Il Piano Marshall, quello vero, fu firmato dall’allora presidente degli Stati Uniti Harry Truman esattamente 72 anni fa. Il programma di sostegno ai Paesi europei usciti a pezzi dalla guerra è passato alla storia col nome del segretario di Stato Usa George Marshall che circa un anno prima, il 5 giugno del 1947, lo annunciò in un discorso ad Harvard. Ma in realtà il nome del grande piano era European Recovery Program e prevedette lo stanziamento di oltre 14 miliardi di dollari complessivi di aiuti, in quattro anni, per rilanciare le disastrate economie del Vecchio Continente, in particolare quelle dei Paesi dell’Europa occidentale, che ricevettero la maggior parte dei finanziamenti.
L’Italia fu il quarto Paese più aiutato in termini di valore economico, con poco più di 1,2 miliardi di dollari ricevuti, dietro al Regno Unito che ne ricevette 3,3, alla Francia con 2,3 e alla Germania Ovest, che pur essendo la grande nazione sconfitta fu sostenuta con 1,44 miliardi. Aiuti arrivarono anche a Olanda, Belgio, Austria, Danimarca, Lussemburgo, Islanda, Grecia, Irlanda, Norvegia, Portogallo, Svezia, Svizzera e persino Turchia. Il Piano Marshall terminò nel 1951, come originariamente previsto, e nelle intenzioni degli Usa non era rivolto soltanto a fronteggiare le contingenze del momento, quanto piuttosto ad avviare un processo di trasformazione strutturale dell’economia dei singoli Paesi, possibilmente orientandola – come poi è avvenuto – ad una logica di mercato e ad una partnership industriale e commerciale sempre più stretta sulla rotta atlantica.
Il Piano Marshall rischiò anche di essere prolungato, ma i tentativi non ebbero effetto a causa dello scoppio della guerra di Corea e della vittoria dei repubblicani nelle elezioni per il Congresso dell’anno precedente. I repubblicani infatti non erano così favorevoli a sostenere l’economia europea (Truman era del Partito democratico), poiché alcuni economisti statunitensi giudicarono negativamente l’operazione. La motivazione è il Piano aveva prodotto effettivamente una crescita sostenuta, ma grazie al basso costo del lavoro, cosa che – non avendo indotto una contemporanea crescita dei redditi – aveva portato ad un certo ristagno nella spesa e nei consumi. In realtà come è noto il Piano funzionò e consentì all’economia europea di superare un momento di indubbia crisi e favorì una ripresa che già nel 1948 era evidente.
Proprio in questi giorni, l’argomento sta tornando di attualità per superare la grande crisi alla quale andiamo incontro a causa dell’emergenza coronavirus. Proprio di nuovo Piano Marshall – stavolta autofinanziato dall’Unione europea – stanno parlando in queste settimane diversi esponenti politici, tra cui il nostro ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che ha espressamente invocato una soluzione analoga per uscire dall’impasse di un’economia letteralmente paralizzata e affossata dall’emergenza sanitaria e dalle conseguenti e necessarie misure restrittive. E ieri, giovedì 2 aprile, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha usato lo stesso paragone per definire il maxi piano di aiuti da 100 miliardi, detto Sure.