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ABìCinema: T come i Taviani, Troisi e Quentin Tarantino

ABìCinema: T come i Taviani, Troisi e Quentin Tarantino

Massimo Troisi: una meteora nel cinema italiano. Nel filone dei cosiddetti “nuovi comici” dei primi anni ’80 (insieme a Carlo Verdone) entra a valanga con il primo titolo di grande successo: Ricomincio da tre. Nel suo primo film riassume tutta la vasta esperienza teatrale napoletana svolta con il gruppo La Smorfia. Seguiranno altri successi: Scusate il ritardo dell’82, Non ci resta che piangere dell’84 fino al suo culmine come attore nel Il postino del 1994 (la regia è stata congiunta con Michael Radford)

Paolo e Vittorio Taviani hanno un posto d’onore nella storia del cinema italiano. Esordiscono nel ’69 con Sotto il segno dello scorpione, con Gian Maria Volontè e subito dopo, nel ’72, raggiungono il grande pubblico con San Michele aveva un gallo a cui segue Allosanfan. Sempre impegnati e attenti a tematiche sociali e politiche, seguono altri grandi successi che culminano con il recente Cesare deve morire, girato interamente nel carcere romano di Rebibbia con attori detenuti, non professionisti. Allo scorso Festival del Cinema di Venezia è stato premiato come miglior film restaurato La notte di S. Lorenzo, in omaggio alla scomparsa di Vittorio, avvenuta recentemente.

Ci sono poche volte in cui il titolo di un film si associa ad un genere: è il caso di Pulp Fiction del 1994, uno dei capolavori del regista americano Quentin Tarantino. Il genere è quello ispirato alla letteratura “pulp” (derivata dal tipo di carta molto grezza ed economica usate per stampare storie popolari negli Stati Uniti intorno agli anni ’40) dove si mescolavano varie componenti: dal poliziesco alla fantascienza, dall’orrore alle storie del West. Tarantino esordisce con un titolo poi divenuto un pilastro del cinema: Le iene, del 1992. Successivamente collabora a varie sceneggiature, tra le quali Assassini nati di Oliver Stone del ’94. Dopo una parentesi stilistica, peraltro ineccepibile, con Jackie Brown del ’97 ritorna ai grandi numeri della scena internazionale con i due volumi di Kill Bill nel 2003 e 2004. Tra gli ultimi lavori da ricordare: Bastardi senza gloria del 2009, Django Unchained del 2012 e The Hateful Eight del 2015.

A proposito di generi cinematografici, il thriller (dal verbo trill, rabbrividire) è uno tra i più rilevanti e di maggior successo. Gli ingredienti fondamentali sono quelli dell’orrore, della paura, dell’ignoto, spesso associati ad un mistero, ad un personaggio oscuro che diviene artefice di un delitto o protagonista di un evento anche paranormale. Alfred Hitchcock, Brian De Palma e Stanley Kubrick sono tra le firme più accreditate in questo genere: per il primo Psyco del ’60, il secondo con Carrie, lo sguardo di satana del ’86 e il terzo con Shining del 1980.

Nella storia del cinema italiano Totò merita un capitolo a parte. Nasce e si afferma nel teatro di avanspettacolo nel solco della commedia popolare, napoletana in particolare. Arriva al cinema intorno agli anni ’40 e si afferma sul grande schermo con i noti successi degli anni felici della commedia italiana: da Fifa e arena a Totò sceicco, un Turco napoletano e Siamo uomini o caporali?. Nel mezzo ci sono capolavori come Napoli milionaria di Edoardo De Filippo, L’oro di Napoli di Vittorio de Sica del ’54, I soliti ignoti di Mario Monicelli del ’58, per arrivare a Uccellacci e uccellini di Pier Paolo Pasolini del ’66.

Tra gli attori italiani, necessario ricordare poi Ugo Tognazzi. Esordisce in televisione intorno agli anni ‘50 con Raimondo Vianello per poi arrivare sul grande schermo alla regia di Il mantenuto (1961). Sono gli anni d’oro della commedia “all’italiana” dove si tratteggiano i caratteri dell’Italia del dopoguerra (I mostri del 1963 con la regia di Dino Risi). Con vari ruoli da protagonista o comprimario, è sempre un punto di riferimento tra i grandi attori del nostro Paese. Ricordiamo due tra i tanti titoli di successo: La grande abbuffata del ’73 di Marco Ferreri, la fortunata serie di Amici miei di Mario Monicelli del ’75 e La terrazza di Ettore Scola dell’80.

Infine, merita la citazione uno dei capolavori di Charlie Chaplin: Tempi moderni del 1936. E’ il film di maggior successo che segna la fine del cinema muto. L’ispirazione gli viene quando avverte la grave crisi economica in cui versa l’Europa (dove pure dilaga il nazismo e il fascismo) mentre negli Stati Uniti è in pieno svolgimento la grande depressione.

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