Il mondo dell’auto piange la morte di Osamu Suzuki, storico presidente e ceo di Suzuki Motor Corporation, scomparso a 94 anni dopo una lunga battaglia contro un linfoma maligno. Con la sua scomparsa, si chiude una pagina importante della storia dell’automobile, ma anche quella della Suzuki, l’azienda che, sotto la sua guida, è passata da un piccolo produttore di veicoli leggeri a un gigante globale, conosciuto in tutto il mondo. Ma chi era davvero Osamu Suzuki e come è riuscito a trasformare Suzuki in un nome tanto familiare?
Osamu Suzuki: l’uomo che ha scritto la storia di Suzuki
Nato nel 1930 nella prefettura di Gifu, Osamu Suzuki entrò a far parte di Suzuki Motor nel 1958, dopo aver sposato Shoko, nipote del fondatore Michio Suzuki e figlia del secondo presidente, Shunzo Suzuki. In Giappone, quando un’azienda familiare non ha eredi maschi, il marito assume il cognome della moglie, motivo per cui Osamu cambiò il suo cognome in Suzuki. Fu proprio questa connessione familiare a introdurlo nel mondo dell’automobile, ma a rendere il suo percorso straordinario fu la sua visione e determinazione, che lo avrebbero portato a diventare il leader che avrebbe cambiato per sempre il destino dell’azienda.
Quando assunse la guida di Suzuki nel 1978, l’azienda era ben lontana dall’essere la potenza globale che è oggi. Tuttavia, sotto la sua presidenza, iniziò un’era di espansione senza precedenti. Osamu Suzuki introdusse modelli iconici e guidò una rapida espansione nei mercati internazionali. Le vendite della Suzuki passarono da 323 miliardi di yen (circa 2 miliardi di dollari) a oltre 5.000 miliardi di yen negli ultimi anni della sua presidenza, un incremento straordinario che decuplicò i guadagni e trasformò Suzuki in uno dei principali produttori mondiali di veicoli.
Il vero punto di forza della sua strategia fu il settore delle “kei car”: veicoli compatti, economici e adatti alle esigenze della mobilità giapponese, che divennero un simbolo del paese. Inoltre, Suzuki riuscì a penetrare con successo nel mercato indiano, dove il marchio guadagnò una posizione di leadership grazie alla Maruti Suzuki.
Non solo un acuto imprenditore, Osamu Suzuki si distinse anche per la sua capacità di stringere alleanze strategiche che permettessero a Suzuki di crescere ulteriormente. Nel 1981, la General Motors acquisì una partecipazione nel capitale della Suzuki, che salì fino al 20% per favorire la penetrazione nel mercato nordamericano. Sebbene questo investimento fosse concluso nel 2008, Osamu non si fermò e nel 2010 avviò una nuova collaborazione con Volkswagen, che acquistò il 19,9% delle azioni della Suzuki. La partnership con il gruppo tedesco durò fino al 2015. Poi, nel 2019, Suzuki siglò una nuova alleanza con Toyota, consolidando ulteriormente la sua posizione nel mercato globale e segnando un altro capitolo importante nella sua ascesa internazionale.
Il mondo lo ricorda come un “Oyaji”
Il suo successore e amico, Akio Toyoda, presidente di Toyota, lo ha descritto come un vero e proprio “oyaji”, una figura paterna che ha trasformato Suzuki da un modesto produttore di automobili in un marchio globale riconosciuto ovunque. Nonostante il suo enorme successo, Osamu Suzuki ha sempre mantenuto un profilo basso, preferendo rimanere lontano dai riflettori e concentrandosi sul lavoro di squadra e sull’espansione dell’azienda. Un leader che, pur avendo cambiato il volto dell’industria automobilistica, non cercava la fama, ma la solidità e la crescita del suo marchio.
Nel 2021 decise di ritirarsi, cedendo la presidenza a suo figlio Toshihiro Suzuki. Il suo lascito, però, è destinato a perdurare, soprattutto oggi, in un momento di profonda trasformazione per l’industria automobilistica giapponese, come dimostra la recente fusione tra Nissan e Honda.