Ci sono lutti che impoveriscono l’intera società e che lasciano un vuoto difficile da colmare, non solo nelle loro famiglie. La perdita di Marino Golinelli, il filantropo bolognese scomparso ieri all’età di 101 anni, è uno di questi. Forse meno noto a livello nazionale di Pier Paolo Pasolini, di Federico Fellini o di Rita Levi Montalcini, Golinelli è stato un uomo vulcanico, ricco di idee e di fatti, che con il suo agire ha contribuito a far crescere l’Italia, ha tentato di migliorare il mondo in cui viviamo. Lucido fino alla fine, è stato un fuoriclasse in almeno tre campi.
Marino Golinelli l’imprenditore, il mecenate e il filantropo
Innanzitutto, come imprenditore, perché ha creato da zero un grande gruppo farmaceutico, cominciando, giovane laureato, con uno sciroppo multivitaminico. Oggi, da quel seme, è cresciuta un’impresa che si chiama Alfasigma, con un giro d’affari da un miliardo di euro; poi come scopritore di talenti artistici, andando a scovare e investendo sui giovani; infine, come filantropo, facendo qualcosa che non si vede tanto spesso in Italia, ovvero investendo un’enorme quantità del proprio patrimonio personale (circa 80 milioni di euro) nella Fondazione che porta il suo nome, che ha poi dato vita all’Opificio, cittadella della scienza e del sapere in una delle zone industriali della città di Bologna, per offrire ai giovani e ai loro insegnanti l’opportunità di guardare lontano, unendo arte, scienza e impresa.
La missione dell’Opificio Golinelli
Superati i novant’anni si è accorto che voleva anche andare oltre, per questo ha voluto un trust che gli sopravvivesse e potesse finanziare il suo progetto lungimirante almeno per i prossimi 50 anni, fino al 2065. E poi oltre, perché l’Opificio grazie a questa scintilla iniziale, è un motore che potrà girare a pieno ritmo ancora lungo.
Per guardare tanto lontano bisogna avere molta immaginazione, soprattutto in un mondo che muta con una rapidità sorprendente e in cui gli insegnanti devono chiedersi: cosa servirà davvero a questi ragazzi tra 10 o 20 anni? Qual è la cassetta degli attrezzi che devo fornire loro?
Nelle interviste di alcuni anni fa spiegava di non avere una fede religiosa (non sappiamo se abbia mai cambiato idea), ma sicuramente la sua fede nella vita e nei giovani era grande. “A un certo punto – spiegava – ho sentito il bisogno di restituire alla società parte di quanto avevo ricevuto”.
Non era nato ricco Golinelli l’11 ottobre del 1920 a San Felice sul Panaro, in provincia di Modena, e quello che ha avuto poi se lo è costruito da solo eppure, o forse proprio per questo, desiderava che anche altri potessero sfruttare i loro talenti e contribuire così allo sviluppo di un “futuro sostenibile”.
Per tutto quanto ha dato in termini di idee e di risorse finanziarie nella sua attività filantropica di stampo anglosassone, ha sempre ringraziato la moglie attuale (Paola, che Golinelli conobbe quando era vedovo) e i figli (Stefano e Andrea) che gli hanno permesso di portare avanti i suoi sogni. E in effetti il grande uomo aveva accanto una grande famiglia. Ha così potuto estendere il suo abbraccio a una comunità molto più ampia, che comprende chiunque abbia avuto la fortuna di conoscerlo, di incontrarlo o magari di entrare in contatto con le sue iniziative o anche solo di sapere che in Italia ci sono persone così.
Ecco, la sua morte ci lascia più poveri, ma la sua vita ci ha davvero arricchito in ogni senso e oggi sappiamo che, grazie a lui, “Si può dare di più” non è solo il ritornello di una canzone.
Leggi l’intervista rilasciata da Marino Golinelli a FIRSTonline nel 2016.