Sono passati quasi 20 anni dalla Convenzione sulla Sicurezza e la Salute in Agricoltura, adottata a Ginevra nel giugno 2001 dall’Oil (l’Organizzazione internazionale del lavoro), e ancora l’Italia non ha provveduto alla ratifica.
Finalmente la questione è all’attenzione della Camera, nelle commissioni Esteri e Agricoltura, sulla spinta di una proposta di legge del Cnel che richiama l’attenzione del Governo e del Parlamento sui temi trattati nella Convenzione, primo fra tutti quello della sicurezza del lavoro, anche nella considerazione del rilevantissimo lasso di tempo (diciannove anni, per la precisione) decorso dalla sua adozione.
Secondo i dati dell’Inail compilati sulla base delle denunce pervenute, gli infortuni nel lavoro agricolo sono ammontati nel 2018 a 33.677, di cui 144 con esito mortale. E i primi dati del 2019 indicano un incremento del 9,3% a dimostrazione di come il lavoro agricolo resta tra i più rischiosi.
Con la ratifica della Convenzione, lo Stato italiano assumerà l’impegno ad attuare politiche nazionali orientate alla promozione della salute e della sicurezza nel settore agricolo, oltre a strumenti di ispezione che possano essere affidati, in via ausiliaria, anche ad altri ambiti di governo territoriale.
La Convenzione elenca i doveri del singolo datore di lavoro, cui è demandato di finalizzare la propria condotta ad evitare il verificarsi di infortuni. A fronte di tale dovere del datore di lavoro, i lavoratori vedono riconosciuto il diritto a essere informati rispetto alle misure di sicurezza adottate e ai rischi legati alle nuove tecnologie.
Si stabiliscono inoltre tutele specifiche per i lavoratori temporanei e stagionali, ai quali vanno estese le misure di sicurezza e tutela della salute a parità di mansioni e con la garanzia di alloggi adeguati.
Significativo il diritto dei lavoratori agricoli di sottrarsi al pericolo rappresentato dal proprio lavoro qualora abbiano un motivo ragionevole di considerare che sussista un pericolo imminente e grave per la propria vita o salute, e di informare immediatamente il superiore senza che da tale azione possano conseguire trattamenti svantaggiosi.
L’età minima per essere impiegati in agricoltura è fissata nella Convenzione a diciotto anni, ma la legislazione nazionale o l’autorità competente potrà, sentite le organizzazioni rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori interessate, autorizzare il compimento del lavoro fin dall’età di sedici anni, a condizione che venga data una formazione preliminare appropriata e che la sicurezza e la salute dei giovani lavoratori siano totalmente protette.