Nel variegato mondo degli investimenti finanziari, si sente spesso parlare dei mercati classificandoli come “Sviluppati”, “Emergenti” e “di Frontiera”. Ma cosa vuol dire esattamente?
In un senso strettamente “di mercato”, classificare le nazioni in base a quanto esposto prima significa dividerle in base al rischio (di investimento). La logica vorrebbe che, se qualcuno investe in un mercato sviluppato, egli investa in una nazione con il top delle infrastrutture, connessioni e possibilità di business del mondo, e quindi in un luogo meno rischioso per gli investimenti, anche se magari non fruttifero come in altri mercati.
Grossolanamente, quindi, chi investe in mercati cosiddetti “Emergenti” o “di Frontiera” è esposto a rischi geopolitici/finanziari ed economici maggiori di chi investe in mercati con una consolidata tradizione economico/finanziaria e solide basi democratiche (o pseudo tali, ma comunque in grado di fornire sicurezza dal punto di vista geopolitico a chi investe).
FTSE, Standard & Poor’s, MSCI, Dow Jones e Russell si barcamenano tra una lista di 26-27 stati considerati come mercati “fully developed”. Essi sono: Australia, Austria, Belgio, Canada, Cipro, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Hong Kong, Irlanda, Israele, Italia, Giappone, Lussemburgo, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Portogallo, Singapore, Corea del Sud, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti.
Alla luce di quello che sta avvenendo in questi giorni, va puntualizzato che il solo stato su cui non c’è pieno accordo sulla sua collocazione è Cipro. Come sappiamo il paese è balzato agli onori (o disonori) delle cronache di recente per essere vicino ad un fallimento del sistema bancario (ed aver ricevuto un po’ di “ossigeno” da banche africane!!!). Personalmente non considererei MAI Cipro come un mercato sviluppato, ma tant’è…
I mercati cosiddetti “Emergenti”, vale a dire quei mercati che non hanno ancora raggiunto lo status di Sviluppati, ma lo stanno rapidamente avvicinando basti pensare ai ritmi di crescita elevatissimi e impensabili in Europa (i casi di Messico e Turchia sono esemplari), sono i seguenti, sempre secondo i data providers mondiali: Argentina, Brasile, Bulgaria, Cile, Cina, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, India, Indonesia, Lettonia, Lituania, Malesia, Messico, Pakistan, Perù, Filippine, Polonia, Romania, Russia, Sud Africa, Tailandia, Taiwan, Turchia, Ucraina, Venezuela.
All’interno dei mercati Emergenti a volte si trova la distinzione tra “Primari” e “Secondari”; questa divisione, come è facile intuire, è basata sulla vicinanza a quei criteri di prosperità. Questa seconda classificazione vede come “Emergenti Primari” le Nazioni che seguono. Le altre, ovviamente, sono i Secondari. Brasile, Repubblica Ceca, Ungheria, Malesia, Messico, Polonia, Sud Africa, Taiwan, Tailandia, Turchia.
Nazioni come Marocco, Emirati Arabi Uniti, Colombia, Argentina sono considerate “Borderline”, vale a dire che qualcuno le considera già come Emergenti, mentre altri le classificano ancora come di Frontiera.
Se su Marocco e, più nello specifico, sulla Colombia, si può facilmente essere d’accordo in merito alla classificazione come Mercati di Frontiera per gli Emirati Arabi Uniti (che oltre ai ben noti Abu Dhabi e Dubai annoverano anche altri cinque emirati, cioè Ajman, Fujairah, Sharjah, Ras al-Khaimah e Umm al-Quwain) o per l’Argentina mi risulta più difficile. Il benessere economico (se non quello politico) è di gran lunga superiore a quello degli altri due stati.
Alcuni organismi che si occupano della classificazione delle nazioni per rischio degli investimenti, inseriscono in questa lista “Borderline” anche Bulgaria, Estonia, Lituania, Romania e Ucraina.
Ultimi, ma non per importanza (anzi…), vengono quei mercati cosiddetti “di Frontiera”, ovverosia nazioni dove è possibile investire, ma con capitalizzazioni di mercato generalmente più basse e meno liquidità che nei mercati Emergenti. Chi vi investe normalmente cerca alti rendimenti con un orizzonte temporale lungo e bassa correlazione con altri mercati.
Come è facile capire, qualunque nazione non faccia parte delle due precedenti liste può essere considerato “di frontiera”, ma anche in questo caso vanno fatte delle distinzioni: senza nulla togliere a nessuno, Gabon o Repubblica Centrafricana non possono essere, economicamente e finanziariamente parlando, paragonati a Mongolia, Qatar o Vietnam.
Quella che segue è la lista delle Nazioni che le varie entità di classificazione danno come Mercati di Frontiera con il consensus generale più ampio (qui trovate un elenco di Credit Suisse): Bahrain, Bangladesh, Costa d’Avorio, Croazia, Giordania, Kazakistan, Kenya, Libano, Macedonia, Malta, Mauritius, Mongolia, Nigeria, Oman, Qatar, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Sri Lanka, Trinidad e Tobago, Tunisia, Vietnam.
Le implicazioni di investimento in questi paesi, siano essi Sviluppati, Emergenti Primari o Secondari, o di Frontiera, sono molteplici e variegate. Vi si può investire sia attraverso fondi comuni o con ETF, ed in maniera anche piuttosto variegata. Vista la complessità dell’argomento, saranno oggetto di futuri articoli.