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Accadde Oggi – 15 agosto 1971: Il Nixon Shock mette fine al sistema Bretton Woods e alla convertibilità dollaro-oro

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Il 15 agosto 1971 è una data che ha segnato profondamente la storia economica mondiale. In questo giorno di Ferragosto di 53 anni fa, il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon, dalla residenza di Camp David, annunciò la fine della convertibilità del dollaro in oro, decretando la conclusione del sistema di Bretton Woods. Questo evento, noto come “Nixon Shock“, ha avuto conseguenze profonde e durature sull’economia globale, inaugurando un’era di instabilità valutaria e speculazione finanziaria che persiste fino ad oggi.

Il sistema di Bretton Woods: origine e funzionamento

Il sistema di Bretton Woods nacque nel luglio 1944, durante la Conferenza di Bretton Woods, nel New Hampshire, con la partecipazione di rappresentanti di 44 nazioni. Lo scopo principale era creare un nuovo ordine monetario internazionale che garantisse la stabilità dei tassi di cambio, prevenisse svalutazioni competitive e favorisse la crescita economica globale. Il sistema si basava su tassi di cambio fissi, con il dollaro statunitense come valuta di riferimento, convertibile in oro a un tasso fisso di 35 dollari per oncia. Gli Stati Uniti si impegnavano a sostenere ogni dollaro in circolazione con riserve auree.

Questo sistema mirava a limitare le speculazioni eccessive e a evitare mobilitazioni di capitali su larga scala, con l’intento di prevenire crisi sistemiche come quella del 1929 e la successiva Grande Depressione.

Per i primi anni dopo la Seconda Guerra Mondiale, il sistema di Bretton Woods funzionò con successo. Le economie di Europa e Giappone si stavano ricostruendo grazie al Piano Marshall e la domanda di dollari per l’acquisto di beni americani era alta. Gli Stati Uniti, che possedevano oltre la metà delle riserve auree mondiali alla fine della guerra, sembravano in una posizione di forza inespugnabile.

La crisi del sistema e il declino del dollaro

Negli anni ’60, tuttavia, il panorama economico globale iniziò a cambiare. La ricostruzione di Europa e Giappone portò a un calo della quota degli Stati Uniti nella produzione economica mondiale, passando dal 35% al 27% tra il 1950 e il 1969. Inoltre, la guerra del Vietnam e la crescente inflazione monetaria causata dalla Federal Reserve provocarono un aumento del debito pubblico e una progressiva svalutazione del dollaro. La fiducia nel sistema di Bretton Woods iniziò a vacillare.

Le critiche al sistema di Bretton Woods si fecero più forti, in particolare da parte della Francia, che considerava il dollaro come un “privilegio esorbitante” per gli Stati Uniti. Il presidente francese Charles de Gaulle fu tra i primi a chiedere il rimborso delle riserve in dollari della Francia in oro, esacerbando ulteriormente la crisi. Entro il 1971, le riserve auree statunitensi erano scese a livelli critici, mentre le richieste di conversione del dollaro in oro da parte di altri paesi continuavano a crescere.

Il “Nixon Shock”: la fine della convertibilità del dollaro in oro

Il 15 agosto 1971, di fronte a una crisi economica e valutaria sempre più grave, il presidente Nixon decise di agire. In un discorso televisivo, annunciò una serie di misure drastiche, tra cui la sospensione della convertibilità del dollaro in oro. Questa decisione consentì agli Stati Uniti di tornare a stampare moneta senza l’obbligo di possedere riserve auree corrispondenti al denaro in circolazione.

Di conseguenza, le banche centrali straniere non avrebbero più potuto scambiare i loro dollari con oro, rompendo il legame tra il dollaro e il metallo prezioso. Nixon impose anche un congelamento dei prezzi e dei salari per 90 giorni e introdusse un sovrapprezzo del 10% sulle importazioni, nel tentativo di stabilizzare l’economia americana.

La decisione di Nixon fu accolta con favore dal pubblico americano e dalla comunità politica, ma le conseguenze economiche furono devastanti a lungo termine. La fine di Bretton Woods segnò l’inizio di un periodo di grande instabilità valutaria. I tassi di cambio iniziarono a fluttuare liberamente, e il mondo entrò nell’era delle valute fiat, ovvero monete il cui valore non era più legato a una risorsa fisica come l’oro, ma alla fiducia dei mercati.

Le conseguenze economiche globali

L’impatto del “Nixon Shock” si fece sentire immediatamente. La fine del sistema di cambi fissi portò a una svalutazione significativa del dollaro, che perse un terzo del suo valore durante gli anni ’70. La Germania e il Giappone furono tra i primi paesi a reagire, con la Germania che lasciò il sistema di Bretton Woods già nel maggio 1971, seguita da altri paesi. Le riserve valutarie della Banca Centrale Giapponese aumentarono rapidamente, ma nemmeno interventi su larga scala riuscirono a prevenire la svalutazione del dollaro.

Le speculazioni contro il dollaro aumentarono, portando a una destabilizzazione dei mercati finanziari globali. La nuova era di cambi fluttuanti rese più difficile per i governi mantenere la stabilità economica interna, contribuendo all’aumento dell’inflazione e alla cosiddetta “stagflazione” degli anni ’70, caratterizzata da alta inflazione e bassa crescita economica.

Il lascito del “Nixon Shock”

Il “Nixon Shock” è spesso considerato un successo politico per Nixon, che riuscì a ottenere il sostegno dell’opinione pubblica americana e a dare una temporanea scossa positiva all’economia statunitense. Dal punto di vista economico, però, le conseguenze furono disastrose. La recessione del 1973-1975, la stagflazione e l’instabilità delle valute fluttuanti furono tutti effetti collaterali di quella decisione.

Nel dicembre 1971, l’accordo di Smithsonian cercò di ricalibrare il sistema monetario internazionale, ma entro il 1973 i tassi di cambio fissi furono abbandonati definitivamente a favore di un sistema di cambi fluttuanti. Ancora oggi, il lascito del “Nixon Shock” si fa sentire: l’era della globalizzazione e della finanza internazionale che ne seguì ha continuato a essere segnata da periodi di instabilità e crisi.

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