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ACCADDE OGGI – 21 agosto 1964: Togliatti muore a Yalta

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Morì in vacanza, Palmiro Togliatti, esattamente 55 anni fa, il 21 agosto del 1964. L’allora segretario del Partito Comunista Italiano, di cui fu leader storico, si trovava a Yalta, città della Crimea (oggi Ucraina, all’epoca Unione sovietica), famosa per la conferenza che si tenne quasi 20 anni prima, sul finire della Seconda Guerra Mondiale (nel febbraio 1945), in occasione della quale i capi politici dei tre principali paesi Alleati presero decisioni molto importanti sul proseguimento del conflitto, sull’assetto futuro della Polonia, e soprattutto sull’istituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. 

Yalta fu dunque un simbolo della rinascita dal conflitto mondiale e della divisione del mondo in due blocci: in Italia, dopo la lotta di liberazione e il sostegno degli americani, accompagnò l’inizio della Repubblica e il ripristino delle istituzioni democratiche. Il partito comunista, che Togliatti diresse già negli anni dell’avvento del regime fascista (dal 1927 al 1934, preceduto da Antonio Gramsci che poi fu incarcerato e morì nel 1937), fu una delle forze politiche più rappresentative in quel periodo e fu guidato proprio da Togliatti, ininterrottamente dal 1938 dopo una breve parentesi affidata a Ruggiero Grieco.

I funerali di Togliatti, che era nato a Genova nel 1893, furono oceanici, a testimonianza di un forte legame con l’elettorato, paragonabile con quello dimostrato molti anni dopo per l’ultimo saluto a un altro leader del PCI, Enrico Berlinguer.

Che Togliatti dovesse morire proprio in Unione sovietica era forse nel destino, visto il forte legame che soprattutto in quegli anni intercorreva tra i comunisti italiani e il regime di Mosca. Il leader, noto anche per le sue capacità di mediatore fra le varie anime del partito, era stato il rappresentante italiano all’interno del Comintern, l’organizzazione internazionale dei partiti comunisti attiva dal 1919 al 1943. Per questo si meritò lo pseudonimo di «giurista del Comintern», attribuitogli da Lev Trotskij in persona, mentre successivamente Stalin gli offrì addirittura la carica di segretario generale del Cominform (il nuovo organo che sostituì il Comintern), nel 1951.

Togliatti però rifiutò, preferendo restare alla testa del partito in Italia e cominciando a nutrire dei dubbi sulla politica del leader sovietico, fatto che gli farà approvare in pieno la linea di Nikita Khruščëv al XX congresso del PCUS. A testimoniare il suo forte legame con la Russia (peraltro molto discusso, all’epoca) c’è anche un fatto curioso: in Russia esiste infatti una città a lui intitolata, chiamata Togliatti (in cirillico Тольятти) e in Italia nota erroneamente col nome di Togliattigrad. Fondata nel 1737 con il nome di Stavropol’-na-Volge, la città che oggi conta quasi un milione di abitanti fu cambiata appunto in Togliatti, immediatamente dopo la morte del politico italiano. In quel periodo vi venne anche costruito uno stabilimento produttivo della Fiat.

La storia di Togliatti è peraltro legata a quella del Lingotto: culturalmente si formò nella Torino dei primi decenni del ‘900, quando sorgevano le prime officine Fiat e il mondo operaio iniziava le sue battaglie.

Tornando alla politica italiana, dal 1944 al 1945 Togliatti ricoprì la carica di vicepresidente del Consiglio e dal 1945 al 1946 quella di ministro di Grazia e Giustizia – che fece approvare la famosa amnistia degli ex fascisti – nei governi che ressero l’Italia dopo la caduta del fascismo.

Membro dell’Assemblea Costituente, dopo le elezioni politiche del 1948 (anno in cui sopravvisse miracolosamente anche ad un attentato all’uscita da Montecitorio) guidò il partito all’opposizione rispetto ai vari governi che si succedettero sotto la guida della Democrazia Cristiana, proponendo la famosa “via italiana al socialismo”, cioè la realizzazione del progetto comunista tramite la democrazia, ripudiando l’uso della violenza e applicando la Costituzione italiana in ogni sua parte.

Togliatti dal 1948 fu sentimentalmente legato (tra mille polemiche, per il fatto che era già sposato e per l’austerità moralistica che all’epoca contraddistingueva il PCI) alla collega di partito Nilde Iotti, prima donna nella storia dell’Italia repubblicana a ricoprire alla fine degli anni ’70 una delle tre massime cariche dello Stato, la presidenza della Camera dei deputati.

Il 21 agosto di 55 anni fa se ne andò così una figura di spicco della storia politica italiana, una figura controversa (per i suoi rapporti con l’Urss) ma indiscutibilmente un leader di prima grandezza.

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