Per rendere l’idea della mostruosità ancora attuale di quel record del mondo, basta ricordare che alle finali di Diamond League di tre giorni fa il canadese Andre De Grasse, già oro olimpico a Tokyo sulla distanza, è arrivato secondo sui 200 metri. Con lo stesso tempo, l’indimenticabile 19″72, realizzato ben 42 anni fa, il 12 settembre del 1979, da Pietro Mennea a Città del Messico, in occasione delle Universiadi. Che ovviamente vinse, confermandosi poi l’anno successivo con l’oro alle Olimpiadi di Mosca 1980. Ma nella leggenda il velocista pugliese ci è entrato soprattutto per quelle quattro cifre: 1972. Un tempo impensabile per l’epoca, solo parzialmente agevolato dall’altitudine e che ha resistito come record del mondo dei 200 metri piani per 17 anni: è stato migliorato solo dall’americano Michael Johnson alle Olimpiadi di Atlanta 1996 con 19″32, che a sua volta è rimasto WR per 12 anni (superato da un certo Usain Bolt) e che è tuttora record nazionale, così come il tempo della Freccia del Sud è a tutt’oggi il primato europeo.
Oggi il record mondiale dei 200 lo detiene il giamaicano Bolt, con un tempo comunque non mostruosamente inferiore a quello messo a segno da un atleta bianco diversi decenni prima: 19″19, ai Mondiali di Berlino del 2009. Mennea realizzò un’impresa leggendaria, ancora oggi celebrata e ricordata, e che assume ulteriore valore dopo l’exploit della velocità azzurra agli ultimi Giochi in Giappone, dove l’Italia ha vinto l’oro nei 100 metri con Marcell Jacobs (record italiano ed europeo con 9″80) e l’oro nella staffetta 4×100 con di nuovo Jacobs e Tortu, Desalu e Patta, con record italiano. Ecco, di questi trionfi Mennea è stato in qualche modo il precursore e ne è a pieno titolo il “padrino”: è stato lui il primo italiano velocissimo e vincente, le cui orme sono state ripercorse solo molto tempo dopo da Jacobs e compagni.