Vent’anni tondi tondi. Era il 5 febbraio del 2000 quando l’Italia del rugby scendeva in campo per la prima volta nel torneo del 6 Nazioni (che prima del suo ingresso si chiamava 5 Nazioni e vedeva sfidarsi Galles, che tuttora ha il primato di edizioni vinte con 39, Inghilterra, Irlanda, Scozia e Francia): un esordio peraltro bagnato da uno storico successo, per 34-20 contro la Scozia allo stadio Flaminio di Roma, casa del rugby azzurro prima di traslocare, a partire dal 2012, nel più grande e sicuro stadio Olimpico.
Buona la prima, dunque, ma un po’ meno le altre. In questo lungo ventennio, durante il quale ci si sarebbe aspettati l’affermazione dell’Italrugby tra i grandi d’Europa e del mondo, le repliche di quel trionfo contro la Scozia, firmato dal giocatore di riferimento dell’epoca, Diego Dominguez, sono state ben poche. Anzi, arrivarono immediatamente 14 sconfitte consecutive e oggi è ancora aperta una striscia di 22 disfatte di fila: la nazionale italiana di rugby non vince una partita nel 6 Nazioni dal 2013.
In mezzo, qualche sporadica vittoria c’è stata: 6 match vinti su 50 disputati nel primo decennio di partecipazione, e altri 6 nel secondo decennio. Il totale fa 12, meno dei 14 cucchiai di legno (cioè degli ultimi posti), anche questi equamente distribuiti negli anni (7 fino al 2009, altri 7 dal 2010 ad oggi), mentre i cosiddetti whitewash, cioè i tornei conclusi perdendo tutte le partite disputate, sono quasi la metà del totale, 9 in tutto, di cui quattro nelle ultime quattro edizioni, e col forte rischio che si arrivi alla cifra tonda già quest’anno. L’Italia infatti ha già giocato la prima partita del 6 Nazioni 2020, perdendo sonoramente in casa del Galles: 42-0.
La squadra più battuta dagli azzurri è stata la Scozia: sulle 12 vittorie, 7 contro gli scozzesi di cui una ad Edimburgo nel 2007, ad oggi l’unica ottenuta in trasferta. Per il resto abbiamo vinto 2 volte contro Francia e Galles, una contro l’Irlanda e mai contro gli inglesi. Il giocatore più rappresentativo della poco fortunata epopea azzurra è stato senza dubbio Sergio Parisse, capitano da poco ritirato: ha collezionato 129 presenze contando anche quattro Coppe del Mondo consecutive, scendendo in campo in quattordici tornei del Sei Nazioni, dal 2003 al 2016
Se dal punto di vista sportivo l’Italia del rugby ha raccolto poche soddisfazioni, non lo stesso si può dire della crescita complessiva del movimento: il rugby, e anche alcuni suoi rituali come il terzo tempo, sono diventati di tendenza ispirando spesso e volentieri il dibattito sportivo italiano, e il bilancio della stessa Federazione, fondata nel 1928 e oggi guidata da Alfredo Gavazzi, è incredibilmente cresciuto nel tempo: da 8 miliardi di lire del 1999 a 34 milioni di euro del 2009, fino ai 46 milioni di oggi ai quali se ne aggiungeranno altri 55 spalmati nei prossimi 4 anni.
Il movimento è esploso a livello di iscritti: oggi sono trentamila tra i 6 e i 12 anni, contro i 16mila di vent’anni fa. Eppure non sono venute fuori squadre di vertice e aspettiamo ancora il primo titolo nel 6 Nazioni.