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ACCADDE OGGI – Il 27 agosto del 1950 Cesare Pavese si suicida a 41 anni

Depresso da tempo, il 27 agosto di 69 anni fa si tolse la vita, come aveva scritto sul suo diario, lo scrittore Cesare Pavese, uno dei più grandi intellettuali e letterati della prima metà del secolo scorso

ACCADDE OGGI – Il 27 agosto del 1950 Cesare Pavese si suicida a 41 anni

E’ morto esattamente 69 anni fa, il 27 agosto del 1950, poco prima di compiere 42 anni, lo scrittore e giornalista piemontese Cesare Pavese, uno dei più grandi intellettuali italiani della prima metà del secolo scorso, vincitore del Premio Strega proprio nel 1950. Era da tempo depresso, Pavese, quando decise di togliersi la vita a Torino: una scelta che aveva già preannunciato qualche giorno prima sul suo diario, sul quale aveva anche confessato che non avrebbe mai più scritto.

Pavese è stato uno degli intellettuali più impegnati politicamente, protagonista della Resistenza antifascista, anche se la sua carriera era iniziata come traduttore dalla lingua inglese e insegnante, sempre di lingua inglese. Fu poi coinvolto nei primi anni e nelle prime iniziative culturali della neonata casa editrice Einaudi di Torino, fondata nel 1933, e aderì anche lui al movimento “Giustizia e Libertà”. Questo, nel 1935, gli costò l’arresto.

Intenzionato a proseguire nell’insegnamento, quell’anno si dimise dall’incarico all’Einaudi e incominciò a prepararsi per affrontare il concorso di latino e greco ma, il 15 maggio la sua casa fu perquisita e fu accusato di antifascismo. Pavese era in realtà “innocente”, ma fu coinvolto nella repressione perché all’epoca frequentava Tina Pizzardo, iscritta al Partito Comunista.

Verso la fine del 1936, terminato l’anno di confino, Pavese fece ritorno a Torino e dovette affrontare la delusione di sapere che Tina stava per sposarsi con un altro e che le sue poesie erano state ignorate. Per guadagnarsi da vivere riprese il lavoro di traduttore e nel 1937 tradusse Un mucchio di quattrini (The Big Money) di John Dos Passos per Mondadori e Uomini e topi di Steinbeck per Bompiani.

Dal 1º maggio accettò di collaborare, con un lavoro stabile e per lo stipendio di mille lire al mese, con la Einaudi, per le collane “Narratori stranieri tradotti” e “Biblioteca di cultura storica”, traducendo Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders di Defoe e l’anno dopo La storia e le personali esperienze di David Copperfield di Dickens oltre all’Autobiografia di Alice Toklas della Stein.

Fu solo successivamente che Pavese si dedicò alla prosa e a scrivere romanzi che in alcuni casi sono stati pubblicati e rivalutati solo dopo la sua morte. Dapprima scrisse la raccolta “Notte di festa” e in seguito nel volume de I racconti e fra il 27 novembre del 1936 e il 16 aprile del 1939 completò la stesura del suo primo romanzo breve tratto dall’esperienza del confino intitolato Il carcere (il primo titolo era stato Memorie di due stagioni) che verrà pubblicato dieci anni dopo.

Dal 3 giugno al 16 agosto scrisse Paesi tuoi che verrà pubblicato nel 1941 e sarà la prima opera di narrativa dello scrittore data alle stampe. Negli anni della guerra continuò, seppur tra mille difficoltà dovute alla repressione fascista, a scrivere. Ritornato a Torino dopo la Liberazione, decise di iscriversi al Partito comunista incominciando a collaborare al quotidiano L’Unità. Nei mesi trascorsi presso la redazione de L’Unità conobbe Italo Calvino.

Tra il settembre del 1947 e il febbraio del 1948, contemporaneamente a Il compagno, scrisse La casa in collina che uscì l’anno successivo insieme con Il carcere nel volume Prima che il gallo canti il cui titolo, ripreso dalla risposta di Cristo a Pietro, si riferisce, con tono palesemente autobiografico ai suoi tradimenti politici. Seguirà, tra il giugno e l’ottobre del 1948 Il diavolo sulle colline.

Nell’estate del 1948 gli era stato intanto assegnato, per Il compagno, il Premio Salento, ma Pavese aveva scritto all’amico Carlo Muscetta di dimissionarlo da qualsiasi premio letterario, presente o futuro.

Alla fine dell’anno uscì Prima che il gallo canti, che venne subito elogiato dai critici Emilio Cecchi e Giuseppe De Robertis. Dal 27 marzo al 26 maggio del 1949 scrisse Tra donne sole e, al termine del romanzo, andò a trascorrere una settimana a Santo Stefano Belbo e, in compagnia dell’amico Pinolo Scaglione, a suo agio tra quelle campagne, incominciò a elaborare quella che sarebbe diventata La luna e i falò, l’ultima sua opera pubblicata in vita, proprio nel 1950.

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