Sono passati esattamente 30 anni dall’assegnazione del Premio Nobel per la Pace all’ex segretario generale e presidente dell’Urss, Mikhail Gorbaciov. Un riconoscimento che ha segnato un’epoca che ha sancito la fine della Guerra Fredda e del blocco sovietico: arrivò esattamente un anno dopo la caduta del Muro di Berlino, nel 1989, evento di cui Gorbaciov fu indirettamente il fautore, poiché con la sua politica riformista, la famosa perestrojka (che in russo significa proprio ristrutturazione) fece vacillare il divide et impera del mondo sovietico e aprì la strada alle rivolte progressive di molti Paesi dell’Europa dell’Est. Tra l’altro fu proprio la Guerra Fredda, che terminò nell’era Gorbaciov, uno dei pochi eventi storici che fino ad allora aveva impedito l’assegnazione del Nobel per la Pace.
Il premio infatti, oltre ai periodi delle due grandi guerre e dell’esplosione dei regimi nazi-fascisti, saltò solo nel 1955-1956 (proprio all’inizio delle tensioni Usa-Urss) e negli anni ’70, durante la Guerra del Vietnam. Il 15 ottobre del 1990 il riconoscimento fu appunto vinto da Gorbaciov, che affiancò così il suo nome a quello di personaggi storici dell’azione umanitaria, della lotta all’oppressione politica o della difesa dei diritti egualitari, come ad esempio Albert Schweitzer, Martin Luther King e Madre Teresa di Calcutta. Nell’anno in cui vinse il Nobel, Gorbaciov fu anche eletto per la prima volta come presidente dell’Urss: l’impero sovietico era ormai prossimo a sgretolarsi, ma il 15 marzo del 1990 il Congresso dei rappresentanti del popolo dell’Urss, cioè il primo parlamento costituito sulla base di libere elezioni nella storia del Paese, lo elesse democraticamente. Oltre che del Nobel, Gorbaciov su insignito, nel 1989, della Medaglia Otto Hahn per la Pace.