All’età di 25 anni, Albert Einstein spedì tre articoli alla rivista Annalen der Physik. “Ciascuno dei tre meritava il Nobel, e più”, scrive Carlo Rovelli in La realtà non è come ci appare (Raffaello Cortina Editore, 2014), volume da cui ricaviamo le nozioni scientifiche contenute in questa edizione di “Accadde oggi”.
Ma veniamo all’anniversario: il 21 novembre 1905, esattamente 114 anni fa, fu pubblicato il più famoso dei tre articoli, quello che introduceva la teoria della relatività ristretta o relatività speciale (da non confondere con la relatività generale, di cui abbiamo già parlato e che vide la luce solo qualche anno più tardi).
La relatività ristretta è uno dei pilastri concettuali su cui si fonda la nostra attuale conoscenza del cosmo, ma purtroppo è anche molto complessa e richiede un paziente apprendistato, per cui lo diciamo chiaramente: non abbiamo la pretesa di fornire spiegazioni esaustive.
Ci limiteremo perciò a parlare in termini generali del concetto di “presente esteso”, introdotto proprio dalla teoria di Einstein. Rovelli lo spiega così: “Fra il passato e il futuro di ciascun evento (…) esiste una zona intermedia, un presente esteso di quell’evento, una zona che non è passata né futura”. La durata del presente esteso dipende dallo spazio: più aumenta la distanza dall’evento, più si allunga la durata del presente esteso.
Se prendiamo come riferimento noi stessi, a un paio di metri di distanza la durata del presente esteso è di pochi nanosecondi, ma sulla Luna arriva a qualche secondo e su Marte a un quarto d’ora. Significa che sul pianeta rosso “ci sono avvenimenti che in questo preciso momento sono già successi – continua Rovelli – avvenimenti che devono ancora succedere, ma anche un quarto d’ora di avvenimenti durante il quale avvengono fatti che per noi non sono né passato né futuro”.
Tutto chiaro? Se la risposta è no, c’è poco di cui preoccuparsi: per avere una percezione chiara di cosa sia il presente esteso dovremmo avere la capacità di distinguere intervalli brevissimi di tempo come i nanosecondi (per intenderci: ci sono tanti nanosecondi in un secondo quanti secondi in 30 anni).
Una conclusione però la possiamo trarre: se il tempo varia in funzione dello spazio, vuol dire che non esiste la simultaneità assoluta, cioè non esiste un “adesso” valido nello stesso momento per tutto l’Universo. Il nostro “adesso” vale solo qui. Ed è così che tempo e spazio si fondono per la prima volta in un concetto solo: lo spaziotempo.