Fu il più clamoroso furto d’oro nella storia del Regno Unito. La mattina del 26 novembre 1983 – esattamente 36 anni fa – sei ladri penetrarono nel deposito della società Brinks Mat all’aeroporto londinese di Heathrow, grazie alla complicità di un addetto alla sicurezza. All’interno, pensavano di trovare tre milioni di sterline in banconote, ma la soffiata che li aveva spinti al colpo si rivelò sbagliata. In realtà, la stanza blindata custodiva un bottino ben più prezioso: tre tonnellate d’oro distribuite in 6.800 lingotti, più un ulteriore carico di diamanti e banconote. Valore totale: 26 milioni di sterline dell’epoca, pari a 101 milioni di euro attuali.
I ladri, piacevolmente sorpresi dalla scoperta, non erano attrezzati per un trasporto del genere… Ma come potevano rinunciare? Ad attenderli fuori da quel deposito, però, non c’era un lieto fine. Riuscirono in qualche modo a portar via tutto l’oro, ma non a coprire le proprie tracce. Dopo il furto – che ebbe immediatamente un’eco smisurata in Gran Bretagna, dove molti parlarono del “crimine del secolo” – Scotland Yard allestì una furibonda caccia ai sei uomini, e alla fine tutti i componenti della banda furono arrestati.
Quanto alla refurtiva, gli investigatori riuscirono a recuperarne solo un terzo. Il resto scomparve nel nulla.
Nel 2004 l’aeroporto di Heathrow fu teatro di un altro (stavolta solo tentato) furto da film: sette uomini si introdussero nel deposito della Swiss Port con l’obiettivo di rubare oro e contanti per 80 milioni di sterline (120 milioni di euro), ma ad aspettarli trovarono 100 uomini di Scotland Yard, avvisati per tempo da una soffiata anonima.
Le storie legate allo scalo londinese impongono di citare un episodio di cronaca ben più recente, che probabilmente sarà ricordato nei decenni esattamente come le disavventure a Heathrow. All’alba di ieri, una banda di ladri – ora in fuga – ha rubato gioielli antichi per un valore complessivo di un miliardo di euro dalla camera del tesoro del Castello di Dresda, in Germania. La Bild parla del “furto d’arte più clamoroso della storia del dopoguerra”.
