Ipo (dalle attuali 148 a 173 quotate) con una capitalizzazione che dovrebbe arrivare a 9,1 miliardi di euro.
A confortare il giudizio positivo è proprio il numero significativo e molto al di sopra della media storica di offerte pubbliche riguardanti appunto small e mid cap italiane. “Questo lascia intendere – continua l’esperto – che al di là degli spesso contingenti flussi finanziari, vi è un reale appetito per asset dell’economia reale italiana, in particolare per nomi industriali che costituiscono il tessuto produttivo del Paese”. Un’esperienza di successo, dunque, resa possibile dalla maturazione della piazza finanziaria. In particolare:
- Si è ampliata l’offerta che, in 5 anni, è passata da passano da 77 a 148 società a luglio 2021 (+92%) mentre la capitalizzazione è salita da 2,9 miliardi a 8,1 miliardi di euro (+178%).
- Migliorano anche i principali parametri di Corporate Governance: il 100% delle società AIM presenta almeno un componente indipendente nel board (95% nel 2016), il 65% presenta almeno una quota rosa nel CDA (50% nel 2016), l’89% presenta il voto di lista per la nomina del CDA (57% nel 2016), il 66% delle società AIM presenta almeno un comitato (58% nel 2016).
- Sale nel periodo di riferimento 2016-2021 il controvalore medio giornaliero (+436%), passando da 24 mila euro nel 2016 a 127 mila euro a luglio 20212.
- Aumentano i giorni con scambi: +42% nel 2021 rispetto al 2016 (62% vs 88% sul totale dei giorni di negoziazione);
- Cresce all’81% la quota delle società AIM con la copertura da parte di analisti (55% nel 2016), dato che beneficia inoltre dell’impatto positivo della revisione della normativa che ha stabilito l’obbligatorietà della ricerca (equity research) per gli emittenti quotati successivamente al 3 gennaio 2018.
- aumentano le operazioni sul mercato secondario: nella prima metà del 2021 sono stati emessi aumenti di capitale per un valore pari a 104 milioni di euro, in crescita del +148% rispetto al 2016 (42 milioni di euro), più prestiti obbligazionari per un importo pari a 150 milioni di euro (+200% rispetto al 2016).
Non ultimo, come sottolinea Anna Lambiase ceo di Ir Top Consulting cui si devono i dati della ricerca, merita sottolineare un altro elemento: “Le società impiegano nel 2020 circa 19.600 dipendenti, con una crescita, in media, pari al +23% rispetto allo stesso perimetro dell’anno precedente”.
La combinazione tra progetto industriale, determinazione del management e flussi finanziari in entrata è una delle formule vincenti per uscire dalle secche della crisi del lavoro con un costo quasi nullo per le casse pubbliche. “Per sostenere una crescita duratura dell’equity capital market – incalza Lambiase – è necessario rendere il credito di imposta sui costi di quotazione introdotto dal MISE una misura strutturale per favorire in maniera permanente i programmi di investimento delle Pmi”. In piena espansione perché, conclude il ceo di Ir Top, “la stima per il 2021 è +57% in termini di capitalizzazione, un numero di società target al 31 dicembre 2021 di 173 (+25% rispetto al 2020) e un totale di nuove Ipo che nell’intero 2021 si attesterà a 35, rivestendo un ruolo fondamentale nella struttura dei mercati azionari nazionali, anche a seguito dell’operazione di integrazione di Borsa Italiana con Euronext.”