I timori che hanno caratterizzato gennaio si sono trascinati anche questo mese. Il recupero dell’ultima settimana non cancella certo le perdite da inizio anno, ma dà fiato ad una situazione che potenzialmente potrebbe diventare pericolosa. Infatti, accanto al solito timore generale di un rallentamento della crescita, vi è preoccupazione per il sistema bancario, non solo italiano ma anche europeo, che ha portato a forti vendite di titoli del settore finanziario. Tuttavia, noi siamo relativamente ottimisti.
A livello macro, secondo l’ultimo sondaggio di Bank of America Merril Lynch, il rischio numero uno per gli investitori non è più la Cina ma una recessione negli USA.
L’indicatore sintetico della Federal Reserve di Chicago, che fornisce una panoramica sullo stato di salute dell’economia USA, è ancora lontano dai livelli associati ad un’imminente recessione (-0,7). Cambiando prospettiva, il rischio di recessione stimato dalla Fed di Cleveland e dedotto dalla differenza dei tassi d’interesse (yield curve) sembra piuttosto basso (intorno al 6% nei prossimi 12 mesi) e comunque non così grave da giustificare le forti vendite che hanno segnato i mercati in questo ultimo mese.
Passiamo alla Cina. I timori sulla crescita economica cinese che hanno dato il via alle vendite nell’agosto del 2015 si sono riproposti a gennaio 2016. Ogni dato macroeconomico deludente e inferiore alle aspettative scatena un particolare nervosismo negli investitori. È bene però tenere presente che stiamo parlando di un’economia che cresce ad un ritmo del 6,8% annuo, con un chiaro target di crescita (compreso tra il 6,5% e il 7,0%) e una banca centrale che sta allentando le maglie del credito per favorirla. Inoltre, il massiccio deflusso di capitale dell’ultimo anno non ha avuto per il momento grandi ripercussioni sul tasso di cambio e in parte è collegato alla decelerazione dell’economia e al processo di liberalizzazione del mercato.
A fine gennaio poi è scoppiata una vera e propria tempesta sulle banche, italiane e non. Gli investitori sono stati travolti dalla preoccupazione dei crediti in sofferenza e il nostro sistema bancario risulta quello con la più alta percentuale di crediti deteriorati. A poco sembra essere servita l’intesa tra la Commissione Europea ed il nostro Governo per la gestione dei NPL attraverso una cartolarizzazione e la successiva vendita degli stessi. Anche Mario Draghi è intervenuto, affermando che non sarà richiesto al sistema bancario un incremento significativo dei requisiti imposti agli istituti di credito. Seppur con rischi da monitorare, un po’ come per tutte le cose, le nostre banche risultano più solide di quanto possano apparire.
La maggior parte degli indicatori di mercato nell’ultimo mese è peggiorata in concomitanza con il crollo delle Borse. Il Barometro del Rischio di AdviseOnly a livello mondiale resta sotto la soglia di 50 (ovvero livello di rischio superiore alla norma) ma, dal nostro punto di vista, è ancora presto per parlare di imminente calamità: il rischio sistemico è superiore alla norma, ma non è drammatico. Segnali analoghi arrivano dagli indicatori di rischio sistemico della BCE.
Scenario base: non pensiamo che lo scenario di fondo sia cambiato
Dal nostro punto di vista, il crollo della maggior parte dei titoli rischiosi ci è sembrato esagerato, almeno rispetto all’attuale livello di rischio sistemico.
Saremo forse ripetitivi, ma lo storno di mercato non ha intaccato il nostro scenario d’investimento che riassumendo prevede: un rischio recessione globale basso; il graduale recupero delle crescita economica, trainato dagli USA; una spinta positiva dalla politica monetaria, che in aggregato resta accomodante; buone valutazioni degli attivi rischiosi, nonostante il momentum negativo; le valutazioni del mondo azionario, in particolare, sono migliori rispetto a quelle delle obbligazioni governative.
Le nostre idee d’investimento
Negli ultimi sei mesi, i portafogli (tattici ed a obiettivo) hanno subito il calo di valore delle asset class più rischiose. Rispetto al mese scorso non abbiamo effettuato nessuna modifica di asset allocation: permane, una situazione di maggior potenziale di azioni vs. obbligazioni;
manteniamo un’asset allocation abbastanza prudente ma con discreta esposizione ai risky assets. La dose di cassa, l’esposizione al dollaro USA ed altri safe assets hanno la funzione di protezione dal «tail risk» (rischio di catastrofi); la duration degli investimenti obbligazionari rimane bassa, con posizioni «tattiche» su tre temi del reddito fisso: corporate, USD, mercati Emergenti.
Invece la scommessa sui portafogli più rischiosi riguarda il settore dell’energia e l’azionario in generale, che riteniamo abbia un maggior potenziale di ripresa, viste le valutazioni decenti, i bassissimi rendimenti obbligazionari e la «domanda di rendimenti» da parte dell’industria del risparmio mondiale, fondi pensione inclusi.