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Addio a Leonard Cohen, il poeta della musica

Il poeta della musica se n’è andato. Il leggendario cantautore canadese Leonard Cohen si è spento nella notte di giovedì all’età di ottantadue anni, poche settimane dopo la pubblicazione del suo ultimo disco “You want it darker”. 

Cohen, nato nel 1934 a Montreal da una famiglia di origine ebraica, era poeta e scrittore ancora prima di essere un musicista. Conobbe il successo alla fine degli anni ’60 con il suo primo album, semplicemente “Songs of Leonard Cohen”, che conteneva, tra le altre, canzoni come “Hey, that’s no way to say goodby”, “Sister of Mercy”, “So Long, Marianne” e “Suzanne”.

In seguito, tra i suoi successi principali si possono ricordare la dolente “Famous blue Raincoat”, “Bird on a wire” e “Chelsea Hotel no. 2”, la canzone, a suo dire un po’ “villana”, dedicata al fugace amore con Janis Joplin, consumato proprio in una stanza del leggendario albergo newyorchese. E poi “Halleluja”, eternata dalle centinaia di cover, tra cui quelle di Jeff Buckley e Rufus Wainwright.

Errante e solitario, Cohen visse tra Canada, Europa e Stati Uniti nel corso della sua vita. Venerato da legioni di fan, e diretto ispiratore del maggiore cantautore italiano (Fabrizio De Andrè, che tradusse quattro suoi pezzi), cantava di amori infelici, di donne che ti conducono nel loro posto vicino al fiume, là dove puoi sentire le barche andare via, di lacrime e risate, e ancora lacrime e risate, di abissi e risalite. E della natura degli uomini, che come uccelli su un filo o vermi all’amo, cercano in qualche modo di essere liberi. Gli sia lieve la terra.

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