Per tornare a crescere l’Italia deve risolvere il nodo della competitività e recuperare una parte almeno di quel 25% perso nei confronti delle altre economie, in particolare la Germania. Così, in sintesi, la strada che indica l’Abi, attraverso il suo direttore generale Giovanni Sabatini, sentito in commissione Bilancio della Camera. Una occasione per ribadire che in questo contesto generalizzato di crisi, le banche non hanno mancato di sostenere l’economia (con un aumento degli impieghi alle aziende del 2,5% ) i titoli di Stato, le famiglie.
Sabatini non ha dubbi: “L’eccezionale sforzo dell’Italia per stabilizzare i conti pubblici sarà definitivamente premiato se si raccorderà con risposte di lungo periodo capaci recuperare almeno in parte quel 25% di competitività perduta”. Ed è proprio per questo motivo che l’Associazione bancari sostiene “con convinzione le azioni del Governo sia in termini di liberalizzazioni, che liberano potenziale di crescita nel settore dei servizi interni, sia per quanto concerne la riforma del mercato del lavoro, per quanto attiene alla riduzione di quei vincoli nell’utilizzo della forza lavoro che non consentono un pieno esplicarsi dei benefici delle innovazioni e spesso non consentono proprio di dar luogo alle innovazioni, ciò all’investimento in nuove tecnologie”.
Ma l’Abi insiste anche perché “si superi la debolezza strutturale del nostro sistema economico legata alla ridotta dimensione delle imprese: molte analisi, anche di Banca d’Italia – sottolinea Sabatini – insistono sul fatto che una ridotta dimensione delle imprese produce esternalità negative sul processo innovativo”. Attenzione rivolta poi alla pubblica amministrazione. “Riteniamo che particolare enfasi debba essere data al compito di modernizzare la nostra pubblica amministrazione, in particolar modo per quanto concerne l’efficienza della giustizia civile”, dice Sabatini.
Che poi affronta una delle questioni centrali, il lavoro: “Le nostre azioni devono tenere sotto osservazione anche il il costo unitario del lavoro sul quale agiscono certamente e pesantemente anche componenti extra-salariali (contributive e fiscali, a riflesso dei problemi della finanza pubblica) ma che deve avere una evoluzione più legata a quella della produttività. Con una perdita accumulata di 25 punti di competitività rispetto alla Germania, è necessario – spiega il direttore generale dell’Abi – che il costo del lavoro evolva lungo traiettorie aventi ad obiettivo un tasso di inflazione inferiore a quello della Germania. Nostre simulazioni, fino al 2020, mostrano che se l’Italia assumesse nei prossimi 9 anni un obiettivo di inflazione annuo inferiore di 6 decimi di punto a quello tedesco, al 2020 la perdita di competitività rispetto alla Germania si ridurrebbe dal 25 al 18%; se perseguisse un obiettivo più ambizioso di una minore inflazione annua per 1 punto percentuale, la minore competitività si limiterebbe al 14%. In questo modo l’Italia tornerebbe ad approfittare del potenziale del commercio estero”.
Quanto ai nuovi requisiti patrimoniali richiesti al sistema bancario, Sabatini è netto: “L’abbiamo ripetuto più e più volte, l’intervento di fine 2011 dell’Eba non ha reso e non renderà più facile un ritorno ad una normale erogazione di prestiti all’economia. Dunque sia con i provvedimenti presi (regole sulla patrimonializzazione di fine 2011) sia con quelli non presi le banche dei paesi in difficoltà sono state lasciate sole ad affrontare gli effetti del contagio dei titoli sovrani. Per fortuna l’azione della banca centrale europea è stata tempestiva ed efficace, ed ha supplito ad errori di altri attori della politica economica europea”.
“In ogni caso, nei mesi passati, di grande travaglio per il Paese, le banche italiane sono state accanto allo Stato, alle imprese e alle famiglie – conclude Sabatini -. Nella seconda metà del 2011, nel pieno della tempesta finanziaria sui nostri titoli, le banche hanno aumentato il proprio portafoglio di titoli di Stato per 16 miliardi di Euro. Nel corso del 2011, gli impieghi a imprese italiane sono aumentati del 2,5%, nella media dell’Area dell’Euro sono cresciuti dell’1,1%, in Spagna sono diminuiti del 4,7%. E sempre l’anno scorso gli impieghi a famiglie italiane sono cresciuti del 3,7%, mentre nella media dell’Area dell’Euro sono aumentati dell’1,5%, in Spagna sono diminuiti del 2,1%.”