Agosto 2013: sono passati 15 anni dal crollo di Long Term Capital Management (LTCM) e dalla crisi finanziaria del 1998. Una vicenda che merita una riflessione. Già, perché se non si fosse verificata la crisi LTCM, probabilmente non ci sarebbe stata la crisi “subprime” del 2008, il fallimento di Lehman Brothers e, forse, noi non staremmo qui a parlare del Quantitative Easing della FED.
Quando esplose il caso LTCM ero un giovane risk manager, sempre immerso in modelli matematici e montagne di dati: fu una grande lezione di vita. Provo a raccontare i fatti.
Nascita
Nel 1992 John Meriwether, leggendario capo del trading di Salomon Brothers e il suo team, insieme ai due premi Nobel Myron Scholes e Robert Merton e all’ex-Presidente della FED David Mullins, fonda LTCM. È un “hedge fund” che rappresenta il frutto dell’evoluzione della specie finanziaria, quella nella quale la pratica di mercato si sposa con la fisica quantistica e con le più sofisticate teorie finanziarie. Le operazioni attuate sono circondate da un’aura di mistero e complessità, ma la presenza di grandi nomi tra i soci fuga qualsiasi dubbio sulla credibilità del fondo.
Crescita
Nel 1995 e 1996 LTCM genera profitti superiori al 40% e attrae grandi investitori, inclusa la Banca d’Italia, allora guidata da Antonio Fazio, che vi investe attraverso l’Ufficio Italiano Cambi. Un po’ tutti gli operatori “istituzionali” comprano LTCM. Ho impresso nella memoria il cammeo di quando vennero a trovarci i “sales” per venderci quote del fondo: erano brillanti, eleganti, arroganti (…ma non comprammo, a quanto mi risulta). Serena Torielli invece rammenta la segretaria dell’ufficio londinese, una ex-modella brasiliana, ovviamente bellissima. I segni del successo, insomma.
Affermazione
Il fondo, raggiunge nel 1998 la dimensione gigantesca di $ 130 miliardi, con un portafoglio di derivati dal valore nominale di $ 1,25 trilioni. LTCM è un leviatano che usa la leva finanziaria in modo inimmaginabile fino a quel momento. Gli attivi sono una quantità mostruosa di titoli governativi e derivati annessi. Molti degli investimenti di LTCM consistono in “carry trade” che si sostanziano nell’acquisto di titoli governativi europei periferici (ad esempio italiani, greci, spagnoli), a fronte dei quali LTCM vende titoli tedeschi o USA. L’idea è che, per via dell’entrata in vigore dell’euro, il rendimento dei titoli italiani, per esempio, deve convergere al livello di quelli tedeschi. Si tratta di scommesse suglispread, insomma. Ma vi sono anche investimenti in divise di Paesi Emergenti e in titoli di Stato illiquidi.
La macchina si inceppa
Nell’estate del 1998 la Russia collassa: default del debito russo e rublo che si deprezza in modo devastante rispetto al dollaro USA. È un film ormai noto: gli investitori fuggono dagli investimenti a rischio più elevato per spostarsi su quelli “rifugio”, come le obbligazioni tedesche e USA. Gli spread italiani spagnoli e di altre obbligazioni relativamente rischiose si allargano in modo vistoso. In breve, il mercato prende la direzione diametralmente opposta a quella sperata da LTCM. Che inizia a perdere montagne e montagne di quattrini. La “teoria LTCM” smette drammaticamente di funzionare.
A settembre del 1998 la perdita di LTCM è superiore al 90%. A causa della dimensione del fondo e dell’intenso utilizzo di strumenti derivati stipulati con molte controparti diverse, il contagio si diffonde e il sistema finanziario internazionale è a rischio. È come se una grossa isola stesse affondando, con il rischio di provocare nell’oceano un gigantesco tsunami in grado di inondare i cinque continenti.
La medicina
Interviene la FED, allora governata da Alan Greenspan, con un “bailout” che coinvolge, senza molte possibilità di scelta, le banche creditrici di LTCM: il fondo è infatti “Too big to fail” (negli anni successivi sentirò ripetere questa frase molte volte). La FED riduce i tassi d’interesse e inonda di liquidità i mercati, per consentire alle banche coinvolte nel “bailout” di prendere a prestito denaro a condizioni favorevoli.
La lezione della storia
- Ho capito al volo il concetto di rischio sistemico guardando tramite uno schermo Bloomberg le quotazioni di tutte le asset class “rischiose” scendere simultaneamente a velocità non controllata.
- Il sistema finanziario ha rischiato di implodere a causa di un gruppo di persone, molto intelligenti e troppo sicure di sé, che ha assunto rischi enormi nella convinzione che niente sarebbe potuto andare storto. Questo schema si è ripetuto nei 15 anni successivi. Con l’aggiunta di un ingrediente, il “moral hazard”: la quasi certezza che, se le cose dovessero andar male, essere “Too big too fail” ti salva.
- LTCM è stato un problema per via delle dimensioni che poté raggiungere grazie all’appoggio di grandi investitori, incluse banche centrali. È stata una manifestazione di quell’umana follia che ho imparato ad accettarecome un’inquietante caratteristica della nostra specie: pensateci, le banche centrali, cioè i custodi dell’ordine finanziario, investirono in LTCM, intrattenendo con esso rapporti d’intensa connivenza e, quando diventò un Armageddon, lo salvarono. Del resto, non c’erano molte altre opzioni a disposizione.
- Il flusso violento e duraturo di liquidità che spazza qualsiasi rischio sistemico ed economico è diventato lo schema d’azione standard. A dispetto delle enormi distorsioni che provoca sui mercati e nell’economia reale.
- Da “quant”, ho toccato con mano il “lato oscuro” dei modelli: quasi mai funzionano perfettamente nel mondo finanziario. E spesso, chi ha le redini del potere usa i modelli come cavallo di Troia per arricchirsi, facendo passare grazie al fascino della scienza qualsiasi idea demenziale (eclatante il caso dei mutui “subprime”, quando fu artatamente esclusa la possibilità che i mutui fallissero simultaneamente – cosa che puntualmente fecero, con le conseguenze che sappiamo – per avere il massimo rating su titoli che erano solo mucchi di spazzatura finanziaria).