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Addio a Jimmy Carter: l’ex presidente degli Stati Uniti muore a 100 anni dopo una vita dedicata all’impegno sociale

Carter, 39° presidente degli Stati Uniti, è morto a 100 anni dopo una lunga malattia. Il suo mandato, segnato dalla crisi energetica e dal conflitto in Iran, è stato seguito da una vita dedicata alla pace e ai diritti umani, che gli è valsa il Premio Nobel per la Pace 2002. La sua figura, inizialmente discussa, è stata rivalutata nel tempo. Il 9 gennaio 2025, lutto nazionale negli Usa

Addio a Jimmy Carter: l’ex presidente degli Stati Uniti muore a 100 anni dopo una vita dedicata all’impegno sociale

Jimmy Carter, il 39° presidente degli Stati Uniti, è morto il 29 dicembre, all’età di 100 anni, nella sua casa di Plains, in Georgia, dopo una lunga battaglia contro un tumore al cervello. Presidente dal 1977 al 1981, durante un periodo segnato dalla crisi energetica e dalla crisi degli ostaggi a Teheran, Carter aveva scelto negli ultimi anni di ricevere cure palliative, rinunciando a trattamenti più invasivi. Nel 1978, riuscì nell’impresa di raggiungere un accordo di pace tra Egitto e Israele, un successo che gli valse il Premio Nobel per la Pace nel 2002.

Dopo la presidenza, Carter dedicò la sua vita a cause umanitarie, fondando il Carter Center e ottenendo numerosi riconoscimenti per il suo impegno. La sua morte arriva a un mese di distanza dalla scomparsa della moglie Rosalynn, avvenuta nel novembre 2024.

La notizia della sua morte è stata diffusa dal figlio, James E. Carter III, e seguita da una dichiarazione della Casa Bianca, che ha annunciato che il 9 gennaio 2025 gli Stati Uniti osserveranno una giornata di lutto nazionale in suo onore.

Carter: un uomo di principi, una vita di servizio

Carter è stato un presidente che ha incarnato valori radicati nella sua infanzia trascorsa tra i campi di arachidi della Georgia: duro lavoro, fede, dignità, e un impegno profondo per la giustizia sociale e la pace. Nonostante un singolo mandato alla Casa Bianca, che si è concluso con una sconfitta nelle elezioni del 1980, il suo impatto sulla politica americana e mondiale è stato significativo.

Il suo impegno non si è mai fermato, anche durante gli ultimi anni della sua vita. Nonostante il deteriorarsi della sua salute, Carter ha continuato a lavorare per la pace, promuovendo iniziative globali per la risoluzione dei conflitti e la protezione dei diritti umani. Le sue lezioni nella piccola chiesa battista di Plains, dove decine di pellegrini si radunavano per ascoltarlo, sono diventate un simbolo del suo continuo impegno per la dignità e la giustizia, ben oltre la politica.

Il saluto di Biden e degli ex Presidenti Usa

Con la morte di Jimmy Carter, “l’America e il mondo hanno perso un leader straordinario che ho avuto l’onore di chiamare per decenni un mio amico”, ha dichiarato Joe Biden. Carter “è stato un uomo di carattere e coraggio, speranza e ottimismo”, un “uomo di principio, fede e umiltà” che ha dimostrato che gli Stati Uniti sono una grande nazione grazie alla sua gente, “brava, onorevole, coraggiosa, umile e forte”.

Anche Donald Trump ha espresso il suo cordoglio, affermando che Carter “ha fatto tutto quello che era in suo potere per migliorare le vite degli americani” e che “nei suoi confronti abbiamo tutti un debito di gratitudine”. Il presidente eletto ha aggiunto: “Quelli di noi che hanno la fortuna di servire come presidenti capiscono che questo è un club esclusivo, e solo noi possiamo riconoscere l’enorme responsabilità di guidare il più grande paese della storia”.

Barack e Michelle Obama hanno definito Carter “un uomo straordinario“. Obama ha ricordato come, dai trattati di Camp David alla nomina di Ruth Bader Ginsburg, Carter sia stato uno dei “primi leader al mondo a riconoscere il problema del cambiamento climatico”. Ha anche sottolineato che l’ex presidente “credeva ci fossero cose più importanti della rielezione, come l’integrità e il rispetto”.

“Ha lavorato senza sosta per un mondo migliore e più giusto” è stato il pensiero di Bill e Hillary Clinton.

La storia di Jimmy Carter: dalle noccioline alla presidenza

James Earl Carter Jr. nacque il 1° ottobre 1924 a Plains, Georgia, in una famiglia di agricoltori che coltivava noccioline. Dopo aver completato gli studi superiori, entrò alla Naval Academy e servì nella Marina degli Stati Uniti. Tornato a Plains dopo la morte del padre, si prese carico dell’azienda agricola di famiglia. La sua carriera politica iniziò a livello locale, come amministratore della comunità, per poi culminare nell’elezione a governatore della Georgia nel 1971. La sua candidatura alla presidenza nel 1976 sorprese molti, ma la sua campagna incentrata su valori di onestà e integrità gli permise di emergere come un outsider vincente.

Durante la sua campagna elettorale, Carter cercò di farsi conoscere pubblicamente, pubblicando una breve autobiografia e percorrendo 80.000 chilometri in 37 stati, anticipando gli altri candidati. Il suo tono ottimista e la sua immagine di outsider risultarono particolarmente efficaci, dato che il paese stava attraversando una crisi di fiducia nei confronti dei politici a causa dello scandalo del Watergate. Criticò la corruzione di Washington e si presentò come un leader onesto e religioso, guadagnando il favore degli elettori.

Una scultura di legno a forma di arachide, simbolo della sua campagna, divenne una mascotte. Carter vinse le primarie e affrontò il repubblicano Gerald Ford nella corsa alla Casa Bianca. Sebbene la sua vittoria inizialmente sembrasse scontata, la sfida si rivelò più combattuta del previsto. Ford lo attaccò ripetutamente, accusandolo di essere inadatto alla leadership, e Carter commise alcuni errori, tra cui una controversa intervista con Playboy, che danneggiò la sua immagine. Nonostante ciò, Carter riuscì a prevalere, vincendo le elezioni con 297 voti elettorali contro i 240 di Ford.

Carter: un presidente incompreso, ma rivisitato dalla storia

Jimmy Carter è stato un presidente che, purtroppo, non ha soddisfatto le aspettative politiche del suo tempo. La sua presidenza fu segnata da difficoltà interne ed esterne, tra cui la crisi energetica e la crisi degli ostaggi in Iran. Questi eventi minarono la sua popolarità e contribuirono alla sua sconfitta alle elezioni del 1980 contro Ronald Reagan. Nonostante il fallimento della missione di salvataggio degli ostaggi e il suo famoso discorso sulla “crisi di fiducia” che affliggeva l’America, Carter ottenne importanti successi in politica estera, come gli storici accordi di Camp David, che portarono alla pace tra Israele ed Egitto, e la firma del trattato SALT II con l’Unione Sovietica.

Nel 1979, Carter si trovò a fronteggiare un grave shock energetico, dovuto alla riduzione della produzione di petrolio da parte dell’OPEC e alle conseguenze della rivoluzione iraniana. A ciò si aggiunse l’invasione sovietica dell’Afghanistan, che riaccese le tensioni della Guerra Fredda. La crisi degli ostaggi, iniziata il 4 novembre 1979 con la presa di 52 diplomatici americani, fu un colpo devastante per la sua presidenza. Nonostante il tentativo fallito di un’operazione di salvataggio, gli ostaggi furono liberati solo nel gennaio 1981, poco dopo l’insediamento di Ronald Reagan.

Carter cercò di affrontare la stagflazione, ma le sue politiche non furono sufficienti a risolvere la crisi economica. Inoltre, la sua presidenza subì il peso della debolezza internazionale, contribuendo alla sua sconfitta alle elezioni del 1980, quando non fu rieletto, diventando il primo presidente in carica a non essere riconfermato dal 1932.

La figura di Carter è stata rivalutata nel corso degli anni. Se inizialmente fu visto come un presidente dalle buone intenzioni ma incapace di realizzarle, oggi è ricordato anche per il suo impegno umanitario. La sua lunga carriera di servizio e la sua dedizione ai diritti umani lo portarono a ricevere il Premio Nobel per la Pace nel 2002, riconoscendo la sua eredità come promotore di risoluzioni pacifiche nei conflitti internazionali.

L’impegno umanitario e il premio Nobel per la pace

Dopo aver lasciato la Casa Bianca, Carter ha dedicato gran parte della sua vita a cause umanitarie, impegnandosi in progetti per eradicare malattie nei paesi in via di sviluppo e monitorare le elezioni internazionali attraverso il Carter Center. Il suo impegno per la pace, la giustizia e i diritti umani è stato riconosciuto con il Premio Nobel per la Pace nel 2002, un segno del suo contributo duraturo alla diplomazia internazionale e al miglioramento delle condizioni di vita globali e anche per il suo ruolo in quell’accordo di pace tra Israele ed Egitto, nel 1979.

Il 9 gennaio lutto nazionale negli Usa

La morte di Jimmy Carter lascia un segno profondo nella storia degli Stati Uniti e nel cuore di molti cittadini. Il presidente Biden ha annunciato che il 9 gennaio 2025 gli Stati Uniti osserveranno una giornata di lutto nazionale per onorare la memoria di un uomo che ha dedicato la sua vita al servizio della pace e del bene comune: “Invito il popolo americano a riunirsi in questo giorno nei rispettivi luoghi di culto per onorare la memoria del presidente James Earl Carter Jr. Invito coloro che in tutto il mondo condividono il nostro dolore ad unirsi a noi in questa solenne commemorazione”, ha dichiarato il presidente uscente Joe Biden in un decreto pubblicato online.

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