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Aeroporto di Comiso: sprecate decine di milioni, l’Ue vuole indietro i fondi

L’aeroporto siciliano non ha mai aperto i battenti se non il giorno dell’inaugurazione, cinque anni fa – Nessuno vuole affrontare costi certi a fronte di ricavi molto incerti, a partire dagli stipendi dei controllori di volo – Bruxelles ha investito circa 20 milioni di fondi strutturali in questa struttura fantasma e si prepara a chiederne la restituzione.

Aeroporto di Comiso: sprecate decine di milioni, l’Ue vuole indietro i fondi

Avrebbe dovuto aprire al più tardi a luglio, Ryanair aveva promesso collegamenti con il Nord Africa e due milioni di turisti entro il prossimo anno, il governatore Lombardo aveva dato ampie rassicurazioni e finanziamenti, ma quella dell’aeroporto siciliano di Comiso difficilmente sarà una storia a lieto fine, più facilmente un monumento faraonico all’opera pubblica incompiuta. Non è chiaro infatti neppure quanto si sia speso fino ad oggi, chi dice 36 chi 45 milioni. Roba da Guinness dei Primati, e il peggio è che ora chi ha messo quattrini per realizzare un vero aeroporto e non una struttura fantasma potrebbe sentirsi raggirato e chiedere la restituzione dei fondi investiti. A partire da Bruxelles che ci ha messo circa 20 milioni di fondi strutturali e si prepara a chiederne la restituzione. Per finire con la Sac, la società che controlla l’aeroporto di Catania, che vuole adire a vie legali per chiedere al comune di Comiso i danni per il mancato avvio dell’aeroporto. Sac avrebbe investito 22 milioni di euro su Comiso, che avrebbe dovuto essere consegnato nel 2007.

L’aeroporto non ha mai aperto i battenti se non il giorno dell’inaugurazione cinque anni fa (e lo scorso anno per far correre le Ferrari di qualche notabile siciliano), ma ogni giorno sessanta vigili del fuoco vigilano sulla sicurezza di aerei che non arrivano. Da oltre un un anno sono stati distaccati da Ragusa per occuparsi dello scalo di Comiso, nella convinzione l’apertura fosse imminente. Lo scalo è chiuso per uno o più pasticci burocratici tra Stato, Regione, Enac e Enav.

Lo scalo non è diventato operativo perché nessuno vuole affrontare costi certi a fronte di ricavi molto incerti, a partire dagli stipendi dei controllori di volo: non il governo che non lo considera un aeroporto nazionale, non la Regione che non ha soldi, non l’Enac perché non è uno scalo strategico, e nemmeno i privati che hanno vinto la gara per gestirlo e non hanno intenzione d’investire altro denaro. L’aeroporto è chiuso, ma intanto i 60 vigili del fuoco sono costati ad oggi oltre due milioni di euro, secondo stime sindacali. E lo spreco non finisce qui: sono stati acquistati due grandi mezzi per i soccorsi in caso d’incendio negli scali. Costati 400 mila euro l’uno, da quasi due anni sono chiusi nei garage delle caserme di Verona e Catania.

I vigili sono quindi già pagati, i macchinari sono nei garage, ma lo scalo rimane chiuso. L’aeroporto da cinque anni è una cattedrale nel deserto, con pista, torre di controllo e apparecchiature radar, aerostazione, insegna e persino un sito Internet aggiornato. Il Comune, prevedendo incassi milionari, ha costituito una società di gestione per il 35% pubblica e per il resto privata con tanto di gara: a vincerla con un’offerta di 18 milioni di euro è stata la Intersac, composta dalla Sac che gestisce lo scalo di Catania e dal gruppo editoriale Ciancio-Sanfilippo. Intersac ha già versato al Comune il canone per l’occupazione del suolo per i prossimi 40 anni: 3,2 milioni di euro, che sono stati spesi per altro. Per questo oggi Sac minaccia un’azione legale contro il Comune per riprendersi i propri quattrini.

Dal 2007 l’ingorgo burocratico non è stato comunque risolto e tutto è fermo. Il piano industriale prevedeva per Comiso 1,5 milioni di passeggeri in tre anni con aumento del Pil provinciale pari a 1 miliardo di euro, ma su quali premesse siano state stilate queste cifre non è chiaro. Su Comiso, stando ai si dice, sin dall’apertura avrebbe messo gli occhi Ryanair, che oggi in Sicilia utilizza con successo l’aeroporto di Trapani. Secondo un’analisi commissionata dalla compagnia irlandese alla Ernst & Young, in tre anni lo scalo ragusano potrebbe raggiungere anche tre milioni di passeggeri, quasi la metà di quelli che oggi transitano a Catania.

Ryanair in realtà non ha mai confermato questa enfasi, ma in ogni caso, a cinque anni dall’inaugurazione e a distanza di oltre vent’anni dall’avvio dell’iter burocratico, l’aeroporto non apre perché non c’è l’intesa con Enac e Enav, gli enti che controllano l’aviazione civile e garantiscono il controllo del traffico aereo, che non hanno certificato la pista. In realtà non si sa chi pagherà il conto nel caso non si materializzassero i milioni di passeggeri previsti e Ryanair rimanesse a Trapani. Il colpo finale potrebbe essere assestato dal piano aeroporti all’esame del ministro Passera, che spegne le ambizioni intercontinentali o anche nazionali dell’aeroporto inserendolo tra gli scali regionali, quelli che devono sopravvivere sulle proprie gambe. Quindi nessuna copertura pubblica e questo spiegherebbe lo stallo attuale.

Ma paradossalmente anche il materializzarsi di milioni di viaggiatori potrebbe essere un ostacolo per il decollo dell’aeroporto. Perché al di là delle infrastrutture mancanti e degli equilibri di bilancio, il problema reale è quello della società di gestione. Che è la Sac, la società che gestisce il vicino aeroporto di Catania Fontanarossa che venne preferita alla milanese Sea. Nelle ottiche un po’ campanilistiche degli osservatori siciliani sarebbe proprio Catania ad avere dubbi sullo scalo ragusano, nel timore che questo sottragga clienti e merci e in definitiva mini il monopolio di Fontanarossa su tutta la Sicilia meridionale e orientale, creando un’alternativa che potrebbe essere difficile da gestire, soprattutto per charter e voli commerciali.

Quindi oltre a carte bollate, certificati e altro a bloccare Comiso interverrebbero solidi interessi economici anche se di cortile. Difficile capire quanto ci sia di vero in queste accuse, ma indubbiamente la gestione da parte della stessa società che controlla l’aeroporto catanese, Sac, evidenzia un caso piuttosto clamoroso di conflitto d’interesse. Tanto più che gli interessi del Sud della Sicilia e quelli di Catania non sempre coincidono, soprattutto in termini di infrastrutture e flussi turistici. E la provincia di Ragusa, dove si situa Comiso, lamenta di non avere neanche un centimetro di autostrade in una regione che ha una rete di quasi 1000 km. O un solo porto, anch’esso messo in ombra da Catania.

Pensava di avere un aeroporto ma probabilmente si sbaglia. Il tempo per Comiso sta scadendo e sulla testa dell’aeroporto fantasma pendono oltre al rischio di rimborsi milionari i timori di un intervento della magistratura. Sono in corso infatti due indagini, una da parte della Procura della Repubblica di Ragusa, per accertare eventuali rilievi penali nel ritardo dell’apertura dello scalo e una seconda, della Corte dei conti di Palermo, che vuole fare luce sui milioni di euro spesi per realizzare l’aeroporto.
L’ultima opportunità per Comiso è ancora una volta legata all’aeroporto di Catania e potrebbe emergere nelle prossime settimane.

Da novembre l’aeroporto di Catania dovrebbe rimanere chiuso per importanti lavori alla pista. La stampa locale afferma che lo stop durerà circa un mese, al posto dei tre mesi previsti. La scelta della chiusura totale nasce proprio dalla volontà di accelerare i lavori e ridurre al minimo i disagi per i passeggeri. Ma dove verranno dirottati? Vi sono diverse ipotesi allo studio: una, di difficile attuazione, è quella di spostare i voli su Sigonella, aeroporto militare a pochi km da Catania. Un altra, più logica, vuole che sia l’aeroporto di Comiso a prendere il testimone di Catania.

Comiso non è proprio vicino e non ha una serie di servizi, soprattutto in termini di collegamento, ma le alternative sarebbero Palermo o Reggio Calabria, in entrambi i casi ben più di due ore di viaggio da Catania. Oltretutto anche venisse firmata la convenzione con Enav sui servizi di assistenza al volo, sarebbero necessari alcuni mesi per l’avvio del servizio. Ma il 4 luglio sembrava l’accordo fosse stato raggiunto. A conclusione di una riunione al ministero delle Infrastrutture era stato definito lo schema di convenzione per l’utilizzo dei fondi della regione per il servizio di assistenza al volo.

L’Enav ed il ministero del Tesoro chiedevano garanzie oltre i due anni e per superare questo problema si era deciso che il servizio prestato nello scalo per i primi due anni sarebbe stato pagato anticipatamente. Nella convenzione si sarebbe inserita una clausola che permetteva all’Enav di svincolarsi se non ci fossero stati fondi per gli anni successivi. Era fissata una riunione per la settimana successiva, si pensava di aprire la pista entro l’anno, è arrivata la canicola estiva. E con essa le nebbie dei misteri siciliani.

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