Oggi ricorre il quarantesimo anniversario della morte di Enrico Berlinguer, avvenuta l’11 giugno 1984. La sua scomparsa lasciò l’Italia in un profondo stato di lutto, segnando la fine di un’epoca per il movimento comunista italiano. Berlinguer, allora segretario del Partito Comunista Italiano (PCI), fu colpito da un ictus il 7 giugno mentre teneva un comizio in Piazza della Frutta a Padova, in vista delle elezioni europee.
L’ultimo discorso e il malore
Quel giorno, nonostante l’evidente malessere, Berlinguer concluse stoicamente il suo discorso con le parole: “Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda!”. La folla, preoccupata per le sue condizioni, gli chiese di fermarsi, ma Berlinguer, dimostrando grande determinazione, proseguì fino alla fine.
Dopo il comizio, fu portato in albergo dove cadde in coma. Ricoverato all’ospedale Giustinianeo in condizioni critiche, morì quattro giorni dopo, l’11 giugno, a causa di un’emorragia cerebrale.
Il saluto di Pertini e il funerale
Il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, si trovava a Padova e si recò immediatamente in ospedale per vedere Berlinguer. Dopo la sua morte, Pertini trasportò la salma a Roma sull’aereo presidenziale, dichiarando: “Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta“.
Al funerale a Roma il 13 giugno parteciparono oltre un milione di persone, una manifestazione senza precedenti nella storia repubblicana italiana. Erano presenti molte figure istituzionali e politiche internazionali, specialmente dell’area comunista, ma anche di altre estrazioni politiche.
Pertini rese un ultimo toccante saluto chinando la testa sulla bara di Berlinguer e baciandola tra gli applausi. Anche il suo grande rivale, Giorgio Almirante, segretario del Movimento Sociale Italiano, rese omaggio al feretro, suscitando sorpresa tra i presenti.
Il corteo funebre attraversò Roma, dalla sede del PCI in via delle Botteghe Oscure fino a Piazza San Giovanni, circondata da un mare di fazzoletti rossi e bandiere del Pci.
Berlinguer fu sepolto nel cimitero di Prima Porta a Roma, su suo desiderio, e non nel mausoleo del cimitero del Verano con altri dirigenti del Pci.
L’eredità di Enrico Berlinguer
Enrico Berlinguer era una figura di spicco nella politica italiana, noto per il suo carisma, la sua integrità e la sua capacità di dialogo con le altre forze politiche. Nato a Sassari il 25 maggio 1922, Berlinguer entrò giovanissimo nel Pci, diventandone segretario generale nel 1972. È ricordato per il suo impegno nel promuovere una via italiana al socialismo, il cosiddetto “compromesso storico” con la Democrazia Cristiana, e la sua ferma opposizione alla corruzione e ai privilegi della classe politica. Berlinguer introdusse anche la “questione morale“, sostenendo che la crisi sociale ed economica dell’Italia fosse dovuta alla corruzione, al clientelismo e alla spartizione delle cariche tra i partiti, soprattutto Dc e Psi. Questo tema divenne centrale nelle sue politiche e nell’ultimo comizio, dove denunciò la loggia massonica P2 e criticò un decreto del governo Craxi che riduceva la “scala mobile”, il sistema che adeguava i salari all’inflazione.
Probabilmente anche a causa della commozione collettiva per la sua scomparsa, alle elezioni europee del 17 giugno 1984, avvenute proprio pochi giorni dopo la sua morte, il Pci fu, per la prima e unica volta nella sua storia, il partito più votato d’Italia, ottenendo il 33,33% dei voti, contro il 32,96% della Democrazia Cristiana (DC). Negli anni precedenti, sotto la guida di Berlinguer, il PCI aveva già ottenuto i migliori risultati elettorali della sua storia, avvicinandosi molto alla DC, che governava ininterrottamente dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il suo massimo storico fu raggiunto alle elezioni politiche del 1976, con il 34,4% dei voti.