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Afghanistan, il tesoro dei talebani è in America e resta congelato lì

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I talebani hanno vinto militarmente, ma governare è un’altra cosa. Così aveva sibillinamente twittato Ajmal Ahmady, il governatore della Da Afghanistan Bank (Dab), la Banca centrale che custodiva il patrimonio finanziario del Paese, in particolare lingotti d’oro, titoli di stato americani e 21 mila gioielli degli Ori di Bactrian. Ora però tutte queste riserve, del valore complessivo di quasi 10 miliardi di dollari (circa metà del Pil afgano) sono conservati in conti correnti esteri, soprattutto in banche statunitensi, che sono stati congelati per decisione dell’OFAC (Office of Foreign Assets Control), l’Agenzia del Dipartimento del tesoro statunitense che ha deciso di vietare la circolazione del dollaro a Kabul. Per cui per i talebani, che ora occupano i palazzi del governo, il difficile viene adesso: “Penso che riusciranno ad accedere al massimo allo 0,1%-0,2% delle riserve”, ha aggiunto su Twitter Ahmady.

Il nuovo regime, che tuttavia dovrebbe invece essere riuscito a recuperare circa 372 milioni di dollari in valuta straniera parcheggiati nelle varie sedi della Dab nel Paese e 160 milioni di dollari in lingotti d’oro e monete d’argento custoditi nei sotterranei del palazzo presidenziale di Kabul, ha un enorme bisogno di quel tesoretto: per gli “affari correnti” i soldi ci sono, ma secondo la Banca mondiale il tesoretto “fuggito” dall’Afghanistan e sequestrato basterebbe da solo a pagare tutte le importazioni di cui il Paese asiatico, sul quale ora incombe anche l’incubo dell’inflazione, ha necessità per 15 mesi. I talebani dunque per ora devono pagare lo scotto della strategia dell’isolamento finanziario, voluta soprattutto dagli Usa mentre e dalla comunità internazionale occidentale, che sta già provvedendo a bloccare gli aiuti al Paese. Qualcosa come quattro miliardi all’anno, che garantiscono il 22% del prodotto interno lordo e il 75% delle spese pubbliche. Il 23 agosto il Fondo Monetario internazionale avrebbe dovuto girare a Kabul un assegno di 445 milioni come distribuzione dei diritti di riscatto tra i soci. I vertici dell’Fmi hanno però sospeso il pagamento “alla luce della mancata chiarezza sul riconoscimento del governo provvisorio da parte della comunità internazionale”.

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