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Acciaio, su il sipario sull’Ilva di Taranto

FIRSTonline

Entro il 30 maggio ai commissari dell’Ilva di Taranto dovranno essere presentate le offerte vincolanti per l’acquisizione del più grande impianto siderurgico d’Europa. Nonostante i vincoli ed i pericoli pendenti di tipo giuridico e la spada di Damocle di nuove iniziative della Magistratura tarantina si attendono con fiducia le richieste da parte di alcuni operatori internazionali. Il Gruppo Marcegaglia, innanzitutto, in alleanza con il gigante indiano Mittal-Arcelor che con Taranto è in grado di conquistare l’incontrastato monopolio dell’acciaio nell’intera Europa. I mantovani sarebbero alleati e clienti dal momento che i Marcegaglia sono da sempre trasformatori ed utilizzatori di coils senza aver mai prodotto un chilo di acciaio.

Con loro è insistente la voce che sarebbe la Cassa Depositi e prestiti la garante e la socia di capitali nell’impresa di rilancio e di risanamento del grande impianto pugliese. Danaro pubblico che si giustificherebbe alla arcigna vigilanza dell Commissione europea ( e della Germania) come indirizzato alla ristrutturazione e alla politica di risanamento ambientale ed ecologico del sito. Quanto dei 2,3 miliardi di euro stimati come necessari ad affrontare l’operazione industriale usciranno dalle casse pubbliche? Quanti capitali freschi i privati inietteranno nella nuova ILVA? O come si mormora in ambienti ministeriali i due industriali si faranno avanti con conferimenti di aziende o con servizi al mercato attraverso sinergie e strutture logistiche? I passi ufficiali li vedremo nei prossimi giorni.

Ha sorpreso (e sorprende) la disponibilità di Leonardo Del Vecchio di mettere importanti capitali freschi sul tavolo di Taranto se accanto a lui si siederà un player internazionale dell’acciaio insieme al già potenziale socio Giovanni Arvedi che possiede una tecnologia consolidata in impianti per coils da forno elettrico meno invasivi degli altiforni e del ciclo integrale. Una soluzione che potrebbe affiancare i restanti altiforni dopo la chiusura definitiva dei due più inquinanti e vetusti. Il passo dell’imprenditore degli occhiali non può essere giudicato come una uscita velleitaria o un auspicio patriottico.

E’ il segno che nelle sue relazioni internazionali Leonardo Del Vecchio ha incrociato degli interessi concreti all’operazione. Cinesi in cerca di sfruttare il mercato europeo e del Mediterraneo con una presenza produttiva in grado di evitare l’esportazione in dumping o l’ostilità politica della diffusa industria meccanica e dell’automotive europee affamate d’acciaio? Indiani come Jindal o Tata da sempre concorrenti di Mittal? O, come appare più realistico, l’impegno dei coreani della Posco, grandi produttori di acciaio e di tecnologie nel settore? Vedremo.

Nel frattempo a Brescia in quella che era la capitale del tondino è alla fine l’agonia della Stefana in liquidazione, dopo aver accumulato debiti per 300 milioni di euro e non aver saputo sopravvivere alla seconda generazione dei figli e dei generi. Il grande sito di Ospitaletto (circa un milione di m2) se lo è aggiudicato Esselunga che lo trasformerà nel più grande centro logistico del Nord.

Il laminatoio di Nave per piccoli profilati è passato alla Feralpi di Giuseppe Pasini per una cifra altissima (10 milioni di euro) considerata negli ambienti imprenditoriali assurda e lontana da ogni valutazione dei vecchi impianti. L’acciaieria di Montirone pare prenotata dall’Alfa Acciai con una offerta di 1 milione di euro. Una somma che si discosta di molto dalla valutazione peritale ma che è accompagnata e sostenuta da una credibilità industriale e da una storia di impresa che ha visto subito come alleati i sindacati,le maestranze e l’opinione pubblica.

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