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AFFARINTERNAZIONALI – Olimpiadi di Sochi: spesa record e ombra terrorismo

DALLA RIVISTA AFFARINTERNAZIONALI – Con 51 miliardi di euro di budget, i Giochi Olimpici che inizieranno la settimana prossima a Sochi saranno i più costosi della storia – Ma a sollevare polemiche non è solo la questione economica quanto quella sulla sicurezza – Le minacce dei jihadisti del Caucaso.

AFFARINTERNAZIONALI – Olimpiadi di Sochi: spesa record e ombra terrorismo

Con 51 miliardi di euro spesi, i giochi di Sochi, i primi dopo la fine dell’Urss, saranno i più costosi della storia. A sollevare polemiche non è solo la questione economica. Definiti dal signore della guerra ceceno Doku Umarov come “danze sataniche sulle ossa dei nostri antenati”, i giochi, che si terranno dal 7 al 23 febbraio, sono accompagnati dalle minacce dei jihadisti del Caucaso. I recenti attentati di Volgograd e Machackala sono solo le più recenti manifestazioni di questo allarme.

Spettro terrorismo
La problematicità di Sochi è insita nella sua posizione geografica: non solo è vicina alle instabili repubbliche di Cecenia, Daghestan, Inguscezia a prevalenza musulmana, ma è anche a pochi chilometri dal confine con la repubblica di Abkhazia, nata dal conflitto russo-georgiano del 2008 che ancora non gode di un riconoscimento internazionale. 

Sochi è blindata. Per la sua sicurezza, Mosca ha speso 2,5 miliardi di euro, i servizi segreti hanno avuto carta bianca su intercettazioni, raccolta dati, fermi, arresti. “ Se volete eliminare qualcuno, uccidetelo”, così il ministro degli Interni ceceno Apti Alaudinov ha esortato i suoi uomini a usare ogni metodo per sventare gli attacchi terroristici.

Tuttavia nel mirino dei terroristi non c’è stata fino ad ora Sochi. Le località più colpite sono state Volgograd, ex Stalingrado, testimone di tre attentati in tre mesi, Pjatigorsk, il Dagestan e Kabardino-Blakaria, scenario di una guerra che uccide circa 700 persone all’anno e che l’International Crisis Group non ha esitato a definire “il più sanguinoso conflitto esistente in Europa”. 

Nel silenzio della stampa il Bin Laden russo, Doku Umarov, lancia i suoi appelli alla solidarietà islamica internazionale, facendo leva sull’incredibile caleidoscopio di etnie che abitano quelle terre come ceceni, cabardini, abkhazi, circassi (di cui quest’anno ricorre il 150esimo anniversario della cacciata dal Caucaso e del “genocidio circasso”) e tanti altri. 

Tra gli irriducibili di Umarov, quello che colpisce è il numero di donne, le cosiddette vedove nere o shahidki, donne martire. Sono per la maggior parte giovani e acculturate che hanno visto morire nella guerriglia padri, fratelli amici e per le quali il terrorismo a volte è un modo per calmare la sete di vendetta, altre volte è invece l’unica strada per riguadagnare il proprio onore dopo uno stupro, in una società chiusa e conservatrice come quella cecena. 

Tassello siriano 
Alla base degli attentati, in realtà, non ci sono solo le ragioni separatiste. Nel teatro caucasico le questioni legate agli interessi strategici della Russia si intersecano nello scontro tra sciiti e sunniti nel quale Mosca si è impelagata dai tempi della guerra in Afghanistan nel ‘79.

L’appoggio incondizionato del Cremlino in favore del regime siriano di Bashar al-Assad non è stata una mossa gradita ai separatisti che si sono diretti in centinaia verso Damasco per sostenere la rivolta dei loro fratelli siriani.

La questione è tuttavia più complicata e lega la Russia agli affari economici di Arabia Saudita e Qatar. Questi ultimi paesi avevano precedentemente offerto a Damasco non solo l’equivalente di tre anni di bilancio, ma anche la propria disponibilità a domare la rivolta se Assad si fosse allontanato dall’Iran, arci-nemico dei sunniti. Così non è stato e pertanto il principe Bandare Bin Sultan, capo dei servizi sauditi, si è visto con il presidente russo lo scorso luglio ed è tornato a incontrarlo il mese scorso.

Vladimir Putin avrebbe chiesto ai sauditi un sostanziale via libera sui loro gasdotti e un aiuto nel controllare i terroristi ceceni che minacciano i giochi. In cambio, il principe avrebbe domandato la cessazione del sostegno russo al regime di Assad e il rinvio della conferenza di pace sulla Siria, Ginevra 2. 

Islamismo a freno
Ora però la Russia non ha alcuna intenzione di cedere, soprattutto alla luce del buon lavoro diplomatico svolto sulla Siria. Sostenere i regimi sciiti dalla Siria all’Iran è per la Russia un modo per frenare l’influenza dell’islamismo nazionalista nel Caucaso: un’eventuale caduta incontrollata di Assad verrebbe interpretata come una breccia nel muro del sistema di difesa interno, minacciato dagli islamici e dai loro alleati.

Intanto i ceceni continuano i loro attacchi per vendicare vent’anni di massacri e da qui alle Olimpiadi sarà un incubo infinito di sangue. Putin potrà anche riuscire a blindare Sochi, ma finché alla violenza si risponderà con la violenza sarà impossibile creare le basi per la pace. E di certo non è possibile blindare tutta la Russia. 

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