Le famiglie italiane sono quelle che in Europa consumano più acqua. Perdite, dispersioni, impianti vecchissimi, bollette alte, sono argomenti che periodicamente riempiono le pagine dei giornali e animano le discussioni politiche. Poi tutto va in archivio e arrivederci alla prossima occasione. Venerdì 22 marzo è una di quelle. È la giornata mondiale dell’acqua dichiarata dalle Nazione Unite come “Water for Peace”. Acqua per la pace, pensando prima di tutto alle migliaia di persone nelle zone di guerra che hanno bisogno di acqua per sopravvivere. Nei paesi occidentali l’acqua è un business industriale gestito secondo regole nazionali ed extra nazionali, per alcune fattispecie. Un pezzo decisivo anche della transizione ecologica.
Gli studi in corso
Ogni italiano consuma in media tra i 150 e 240 litri di acqua al giorno. Nel 2023, però, le famiglie hanno speso mediamente 478 euro all’anno: il 4% in più rispetto al 2022. È l’Arera a stabilire le tariffe in base a metodi tariffari che si aggiornano. I cambiamenti climatici lasciano anche loro il segno su una rete che richiede investimenti miliardari che non si riescono a fare. Sull’acqua pubblica, frastornando i cittadini, hanno campato di rendita politica anche i Cinquestelle e i movimenti a loro vicini. Non hanno smosso nulla e “a volte ritornano”. Comunque, oggi in occasione della giornata mondiale, si segnalano dappertutto iniziative e dibattiti.
Acqua, parla Berardi
Donato Berardi è il direttore del Laboratorio sui servizi pubblici del Centro ricerche REF. Con il collega Michele Tettamanzi ha curato uno studio sullo stato dei servizi idrici per lavoce.info.
Dr. Berardi la situazione peggiora di anno in anno, cosa possiamo aspettarci per il futuro?
“Un maggiore coinvolgimento dei cittadini. È paradossale, ma è così. Le competenze tecniche e le volontà politiche tradotte in indicazioni normative per proteggere l’acqua, l’ambiente e la salute dei cittadini, ci sono. Manca, però, una chiara percezione della gravità delle questioni. La partecipazione rispetto ai temi della gestione dell’acqua è ancora troppo scarsa”.
Ma gli italiani sono angosciati dalle bollette e dal servizio non sempre efficiente.
“Lo sappiamo ma le tariffe servono a migliorare il servizio”.
Un tema è la distribuzione di acqua in maniera uniforme sia per gli usi civili che per quelli agricoli. Da tempo si discute come separare le due finalità. Ci sono accordi, strategie, roboanti convegni senza risultati. Senza stupirci troppo, in casa ci può arrivare anche acqua inquinata?
“Certo. Vuole un esempio? La protezione civile del Veneto ha messo a disposizione 80 milioni di euro per tutelare i cittadini dalla presenza di Pfas i composti perfluorolchilici nell’acqua potabile. Servono a fermare l’emergenza. Noi tutti dobbiamo preoccuparci di più della qualità delle acque che viene distribuita”.
A gestire il servizio idrico non solo in Italia ci sono aziende importanti. Berardi, che forza possono avere i cittadini?
“La partecipazione pubblica è uno strumento utile per avvicinare i cittadini alla fragilità dell’acqua e alle azioni per preservarla. Le istituzioni devono ascoltare le loro istanze, anche per dare un senso alle decisioni che si prendono. Un esperimento di questo tipo è stato fatto recentemente in Francia, nell’area di Parigi”.
Confermo per esperienza diretta in loco.
“Allora sa che i cittadini si sono dovuti esprimere sul miglioramento di potabilizzazione dell’acqua ed è andato tutto bene Noi abbiamo pubblicato anche uno studio specifico”.
Chissà se e quando qualcuno consulterà gli italiani sulle azioni migliorative, piuttosto che informarli solo di interruzioni di servizio, di razionamenti e disastri sulle condotte. Le reti colabrodo sono un buon alleato dei cambiamenti climatici. Dr. Berardi cosa accade sui territori ?
“La siccità del 2022 in Emilia Romagna ha costretto più di 1.300 comuni a razionare l’acqua e ci sono stati danni all’agricoltura per 6 miliardi di euro. Con le alluvioni in Emilia-Romagna e Toscana del 2023 sono stati spesi 440 milioni di euro solo per interventi di somma urgenza. Valuti lei”.
Acqua, piani nazionali per risanare le reti
Di piani nazionali per risanare le reti se ne parla da 30 anni. Lo Stato ha prodotto una disarticolazione della spesa pubblica, finché non è arrivato il Pnrr con una dotazione di 4,38 miliardi di euro. La politica ci marcia. Come nel gioco della tombola ora si estraggono i progetti da realizzare, mentre i cittadini della Basilicata vedono fuoriuscire dalle condotte – e quindi perdersi – il 62% dell’acqua potabile. Che dire, anche nella settima economia del mondo oggi celebriamo il “Water for Peace” ma contro un nemico chiamato mala politica.