E’ tempo di incarichi per formare un governo. Oggi, 30 gennaio è la ricorrenza di un incarico tragico che divenne la palla di neve da cui, rotolando, derivò la valanga che scatenò la Seconda guerra mondiale e devastò l’Europa con decine di milioni di morti. Il Presidente della Repubblica di Weimar, Paul von Hindenburg, di malavoglia si rassegnò a nominare, il 30 gennaio del 1933, Cancelliere dei Reich “il caporale boemo” (così lo definiva l’aristocratico Feld Maresciallo prussiano), Adolf Hitler, leader del partito nazista.
Il Capo dello Stato era stato convinto, benché recalcitrante, a compiere quella scelta da Franz von Papen, esponente dei nazionalisti e già Cancelliere, con l’obiettivo di unificare tutte le destre nella maggioranza del Reichstag e nel governo del Paese. Hitler mostrò di non volere forzare la mano. Su 11 i ministri quelli nazisti oltre a lui erano due: Wilhelm Frick agli Interni e Hermann Goering come ministro senza portafoglio. Gli alleati coprivano gli altri incarichi. Von Papen era vice Cancelliere, Franz Seldte (Stahlhelm) al Lavoro, Konstantin von Neurath (nazionalisti) agli Esteri, Alfred Hugenberg (editore e leader dei nazionalisti) ai Dicasteri economici con portafoglio (ben cinque).
Gli altri ministri erano rimasti in carica dai precedenti governi Schleicher e Papen; ciò allo scopo di dare un segno di continuità. Vi era anche un esponente del Zentrum. Il colpo da maestro di Hitler fu quello di far nominare Goering ministro degli Interni della Prussia, il land assolutamente più importante: il che metteva a disposizione del braccio destro del Fuhrer la polizia prussiana.
Pochi giorni dopo scrive Benjamin Carter Hett nel saggio ‘’Morte della democrazia’’ (Einaudi 2019) ‘’partì una raffica incessante di misure legali e poliziesche contro chiunque si potesse definire un oppositore del nazismo (comunisti, socialdemocratici, liberali, pacifisti,intellettuali e giornalisti, artisti, attivisti dei diritti umani) e contro la stampa’’.
Già il 4 febbraio Hindenburg fu convinto a firmare un decreto che conferiva alla polizia il potere di disperdere riunioni politiche, vietare associazioni, chiudere organi di stampa (toccò per primi ai giornali comunisti e socialdemocratici). Dieci giorni dopo un distaccamento di polizia perquisì gli uffici del gruppo parlamentare comunista; poi venne imposta la chiusura della sede berlinese del partito.
Seguendo sempre la narrazione di Carter Hett, il 17 febbraio Goering ordinò a tutte le forze dell’ordine prussiane di usare le armi contro i <nemici> dello Stato. Il 22 dello stesso mese un altro decreto consentì di arruolare come agenti ausiliari di polizia i membri delle ‘’associazioni patriottiche’’ ovvero le forze paramilitari dei partiti di destra.
Ma il vero golpe avvenne il 27 febbraio a seguito dell’incendio del Reichstad (con aspetti mai chiariti fino in fondo), denunciato da Hitler come un atto di terrorismo ‘’che doveva inaugurare una insurrezione comunista’’. Il governo varò un decreto esecutivo firmato da Hindenburg (detto il decreto dell’incendio del Reichstag) che cancellava le libertà democratiche e civili e consentì arresti in massa in tutto il Paese. Quel decreto diventò come scrive Carter Hett ‘’il fondamento legale dei dodici anni di dittatura nazista’’; in pratica ‘’la Costituzione del Terzo Reich’’. Attenzione alle date: non era neppure trascorso un mese dal giorno in cui Hitler era stato nominato Cancelliere.
La prise du pouvoir fu tanto veloce che gli avversari di Hitler fecero la fine di quel cavaliere che continuava a combattere senza rendersi conto di essere già deceduto. Von Papen confidò ad un amico: ‘’Lo abbiamo ingaggiato; nel giro di qualche mese lo avremo stretto in un angolo fino a farlo schiattare’’. E si trovò ben presto a fare l’ambasciatore in Turchia (il destino ha voluto che la stessa sorte capitasse 35 anni dopo ad Alexander Dubcek). Ma le analisi dei socialdemocratici ricevettero smentite ancora più nette. Il 29 gennaio, un giorno prima di quello in cui Hitler ricevette l’incarico di formare il governo, avevano organizzato una grande manifestazione al grido di ‘’Berlino è rossa’’, mentre il giornale della socialdemocrazia, il ‘’Wortwars’’, scriveva: ‘’La Germania non è l’Italia, Berlino non è Roma, Hitler non è Mussolini (questa considerazione, in senso inverso e a pelosa difesa del Duce, l’abbiamo sentita troppe volte da noi, ndr). Sbaglia di grosso – continuava il giornale – chi ritiene che qualcuno possa imporre un regime dittatoriale sulla nazione tedesca’’. Purtroppo la storia non andò così.