Un partenariato pubblico-privato nel Parco Archeologico di Pompei ed altre tre esperienze di agricoltura sociale si sono aggiudicate la terza edizione del bando “Coltiviamo l’Agricoltura Sociale”. E’ un settore settore in crescita, benché lontano dalle iniziative di promozione agricola in senso stretto o dalle campagne promozionali di prodotti veraci. Negli ultimi sette anni ha assorbito investimenti per 800 mila euro. Confagricoltura, la Onlus “Senior l’età della Saggezza”, Reale Foundation, la Rete Fattorie Sociali e l’Università di Roma Tor Vergata sono i promotori del bando. Assegnano risorse economiche e incentivano gli agricoltori a prendere la strada dell’inclusione sociale e lavorativa. In verità i numeri sono già abbastanza buoni. Più del 15% delle aziende agricole italiane sono anche fattorie didattiche con l’inserimento lavorativo, in particolare, di soggetti più deboli. Oltre la metà di loro fattura tra 50mila e 1 milione di euro l’anno. La maggior parte si trova nel Nord Italia (41%), il 38% nel Sud e il 21% nel Centro. Lo scopo principale è, appunto, l’inclusione sociale che diventa valore economico nel grande giro dei prodotti agricoli. Una forma di agricoltura che fa scoprire storie di vita e di affanno che trovano soddisfazione nel contatto con la natura. Eppure se ne parla poco anche rispetto ai programmi del PNRR.
Cosa s’intende per agricoltura sociale
Siamo dinanzi ad aziende che oltre al regolare impegno nella coltivazione della terra e all’allevamento svolgono attività sociali con una spiccata proiezione territoriale. Accolgono le persone senza, tuttavia, perdere identità e l’interesse per il lavoro agricolo. Le quattro esperienze significative del 2022 sono state premiate a Roma in una manifestazione alla quale ha preso parte anche il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Il Presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti ha parlato di queste esperienze come di azioni di “riscatto sociale e di welfare per le fasce più fragili della popolazione. Un’intuizione che continua a dare i suoi frutti e un esempio di sostenibilità da imitare”. In fondo attraverso il lavoro della terra si crea anche maggiore coesione sociale. Si aprono prospettive per l’inserimento in agricoltura di giovani, donne, immigrati ben oltre la retorica della sovranità alimentare. In queste azienda c’è la faccia opposta allo sfruttamento, al caporalato ed alle tendopoli nelle pianure fertili. A Pompei si è fatta sintesi di lavoro manuale e valorizzazione di un patrimonio naturale dalle grandi potenzialità. “Lo abbiamo fatto– ha detto il Direttore del Parco archeologico Gabriel Zuchtriegell in nome dell’agricoltura e dell’archeologia, spingendo il territorio verso il rispetto e la tutela dell’ambiente”. Il partner è stata l’azienda agricola Di Landro Francesco .
Dalla campagna agli studi a Tor Vergata
I 40 mila euro di premio più una borsa di studio all’Università di Roma Tor Vergata sono andati anche al progetto La fattoria didattica e sociale di Bubi e Mimi, a Bene Vagienna, in provincia di Cuneo. Qui è stato creato un luogo dove si svolgono attività rivolte a bambini e ragazzi con problemi psico-sociali, disabilità o provenienti da famiglie difficili. A Cagliari L’Orto Terapeutico di Lu – Azienda Agricola Mirai ha vinto perché ha ricavato un’oasi in mezzo alla natura, dove le donne che stanno affrontando problemi oncologici hanno trovato lavoro e serenità per occuparsi di ambiente e cura delle piante. 20 mila euro è stato invece il riconoscimento a Il “giardino in movimento” ai Giardini Pellizzari nel centro di Genova. Si accolgono ragazzi in difficoltà con il compito di preparare il terreno alla piantumazione di piante. Non sbaglia Angelo Santori, presidente di Senior L’Età della Saggezza quando spiega che “ i quattro progetti premiati rafforzano e confermano la validità del nostro impegno nel valorizzare le iniziative di agricoltura riconducibili alla solidarietà tra le generazioni, all’occupazione e all’assistenza sociosanitaria dei soggetti più deboli, alla tutela dei diritti civili e all’inclusione sociale nelle zone rurali“. C’è da aggiungere soltanto che la politica dovrebbe considerare e sostenere maggiormente queste buone pratiche. Aiutano le aziende a migliorarsi e dare un senso alla battaglia contro ogni tipo di disuguaglianza. Alla fine è un valore del Made in Italy.