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Accadde oggi – 28 settembre 2003: il blackout che oscurò l’Italia. Ecco la storia di un giorno incredibile

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Nelle prime ore del 28 settembre 2003, l’Italia fu letteralmente avvolta nel buio. Quello che inizialmente sembrava un normale guasto elettrico si rivelò essere il più grande blackout nella storia del paese, coinvolgendo oltre 56 milioni di persone. Un’interruzione di corrente che durò più di 12 ore, paralizzando l’intera nazione. Ma cosa successe esattamente 21 anni fa? E quali furono le conseguenze per l’Italia? Ecco la storia di quel giorno incredibile, segnato da alberi caduti, tralicci svizzeri, treni bloccati e la famosa prima “Notte Bianca” romana, che finì… al buio.

L’inizio dell’oscurità

Tutto ebbe inizio alle 3:01 del mattino del 28 settembre, quando un albero in Svizzera fece cadere una linea ad alta tensione che riforniva l’Italia. Circa 1300 MW di potenza elettrica viaggiavano lungo la linea a 380 kV del passo del Lucomagno, che si snoda da Mettlen, in Svizzera, fino a Lavorgo, in Canton Ticino. A causa del riscaldamento delle correnti elevate, la lunghezza dei conduttori aumentò, avvicinandoli al terreno. Alle ore 03:01, a causa di una scarica verso un albero, avvenne l’apertura degli interruttori della linea. Questo causò il sovraccarico delle linee rimanenti, che si disattivarono a loro volta.

Era un classico esempio di “effetto farfalla“: un singolo albero provoca un blackout in un intero paese! L’energia elettrica che arrivava dalle centrali svizzere rappresentava una quota importante del fabbisogno italiano, e quel guasto creò un effetto domino che mandò in tilt l’intero sistema. In meno di mezz’ora, l’intera penisola, da Bolzano fino a Trapani, era piombata nell’oscurità. Anche altre linee di interconnessione con la Svizzera e il Canton Ticino andarono fuori uso, portando al blocco totale.

La “Notte Bianca” di Roma: un finale inaspettato

Proprio mentre l’Italia sprofondava nel buio, a Roma si celebrava la prima edizione della “Notte Bianca”, un’iniziativa culturale che prevedeva eventi e negozi aperti fino a tarda notte. Circa 500.000 persone stavano partecipando, godendosi musei aperti e spettacoli all’aperto. Poi, all’improvviso, tutto si fermò. Mentre il resto d’Italia dormiva, ignaro, i romani videro la città fermarsi di colpo. Le metropolitane si bloccarono, e centinaia di persone rimasero intrappolate nelle stazioni. Nonostante la situazione surreale, l’ordine pubblico rimase sotto controllo, con il sindaco Walter Veltroni che elogiò la “compostezza esemplare” dei cittadini.

Disagi e caos in tutta Italia

Il blackout paralizzò i trasporti in tutta Italia. I treni (furono 110 i convogli bloccati) rimasero fermi per ore lungo le tratte nazionali, con oltre 30 mila passeggeri bloccati a bordo e nelle stazioni.

Le metropolitane di città come Roma e Milano furono costrette a sospendere il servizio, mentre il traffico stradale nelle grandi città divenne caotico a causa dei semafori spenti. Anche il sistema delle telecomunicazioni subì rallentamenti, aggravando ulteriormente la situazione.

I centralini della Polizia e dei Carabinieri vennero intasati da chiamate fatte da persone rimaste bloccate negli ascensori. Ci furono disagi negli aeroporti e nelle stazioni, che in alcuni casi portarono all’interruzione del servizio. Si racconta che, quando cominciò il blackout, all’ospedale Molinette di Torino era in corso un trapianto di fegato, che fu portato a termine grazie ai generatori di emergenza. A Napoli, alcuni ospedali dovettero trasferire pazienti in altre strutture per evitare rischi. A Venezia il blackout provocò l’interruzione temporanea dell’erogazione dell’acqua.

Si registrarono anche quattro morti: tre anziane in Puglia e una giovane in provincia di Treviso. Due delle anziane morirono cadendo dalle scale, mentre una a Locorotondo (Bari) perse la vita a causa di un incendio provocato da una candela. La giovane, invece, fu vittima di un incidente stradale causato da un semaforo spento.

Un particolare curioso? Le uniche zone rimaste intatte furono la Sardegna e alcune isole minori come Pantelleria e Capri, dotate di una rete elettrica indipendente.

Il ritorno alla normalità

La corrente elettrica iniziò a tornare in modo graduale solo nella mattinata del 29 settembre. Il Nord fu il primo a riaccendere le luci intorno alle 9, mentre Roma e il Centro Italia dovettero attendere fino alle 16:30. Al Sud, la situazione fu ancora più critica: in Sicilia, la corrente fu ripristinata solo alle 22.

Le cause del blackout

Le indagini successive rivelarono che il blackout del 2003 fu causato da una serie di fattori concatenati. Il problema principale era la vulnerabilità della rete elettrica italiana, fortemente dipendente dalle importazioni di energia dall’estero. La caduta dell’albero in territorio svizzero e il conseguente guasto alle linee elettriche furono solo il primo anello di una catena di eventi. Le centrali italiane si spensero automaticamente per proteggersi da ulteriori danni, lasciando il paese senza energia.

Ma la vera domanda è: come mai non si riuscì a risolvere il problema rapidamente? Il motivo risiede nella complessità del sistema elettrico italiano. Le centrali idroelettriche, che avrebbero potuto fornire energia per riavviare il sistema, necessitavano a loro volta di energia elettrica per essere attivate, creando così un paradosso. In questo contesto, si potrebbe definire un cortocircuito burocratico, dove le procedure di emergenza non furono sufficientemente rapide o efficaci.

Inoltre, le indagini rivelarono che la richiesta di alleggerire il carico dall’Italia era ben al di sotto delle necessità reali: bisognava staccare dall’Italia almeno 2.000 MW, mentre il gestore italiano era pronto a disconnetterne fino a 3.000. In pochi minuti, quasi tutte le altre linee di interconnessione andarono in sovraccarico, disattivandosi una dopo l’altra e portando al blackout totale. Questa interruzione non solo colpì l’Italia, ma causò danni anche ad altri paesi, con il collasso delle linee che collegavano l’Italia con Austria e Slovenia.

Secondo la commissione italiana, “se la modifica richiesta dall’operatore svizzero fosse stata adeguata in termini di potenza, il blackout non si sarebbe innescato”. Questo responso fu confermato dalla UCTE, l’unione dei gestori elettrici europei, che, insieme ad altre ricerche, sottolineò la responsabilità di un errore umano da parte degli operatori svizzeri. Le conseguenze di tale errore si rivelarono devastanti, evidenziando la necessità di un ripensamento delle pratiche operative e della cooperazione internazionale nel settore energetico.

Le ripercussioni a lungo termine

Questo evento segnò un punto di svolta per il sistema energetico italiano per tutte le infrastrutture critiche del paese. Dopo il blackout del 2003, le autorità capirono l’urgenza di ridurre la dipendenza dalle importazioni estere e di rafforzare l’autosufficienza energetica. Venne avviato un piano per modernizzare le infrastrutture e aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili, come l’eolico e il solare. L’episodio del 2003 fu quindi un “campanello d’allarme” che stimolò il paese a prendere provvedimenti per evitare che un evento simile potesse ripetersi in futuro.

Le richieste di risarcimento

I danni economici causati dal blackout del 28 settembre 2003 furono relativamente lievi, grazie al fatto che si verificò di domenica notte, sebbene molte persone subirono disagi significativi. La mancanza di energia elettrica portò, per esempio, alla non funzionalità di freezer e frigoriferi, con la raccomandazione di gettare il cibo dopo dodici ore.

Numerosi consumatori decisero di citare in giudizio l’Enel per i danni subiti, poiché l’azienda era responsabile della distribuzione dell’energia elettrica. La Carta Servizi di Enel Distribuzione S.p.A., come indicato nel sito della società, prevedeva un indennizzo automatico di 25 euro in caso di interruzione della fornitura di energia elettrica superiore a 6 ore. Secondo la Cassazione (ordinanza 20324/09), però, per ottenere un risarcimento era necessaria la prova concreta del danno. In un caso specifico, la Suprema Corte rigettò la richiesta di risarcimento di un utente, sottolineando che le lamentele non fossero sufficienti per giustificare un rimborso.

Inoltre, la Corte stabilì che l’Enel non poteva essere considerata responsabile, poiché si occupava solo della distribuzione dell’energia, mentre la trasmissione era di competenza del GRTN (oggi Terna). Le sentenze del tribunale di Santa Maria Capua Vetere confermarono che il blackout non era attribuibile all’Enel. Nonostante circa 90.000 cause intentate dai cittadini, i tribunali diedero ragione alla società, affermando che non vi era responsabilità diretta. L’Enel non provvide quindi a pagare rimborsi e, nel 2006, un tribunale stabilì che non era stata fornita prova del danno. Ciò portò a controversie legali e a un incremento delle spese per i consumatori. Il tentativo di avviare un’azione collettiva si scontrò con la complessità del sistema legale italiano.

Un’Italia più preparata… si spera!

Oggi, a distanza di oltre 20 anni, il blackout del 28 settembre 2003 resta un ricordo indelebile, soprattutto per chi ha vissuto quella giornata. Nonostante i miglioramenti nel campo della produzione e distribuzione di energia, l’Italia è ancora vulnerabile agli imprevisti climatici e a guasti tecnici. La lezione più importante che abbiamo imparato? Anche un semplice albero può fare la differenza. Non ci resta che sperare che il prossimo blackout, se mai ci sarà, arrivi quando stiamo tutti dormendo.

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