L’8×1000 compie 36 anni. Era il 18 febbraio 1984 quando il governo italiano – presieduto da Bettino Craxi – firmò con la Santa Sede l’accordo di Villa Madama, anche detto concordato bis, che rinnovò i patti lateranensi di mussoliniana memoria (1929).
Una delle questioni da affrontare era la nuova modalità di finanziamento della Chiesa da parte della Repubblica dopo l’abolizione del cosiddetto “assegno di congrua” (un’erogazione mensile garantita dallo Stato ai parroci, rimasta in vigore dall’unità d’Italia al 1986). Le soluzioni trovate furono due: la defiscalizzazione delle offerte e, appunto, l’8×1000, cioè la distribuzione di una quota di Irpef allo Stato o alle confessioni religiose in base alle scelte espresse dai contribuenti nelle dichiarazioni dei redditi.
Per favorire la Chiesa Cattolica, il meccanismo di ripartizione dell’8×1000 fu concepito in modo tutt’altro che intuitivo, facendo leva sull’ignoranza (e la pigrizia) dei contribuenti. La scelta dell’ente a cui destinare il contributo, infatti, non è obbligatoria e moltissimi italiani pensano che lasciando la casella vuota l’8×1000 vada automaticamente allo Stato. Ma non è così.
Il motivo? Semplice: i contributi di chi non riempie la casella vengono ripartiti in proporzione alle scelte fatte da chi ha specificato un beneficiario. Questo trucco produce una distorsione abnorme, perché più della metà degli italiani non precisa nella dichiarazione dei redditi quale istituzione vuole finanziare, mentre la minoranza che indica un destinatario – e decide per tutti – sceglie in 8 casi su 10 la Chiesa Cattolica. Risultato: l’8×1000 di chi non scrive nulla (cioè la maggioranza dei contribuenti) va per l’80% nei forzieri del Vaticano, spesso all’insaputa dei cittadini stessi.
Grazie a questo espediente, la Santa Sede incassa dallo Stato italiano all’incirca un miliardo l’anno. Se invece la Chiesa Cattolica ricevesse soltanto i soldi di chi l’ha indicata come destinataria dell’8xmille, il flusso di denaro si ridurrebbe di oltre la metà.
La Corte dei Conti ha denunciato più volte la mancanza di trasparenza sulle erogazioni e lo spreco di risorse da parte dello Stato, che “mostra disinteresse per la quota di propria competenza”, dando l’impressione che “l’istituto sia finalizzato solo a fare da apparente contrappeso al sistema di finanziamento diretto delle confessioni”. Finora, la politica non ha fatto altro che ignorare il problema.