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Acquedotto Pugliese in rosa: “Non sprecare l’acqua è la nostra priorità”

FIRSTonline

Francesca Portincasa, direttrice generale dell’Acquedotto Pugliese, è la prima donna in 100 anni a dirigerlo. Non viene da “fuori”, è una risorsa interna, come si dice in gergo. E il fatto che sia stata promossa per la sua competenza e la sua professionalità lo hanno dimostrato le decine di selfie-auguri che i lavoratori le hanno inviato nel giorno della sua nomina. Mai accaduto prima, a nessun dirigente. Che effetto le fa? “Un effetto doppio. Provo grande orgoglio per essere riuscita a percorrere questa strada, ma sento anche una grande responsabilità perché non solo dovrò continuare a dare del mio meglio e del mio massimo, ma dovrò farlo con la consapevolezza di rappresentare un genere che in Acquedotto, fino a pochissimo tempo fa, è stato poco rappresentato, soprattutto in ruoli tecnici e di vertice. Intendo dire che ora rappresento il genere femminile, non solo me stessa. Agli uomini dirigenti questo è risparmiato.” 

Portincasa ha trascorso 32 anni nell’azienda, è stata la testimone degli anni bui, in cui sembrava che l’Aqp dovesse essere venduto al migliore acquirente perché lo Stato aveva bisogno di fare cassa; e quelli della rinascita, quando la necessità che l’acqua sia un bene pubblico, dopo il referendum del giugno 2011, non è stata più messa in discussione. Lei dice a Emma Strada, prima donna laureata in ingegneria d’Italia e impegnata nella costruzione dell’Acquedotto, con la quale dialoga nella campagna di auguri di Natale dell’azienda, che il tetto di cristallo è stato rotto e che lei ne è la prova.

Quanto le è costato?

“Mi è costato, sì. Come tutte le donne che vogliono realizzarsi nel proprio lavoro, ho dovuto impegnarmi il triplo. Il doppio sul lavoro per dimostrare che ero capace nonostante, passatemi il termine, l’handicap di essere donna. E in famiglia ovviamente perché, nonostante abbia avuto un grandissimo appoggio da un grande compagno che mi ha sostenuto in tutti questi anni,  la cura di tutti, dei figli, degli anziani, sono ancora sulle spalle delle donne. Si è sempre in equilibrio per cercare di essere una brava lavoratrice, un’ottima moglie, un’ottima madre, un’ottima figlia, un’ottima persona. Costa fatica.  Ci sono momenti bui, ma l’importante è sapersi riprendere, darsi coraggio e andare avanti. È per questo forse che mi hanno così sorpreso e commosso i video dei colleghi che hanno condiviso la mia strada e che mi hanno fatto gli auguri. Non me lo aspettavo, sarà stato riconosciuto anche tutto il resto della fatica”. 

L’Aqp oggi è interamente pubblica e appartiene alla Regione Puglia. Ha 2mila dipendenti e con investimenti pari a 172,8 milioni di euro realizzati si è confermato anche nel 2020 un catalizzatore importante per l’economia pugliese. Gestisce il servizio idrico integrato in Puglia e in 12 comuni della Campania per un totale di oltre 4 milioni di abitanti. Oltre trentaduemila sono i chilometri della rete, di cui cinquemila per la sola adduzione. Aqp garantisce il ciclo idrico integrato in tutte le sue fasi: captazione, potabilizzazione e distribuzione di acqua potabile, servizio di fognatura e depurazione delle acque reflue fino al loro eventuale riutilizzo. Una opera idraulica immensa, nata come intuizione di un salernitano (l’ingegnere del Genio civile Camillo Rosalba) subito dopo l’unità d’Italia, per “dar da bere ai pugliesi”, ma che per molti anni, secondo una battuta monca attribuita a Gaetano Salvemini, si è detto che sia servita “per dar da mangiare” ad altri. Tutto vero se si intende la metafora rivolta alle clientele che una simile opera nel corso della sua esistenza ha foraggiato. Ma falso filologicamente perché Salvemini, consigliere provinciale di Bari all’epoca dei lavori, per criticare le lentezze dell’opera, disse esattamente che “l’Acquedotto pugliese sta dando più da mangiare ai genovesi che da bere ai pugliesi” poiché era un’impresa genovese che si era aggiudicata la commessa statale. Dicono che sia stato Mario Missiroli, storico direttore del Corriere della Sera, a usare per primo l’efficace metafora che viene usata anche ai giorni nostri.  

Direttrice, ricorda il primo giorno in cui è entrata in Aqp? 

“Lo ricordo benissimo. Essendo una biologa fui subito assegnata a un laboratorio ovviamente. L’impianto specifico si trovava in piena campagna, fra Laterza e Castellaneta, a sud di Bari. Così insieme con mio marito ci mettemmo in macchina il giorno prima dell’incarico per capire dove si trovasse. Fatta l’esplorazione il giorno dopo arrivai emozionata, ansiosa, e venni accolta da un collega con questa frase: bene dottoressa, lei ha vinto un concorso pubblico, saprà cosa deve fare, il laboratorio è giù di sotto.  E sparì. Può apparire brutale, ma l’ho considerato un grande insegnamento che ho messo in pratica al contrario in seguito accogliendo le nuove leve con un sorriso e la spiegazione di cosa ci si aspettasse da loro. Dare loro fiducia, farle sentire desiderate, integrate è fondamentale.  E d’altronde se si accoglie così, nel caso in cui non ci siano risultati performanti, si è più facilmente nel diritto di passare ai rimproveri”.

Questo non è il suo primo incarico al vertice…

“Vero. Si può dire che per tutta la mia carriera ho rappresentato la prima donna ad occupare certe posizioni. Sono stata la prima direttrice di laboratori, la prima responsabile della gestione delle unità territoriali di Bari e provincia, la prima direttrice reti e impianti, la prima coordinatrice industriale. E sempre la cosa più importante è stata l’esperienza umana, la fortuna di lavorare con tante persone tutte diverse fra loro e poter curare tutti gli aspetti del Servizio Idrico Integrato e del meraviglioso mestiere dell’”acquedottista”. A cominciare dal rapporto con i clienti. Ricordiamo sempre in azienda il 2007 quando il mio insediamento all’unità di Bari coincise con  una grande crisi idrica. Le donne di Bari vecchia, che più pativano per la mancanza d’acqua, venivano fuori al portone della sede a protestare.  Andai con la mia squadra e con i fontanieri a verificare casa per casa dove l’acqua arrivava e a che ora, dove non arrivava per niente.  Non avevamo i mezzi tecnologici di oggi, lo facevo gridando in dialetto sotto i portoni: signò, avete l’acqua? Era l’unico modo per fare una mappa e anche per capire se le proteste fossero giustificate. Ed era anche un modo per dimostrare che l’Acquedotto c’era e che si occupava dei problemi dei cittadini”.

Ha pensato a come vorrà utilizzare il suo ruolo? 

“Sì. Mi piacerebbe molto per quanto riguarda l’azienda che ci fosse in futuro una migliore conciliazione dei tempi del lavoro e dei tempi della vita. Perché il lavoro è una parte della nostra vita. E per questo pensiamo, d’accordo con la presidenza e il Cda, in sinergia con la Direzione del Personale, di implementare lo smart working. Quanto ai cittadini, nel futuro non può che esserci un lavoro ancora più intenso per offrire il servizio migliore.  Passi avanti sono stati fatti. Se penso alle 17 bandiere blu della Puglia non posso che essere orgogliosa del lavoro fatto dagli impianti di depurazione Aqp in tutti questi anni.  Perché mi fa piacere ricordare che noi siamo una stazione appaltante, una società di ingegneria, ma soprattutto siamo i custodi del bene più prezioso, l’acqua pubblica”. 

Quando si parla di Aqp spesso si ricorda che esso perde per strada moltissima acqua (addirittura il 50% in alcuni punti) per le brutte condizioni delle sue condotte. Che cosa si sta facendo per evitarlo?

“Le perdite delle condotte: è il nostro punto di debolezza e di miglioramento, è il grande tema. Ma stiamo recuperando. Intanto con la verifica sul campo. Lo scorso anno abbiamo esplorato 3.900 km di rete, ma ne abbiamo 21mila, quindi di lavoro ne abbiamo ancora da fare. Con le sole operazioni gestionali stiamo recuperando acqua migliorando il servizio. Il rispetto dell’acqua è un concetto che andrà esaltato sempre di più nel futuro evitando sprechi. E poi bisogna usare risorse non convenzionali: con progetti per recuperare acqua fuori della Regione, per esempio dall’ Abruzzo, dall’Albania; dai dissalatori; e per usare quella depurata per l’agricoltura. Tutto questo però è integrato non alternativo al risanamento delle reti. Su questo tema specifico saranno investiti 2 miliardi di euro, una buona cifra che dimostra l’impegno visto che l’intero ammontare del piano di ambito vale 7 miliardi fino al 2045”. 

E infine la domanda delle domande: come si sta preparando Aqp per spendere i fondi del PNRR e  in che direzione saranno utilizzati?

“Siamo pronti. In primo luogo, in collaborazione con l’Autorità idrica pugliese e la Regione, stiamo lavorando sul piano che destina al Mezzogiorno 313 milioni per la digitalizzazione e il risanamento delle reti. Di questa cifra noi abbiamo intenzione di opzionarne 100. Sarà l’Autorità idrica a dover gestire i soldi, mentre Aqp si occuperà di sviluppare i progetti.  Stiamo lavorando anche sulla depurazione dei fanghi e sul tema dei rifiuti, per ridurre i primi e destinarli ripuliti all’agricoltura; e trasformare i secondi in risorsa”.

Cosa direbbe alle tante donne (ma ancora poche) che in questo momento sono giunte al vertice del loro lavoro? 

“Costruite barriere di affetto, dentro e fuori dal lavoro: solo così i coltelli che si affilano per colpirti alla schiena non ti faranno male, al massimo saranno punture di spillo”.

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