Il più duro è stato il premier britannico Boris Johnson, che ha immediatamente chiesto alla comunità internazionale di non riconoscere ufficialmente il nuovo regime talebano alla guida dell’Afghanistan, salvo poi, in accordo col presidente francese Emmanuel Macron, offrirsi di ospitare un G7 convocato d’urgenza per discutere dell’emergenza Kabul. Le reazioni dei leader mondiali sono state comunque tutte all’insegna dell’amarezza e dell’autocritica, ma anche della necessità di trovare – almeno questa volta, verrebbe da dire – “un approccio unitario”, come ha insistito Macron nel corso di un videomessaggio diffuso sui social, nel quale ha ribadito la necessità di gestire i flussi migratori: “L’Europa non può accollarsi da sola questa emergenza, serve una cooperazione con Pakistan, Turchia e Iran“.
Da Berlino non arrivano considerazioni più generose. La Cancelliera uscente Angela Merkel ha detto che “in Afghanistan abbiamo sbagliato tutto” e che la caotica fine del governo “è stata provocata almeno in parte da ragioni di politica interna americana”. Ancor più duro il suo successore in pectore, Armin Laschet, che la definisce “la peggiore disfatta per la Nato dalla sua fondazione”. In Italia il premier Mario Draghi ha anzitutto assicurato l’impegno di proteggere i cittadini afghani che hanno collaborato con la nostra missione: “Siamo al lavoro con i partner europei per una soluzione della crisi, che tuteli i diritti umani e in particolare quelli delle donne”, ha scritto il presidente in una nota di Palazzo Chigi.
Draghi ha anche ringraziato le forze armate per le operazioni che stanno permettendo di riportare a Roma i nostri concittadini di base in Afghanistan. Bisognerà però attendere il 24 agosto prima che il governo riferisca in Parlamento, con le audizioni dei ministri Lorenzo Guerini e Luigi Di Maio (ieri oggetto di una polemica in quanto “beccato” in spiaggia proprio nelle ore drammatiche della fuga da Kabul) davanti alle commissioni Difesa e Esteri della Camera e del Senato. Nell’area politica di destra il tema è già quello dei profughi: “L’Italia non è il campo profughi d’Europa”, mentre altri esponenti aprono alla necessità di un corridoio umanitario.