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Addio lavoro crudele: al via la Grande Dimissione

Nel novembre dello scorso anno oltre 4,5 milioni di persone hanno deciso di lasciare il lavoro negli Usa, un fenomeno che viene descritto come “la Grande dimissione”. Alla base della decisione ci sono le conseguenze della pandemia che sta spingendo molte persone a riconsiderare radicalmente le loro vite, modificando la cultura del lavoro

Addio lavoro crudele: al via la Grande Dimissione

Nel mese di novembre 2021 in America ben 4 milioni e mezzo di persone hanno deciso di lasciare il lavoro o di non tornarci dopo che le imprese le avevano richiamate in ufficio. Un fenomeno che ha continuato a palesarsi anche nel mese successivo e che è stato subito definito don il termine la “Grande Dimissione” (Great Dismission). Per gli americani quello che succede da loro è sempre “Grande”. E come potrebbe essere diversamene? In Europa, dove siamo più piccoli, si sta assistendo a una forma molto attenuata e contenuta di questo fenomeno. Ma c’è anche da noi. Noi stessi lo viviamo nelle nostre relazioni di lavoro e sociali.

È interessante capire che cosa spinge alcuni lavoratori, che chiaramente possono permetterselo, a lasciare lavori sicuri, ben retribuiti e con ottime prospettive di carriera. Sta indubbiamente cambiando la cultura del lavoro e il modo nel quale le persone valutano il lavoro in rapporto al loro progetto di vita. 

Il lavoro è stato sempre centrale nella vita delle persone e delle nazioni, addirittura fondante. Per Ricardo e Marx l’unica cosa che crea valore (non solo economico, per il secondo) è il lavoro. Per Keynes la condizione ideale di una comunità è la piena occupazione, che tutti gli stati moderni perseguono. Se qualcuno ha avuto la fortuna di seguire Heimat, vedrà chiaramente che il nazismo cominciò a entrare nella testa della gente quando il governo di Berlino cominciò a creare posti di lavoro a un ritmo vertiginoso.

Nel movimento delle donne l’accesso e la parità al lavoro è sempre stata la priorità numero uno. I casi di cui riferisce il reportage del “New York Times, che pubblichiamo sotto in traduzione, sono tutti casi di giovani donne che hanno raggiunto una buona posizione lavorativa nella “vecchia” economia”. 

L’esperienza della pandemia le ha convinte a riconsiderare radicalmente le loro aspettative e le ha dato la motivazione. In questo senso la pandemia è veramente un grande evento, uno spartiacque. Forse sta qui il suo lato costruttivo se la vediamo in un ambito dialettico.

Ma chi sa? Una cosa, però, è certa: la cultura del lavoro è cambiata dopo che la pandemia ha costretto tutti a una pausa forzata la quale ha fatto nascere molti, troppi pensieri. Fortunatamente alcuni di questi sono per diventare migliori.

FESTEGGIAMENTI INSOLITI

Per Gabby Ianniello, sono state le vesciche dei tacchi a spillo che si metteva per il suo lavoro in un’agenzia immobiliare, che lo scorso autunno l’aveva richiamata in ufficio. Per Giovanna Gonzalez, sono state quelle tre piccole lettere, R.T.O. (Return to Office), provenienti dal suo boss della gestione degli investimenti. 

Per Tiffany Knighten, è stato scoprire che lo stipendio annuale di un collega era di oltre 10.000 dollari superiore al suo per una posizione dello stesso livello.

Erano stufi. Erano pronte a dimettersi. E volevano che i loro follower su TikTok lo sapessero subito.

“La mia salute mentale mi sorride di nuovo dopo aver lasciato la Corporate America”, si legge nella didascalia del video che Ms. Knighten pubblicato a settembre 2021. Vi indossava un cappello con la scritta “Odio questo posto” e la vediamo ballare al ritmo di “Thank U, Next” di Ariana Grande.

Il tasso di abbandono in America – cioè la percentuale di lavoratori che lasciano volontariamente il loro lavoro – è storicamente alto, ma nell’autunno del 2021 ha toccato il 3%. E lo si vede bene. Le persone stanno celebrando le loro dimissioni in reel su Instagram o “QuitToks”. 

Molti si rivolgono al forum Reddit R/antiwork, dove le iscrizioni sono aumentate vertiginosamente. Gongolano per essersi liberati dal loro lavoro 9-to-5. Stanno twittando screenshot di messaggi ai loro capi dove dichiarano spavaldamente di avere dato le dimissioni.

“La gente mi continua a dirmi: “Sorella, ho lasciato il lavoro. Andiamo a bere qualcosa”, racconta Ms. Knighten, una donna d colore di 28 anni che afferma di aver affrontato continue molestie sul posto di lavoro che ha lasciato prima di mettersi in proprio con la SUA agenzia di comunicazione chiamata Brand Curators. “Tutti sono convinti e fieri di dire che hanno mollato ciò che non li stava soddisfacendo”.

UN OUTING RUMOROSO

Anche gli executive si stanno unendo alle manifestazioni pubblica gioia per aver dato le proprie dimissioni. 

Il capo di Twitter, Jack Dorsey, a fine 2022 ha condiviso sulla sua piattaforma l’annuncio delle sue dimissioni. “Non so se tutti lo sanno, ma mi sono dimesso da Twitter”, ha scritto il Mr. Dorsey, pubblicando uno screenshot di una e-mail che concludeva: “PS: Sto twittando questa e-mail. Il mio unico desiderio è che Twitter Inc sia l’azienda più trasparente del mondo. Ciao mamma!” Stupendo il ciao mamma!

Una volta condividere la decisione di lasciare un lavoro era poco consigliabile, o almeno poco educato. I career coach di solito sconsigliavano i loro clienti dal denigrare online gli ex datori di lavoro. I reclutatori spesso alzavano le sopracciglia di fronte ai candidati che avevano volevano pubbliche le esperienze negative nei loro ruoli precedenti. 

Ma dopo oltre un anno di travaglio da pandemia, le proteste per i diritti civili e tutto il turbamento personale e sociale che ha seguito questi eventi, alcuni lavoratori sono pronti a rifiutare le norme professionali stantie e a sfogare la loro insoddisfazione.

“La gente è frustrata, esausta, scatenata”, ha detto J.T. O’Donnell, fondatore della piattaforma di coaching Work It Daily. “Quando le persone sono furibonde, si vedono risposte di lotta o di fuga. Questa è una risposta di lotta”.

LA BILANCIA DEL LAVORO

Se i dimissionari pensano di poter dare un cazzotto ai loro vecchi capi senza paura di alienarsi i potenziali nuovi datori di lavoro, potrebbero avere ragione a farlo. La curva della domanda-offerta del mercato del lavoro sta volgendo a loro favore e i datori di lavoro si stanno ammorbidendo. 

Su ZipRecruiter l’offerta di posti con “nessuna esperienza precedente” è balzata nel 2021 al 22,9% dal 12,8% del 2020. La quota che richiede una laurea è invece scesa all’8,3 dall’11,4 per cento. 

In alcune parti degli Stati Uniti si stanno verificando divari significativi tra le proposte di chi dà lavoro e le persone che ne sono in cerca. Il Nebraska, per esempio, ha 69.000 posizioni non occupate e 19.300 persone disoccupate. Scelte che una volta avrebbero potuto danneggiare le prospettive di una persona in cerca di lavoro, come aver preso del tempo libero per la cura dei propri figli, oggi non sono più un problema.

“Faccio questo lavoro da 25 anni e questo è il mercato del lavoro più stretto che abbia mai visto”, ha detto Tom Gimbel, capo di LaSalle Network, una società di ricerca di personale su scala nazionale. “Ho clienti che hanno un tale bisogno di persone che adesso guardano i curricula di tutti”.

UNA NUOVA CULTURA DEL LAVORO

Alcuni responsabili delle assunzioni sono arrivati a fare quello che prima consideravano un passo azzardoso – per esempio assumere qualcuno che online ha criticato un ex amministratore delegato. La logica è quella di prenderlo lo stesso, piuttosto che lasciare vuota la posizione troppo a lungo, con possibile conseguente burnout del personale impiegato.

“In passato ci sarebbe stato momento di pausa nell’organizzazione se un rapporto di lavoro non finiva in termini amichevoli”, dice Melissa Nightingale, co-fondatrice di Raw Signal Group, una società di formazione manageriale. “Ora la grande attenzione per le organizzazioni è meno sul rischio legato al singolo posto e più sul rischio per la forza lavoro in organico”.

I dirigenti sono più comprensivi verso i licenziati all’interno dei loro stessi ranghi. 

I capi erano soliti vedere le partenze come un tradimento, al pari l’”essere scaricati al liceo”, secondo Anthony Klotz, uno psicologo organizzativo alla Texas A&M University. Ora, capiscono che i dipendenti sono irrequieti. Klotz ha notato che c’è stato un incremento nel numero di datori di lavoro che offrono il congedo di un anno a lavoratori che intendono dimettersi, il che significa che i dimissionari possono scegliere di tornare in qualsiasi momento senza perdere i benefit precedenti.

Ma alcuni lavoratori non sono preoccupate di sbattere la porta dietro di loro quando se ne vanno.

UN NUOVO INIZIO

Ms. Ianniello, 28 anni, ha un lungo cahiers de doléance nei confronti dello stile dei sui trascorsi di lavoro. Quando lavorava come coordinatrice di attività di marketing a Manhattan, si svegliava alle 4:45 del mattino con l’allarme dell’iPhone che diceva “ce l’hai fatta, piccola”, quindi si sistemava i capelli prima di iniziare un viaggio di 45 minuti. Le sue giornate erano fatte da tristi pranzi alla scrivania e dalla caccia “alla ultima e-mail”.

A febbraio 2021, con 10.000 dollari di risparmi, ha messo fine a tutto ciò. A luglio ha postato un TikTok informando i suoi follower di avere trovato nuovo senso di beatitudine. La Ianniello, che ha anche iniziato un podcast chiamato Corporate Quitter, ha detto:

“È quasi come la bolla dot-com, quando creavi tuo account sull’instant messenger di American Online (AOL) ed eri un early adopter. Con lo stesso sentimento si entra a far parte della Grande Dimissione”.

Alcuni career coach sudano freddo di fronte alla fretta di rendere pubbliche storie di dimissioni dal lavoro. Molti hanno notato che i responsabili del personale, anche quelli disperati, cercano i candidati sui social media e considerano i post sugli ex datori di lavoro come un anatema. Altri hanno notato che l’attuale carenza di manodopera, con la forza lavoro in calo di circa 3 milioni di persone, non sarà permanente e che ad un certo punto, i lavori disponibili saranno più dei lavoratori.

UN NUOVO MODO DI CERCARE LAVORO

“Questo genere di cose vanno e vengono”, dice Ms. O’Donnell, aggiungendo, però, di essere allarmata per alcune eclatanti violazioni delle regole sul lavoro: ci sono persone che lasciano il loro lavoro senza neppure curarsi di dare due settimane di preavviso, come deve essere: “Ci sono alcune persone che spariscono. Semplicemente non tornano mai più. Non rispondono a nessuna telefonata”.

I lavoratori sembrano curarsi sempre meno dei consigli dei coach career: stanno cercando altrove una guida, specialmente nelle comunità online. TikTok ha centinaia di video con l’hashtag #quitmyjob, compresi alcuni che si propongono di dare sostegno morale alle persone che stanno valutando di dimettersi.

Ms. Gonzalez, 32 anni, che ha lasciato il suo ruolo nella gestione degli investimenti a Phoenix nel giugno 2021, ha detto di essere stata titubante a rendere pubblica la sua esperienza perché non voleva che gli ex colleghi si sentissero giudicati vedendo il video. Ma ha anche pensato che i suoi seguaci potrebbero sentirsi ispirati dalla sua esperienza che è quella di un’americana di prima generazione che ha risparmiato con giudizio, mettendo da parte 20.000 dollari, per potersi permettere di lasciare una posizione sicura.

“Mi sento come Kourtney Kardashian, ma ho bisogno di un po’ di tempo fuori dalla ruota del criceto per concentrarmi su me stessa”, ha detto Ms Gonzalez ai seguaci sul suo account TikTok, aggiungendo: “Condivido questo con voi ragazzi non per vantarmi, ma per mostrarvi che questo è possibile”. 

E ha concluso “It’s decades of motivational posters, but in reverse: Anyone can be a quitter” (ci sono decenni di poster motivazionali, ma al contrario: chiunque può decidere di mollare”.

E così è.

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Da: Emma Goldberg, Public Displays of Resignation: Saying ‘I Quit’ Loud and Proud, “The New York Times”, 4 dicembre 2021

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Emma Goldberg si occupa del futuro del lavoro per il New York Times. Prima di entrare nella redazione di Business, ha lavorato per il comitato editoriale del giornale. Ha ottenuto molti riconoscimenti per il suo lavoro tra i quali: il Newswomen’s Club of New York’s Best New Journalist Award, il New York Press Club’s Nellie Bly Award e il Sidney Hillman Foundation’s Award.

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