Facciamo tesoro degli errori commessi con la ricorrenza del 25 Aprile. Abbiamo consentito che la Festa della Liberazione venisse requisita dall’ANPI, che si trasformasse in una occasione di estremismo settario e radicale, che ne diventassero protagonisti i militanti dei Centri sociali e i filo palestinesi (peraltro autorizzati da una sentenza a minacciare i rappresentanti della Brigata ebraica).
Quest’anno l’ANPI ha subito un iniziale sbandamento sulle responsabilità della guerra in Ucraina anticipando, fin dal primo comunicato, la teoria che sta facendo sempre più proseliti: ‘’è colpa della NATO e dell’imperialismo americano’’. Consapevoli di questo ‘’sviamento’’ di titolarità per le celebrazioni della Giornata in cui il CLN, il 25 Aprile 1945, proclamò l’insurrezione generale, non commettiamo l’errore (chi segue la narrazione televisiva si è accorto che viene ripetuto frequentemente) di regalare il 9 maggio – il giorno della vittoria in Europa nella seconda guerra mondiale – a Vladimir Putin e alla Russia. Il 9 maggio è il giorno che nel 1945 segnò la vittoria degli Alleati in Europa con la resa incondizionata della Germania nazista (che in verità avvenne nella tarda serata dell’8 maggio). L’Italia fascista era già crollata il 25 luglio 1943, poche settimane dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia.
Accadde oggi nel 1945: la fine della seconda guerra mondiale
A parte il fatto che la Russia non è l’URSS, il contributo delle truppe e della popolazione sovietica, nel secondo conflitto del secolo scorso fu determinante. Invasa (con l’Operazione Barbarossa) nel giugno del 1941 lungo un fronte di 2.900 Km (che divideva a metà quell’enorme Paese dal Mare del Nord al Caucaso) da un potente esercito tedesco, l’Unione sovietica patì sacrifici terribili e sopportò inauditi crimini di guerra, ma riuscì a resistere e a contrattaccare, grazie alla assistenza militare fornita dagli Usa in esecuzione della legge ‘’affitti e prestiti’’ fatta approvare, nel marzo del 1941, dal Congresso da parte del presidente Franklin Delano Roosevelt (la stessa legge proposta oggi da Joe Biden) che consentiva all’Amministrazione USA di armare le nazioni la cui sicurezza era importante per gli interessi americani.
La guerra in Europa non la vinsero solo i russi. Se mettiamo in fila i protagonisti, al primo posto vanno gli inglesi che – con la guida di Winston Churchill – resistettero un anno da soli (la Francia era crollata) sotto i bombardamenti dell’aviazione tedesca. Le armate di Sua Maestà britannica avevano combattuto e vinto la campagna d’Africa, ancor prima dell’entrata in guerra degli USA (dicembre 1941) e del loro sbarco in Tunisia.
Da lì il fronte salì attraverso l’Italia. Poi, nel giugno del 1944 venne aperto – come richiedeva da molto tempo Stalin – un secondo fronte con lo sbarco degli anglo-americani in Normandia, che poi si congiunsero con i sovietici a Berlino.
Una volta messi i puntini sulle ‘’i’’ per quanto riguarda la ricorrenza del 9 maggio, che non è la giornata della vittoria nella Grande Guerra patriottica da parte della sola URSS, è bene far notare ai putiniani di oggi, che il loro ‘’campione’’ nella lotta contro l’Occidente, ha sostituito con la grande parata del 9 maggio, quella che sulla Piazza Rossa si svolgeva ogni anno, il 7 novembre, l’anniversario della Rivoluzione di Ottobre del 1917, da cui nacque l’URSS, luce e guida dei comunisti di tutto il mondo per più di 70 anni. Putin ha archiviato questa ricorrenza e ha fatto riscrivere persino le parole dell’Inno nazionale che a quell’evento si richiamava. Gli eredi del PCUS sono all’opposizione in Parlamento, dove è presente – diversamente che a Kiev – una rappresentanza di estrema destra.
Oggi è atteso il discorso di Vladimir Putin. Non sentiremo parole di pace e di concordia, ma dure e arroganti minacce al mondo libero, alle quali c’è un solo modo per rispondere: le democrazie non si fanno intimidire, perché sono in grado di sconfiggere i tiranni e di adoperarsi per la libertà dei popoli contro i loro aggressori.
Accadde oggi nel 1978: ritrovato il corpo di Aldo Moro
Il 9 maggio del 1978, la salma di Aldo Moro venne trovata, rannicchiata nel portabagagli di una Renault, in Via Caetani, nel centro di Roma, a metà strada tra Piazza del Gesù (sede storica della Dc) e di via delle Botteghe Oscure (dove si trovava dal dopoguerra la Direzione del Pci). Il presidente della Dc era stato rapito e sequestrato 55 giorni prima in un attentato in via Fani, rivendicato dalle Brigate Rosse. Erano trascorse giornate drammatiche, soprattutto quando cominciarono ad arrivare le lettere dello statista democristiano con le quali chiedeva di essere salvato.
Qualcuno in un recente libro ha perfino sostenuto che talune frasi fossero degli anagrammi con i quali Moro forniva delle informazioni preziose per indicare il luogo della sua prigionia. Le indagini si caratterizzarono per una sequela di gravi errori, fin dalla mattina della strage (quando furono uccisi tutti gli uomini della scorta). Per non parlare di quando gli agenti arrivarono casualmente in via Gradoli – dove era rinchiuso Moro – ma se ne andarono perché nessuno aveva aperto la porta.
Si sono svolti processi, inflitte condanne, sono state istituite commissioni di indagine parlamentari; ma quella vicenda – che ha cambiato la storia del Paese – resta, per molti aspetti avvolta nel mistero. La maggioranza di solidarietà nazionale che allora sosteneva il governo monocolore democristiano presieduto da Giulio Andreotti, si divise sull’opportunità di avviare una trattativa con le Br per ottenere il rilascio di Aldo Moro.
Fu il segretario del Psi Bettino Craxi a sostenere questa proposta, rifiutata, però, dalla Dc e dal Pci, in ragione di una linea di intransigenza nei confronti del terrorismo. I componenti del commando brigatista – individuati e processati – ammisero le loro responsabilità e raccontarono la loro versione dei fatti. Ma il più grande dubbio che rimane è proprio questo: come fu possibile a un gruppo di terroristi , come quello che agì in via Fani, realizzare un’iniziativa di ‘’geometrica potenza’’ (come si disse allora) come quella che mise in scacco le istituzioni?
Basti pensare soltanto alla precisione della sparatoria, durante la quale i poliziotti della scorta non riuscirono neppure a reagire, prima di essere uccisi, mentre Aldo Moro, che si trovava in mezzo a loro, rimase praticamente illeso. Di grande rilievo fu il ruolo svolto dal Pontefice, Paolo VI, che si adoperò per la salvezza di Moro, rivolgendosi direttamente agli ‘’uomini della Brigate Rosse’’. Fu poi il Pontefice a pronunciare l’orazione funebre. La famiglia rifiutò i funerali di Stato. Il 9 maggio è divenuto il Giorno del ricordo delle vittime del terrorismo.
Merita un ultimo accenno – a prova della stupidità umana – un gruppo rockettaro di Reggio Emilia che ha scelto quell’immagine allucinante di Moro inerme dentro l’auto, come proprio logo.
Infine il 9 maggio è anche la Festa dell’Europa, perchè in quel giorno del 1950 il ministro degli Esteri francese Robert Schuman propose di dar vita alla Comunità del carbone e dell’acciaio (CECA) per mettere fine ai conflitti tra Francia e Germania, ch erano stati all’origine di ben due guerre mondiali nel XX secolo. Fu il primo passo in direzione dell’Unione europea. La CECA venne istituita l’anno seguente