La proposta di legge del M5S sulla cosiddetta “acqua pubblica” arriva lunedì 25 marzo in aula alla Camera. E se sarà confermata l’impostazione della pasionaria stellata Federica Daga, che dà il suo nome al testo, l’Italia rischia di fare un salto all’indietro di almeno 20 anni.
Il risultato però non è scontato perché sulla via dell'”acqua pubblica” si è messa di traverso la Lega che ha presentato in commissione Ambiente una trentina di emendamenti sui 250 complessivi. Si tratta di modifiche di peso, che incidono sui punti cruciali della proposta stellata, e che potrebbero così aggiungere altra benzina sul fuoco già acceso dei tanti punti di contrasto tra i due partner di governo: dalla Tav alla flat tax all’acqua, per l’appunto. Il premier Conte tenterà l’ennesima mediazione? Finora non si è mosso e il buio pesto avvolge il destino delle modifiche: quali saranno accettate o meno dal governo? Il punto di caduta, dicono in molti, non arriverà prima delle elezioni europee per non aggiungere altri motivi di scontro tra i due leader, Luigi di Maio e Matteo Salvini. Dopo, tutti gli scenari sono possibili.
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Ma cosa prevede la riforma pentastellata e perché sarebbe un salto all’indietro di 20 anni? Il servizio idrico passerà, se la nuova legge sarà approvata, esclusivamente ad enti pubblici. Cioè ai Comuni o a società da loro interamente controllate. Il costo degli investimenti ricadrebbe non più sulla tariffa, oggi stabilita dall’Authority, ma interamente sulla fiscalità generale – con la prospettiva quindi di un aumento delle imposte (soprattutto quelle locali) e di una de-responsabilizzazione dei gestori.
Il controllo sul settore e su investimenti cruciali per i consumatori verrebbe tolto all’Autorità per l’Energia e affidato esclusivamente al ministero dell’Ambiente che non ha personale in grado di svolgere controlli su un settore così complesso che il sito dell’Autorità aiuta a conosce meglio. Più prudente, la Lega invece vuole lasciare l’acqua all’Authority e consentire l’affidamento anche a società miste.
In pratica, la riforma M5S propone un colpo di spugna su tutto il lavoro fatto negli ultimi anni che hanno invece rimesso in moto gli investimenti, cruciali per le infrastrutture e i depuratori, dopo anni di immobilità totale. Non parliamo poi dei costi per la collettività che sarebbero altissimi – come spiega il video-commento pubblicato qui sopra.
La verità è che l’acqua in Italia ha il prezzo unitario più basso d’Europa. Soprattutto, l’acqua è già pubblica non solo perché la proprietà è dello Stato ma anche perché la gestione del servizio è tuttora per il 97% in mano pubblica (direttamente o come partecipazione). Tornare al modello dell’Azienda speciale degli anni ’90, non gioverebbe a nessuno: è stato abbandonato proprio perché non ha funzionato.
La gestione, oggi, può essere affidata a una società pubblica, a controllo misto – come sono le grandi utility modello Acea, Hera, A2A e Iren – o privata. La scelta viene lasciata agli enti locali. Così avviene in Europa e in Italia. Migliorare questo modello è sempre possibile. Stravolgerlo è folle e soprattutto dannoso.