Il predominio dei mercati finanziari sull’economia globale non è ancora finito. E ieri il monvimento Occupy Wall Street (Ows) è tornato in strada a far sentire la propria voce contro l’egemonia delle banche. Lo slogan è stato “A day without the 99 percent”, un invito al 99% dei lavoratori americani a fare uno sciopero generale contro l’un per cento di milionari (il primo maggio infatti negli Usa è una normale giornata lavorativa dal momento che il Labor day si festeggia il primo lunedì di settembre).
E i dati danno ragione agli occupiers: JPMorgan, Jpm, Bank of America Corp, Citigroup, Wells Fargo e Goldman Sahcs insieme possedevano, alla fine del 2011, circa 8.500 miliardi di assets. Secondo la Federal Reserve questo valore corrisponde al 56% del Pil americano, e nel 2006 era solo un 43%. Per questo migliaia di persone, da nove mesi, sfilano sulla quinta strada. Ma la polizia stanotte ha arrestato oltre 30 persone a New York, e più di venti sulla West Coast – di fatto le manifestazioni si sono svolte in oltre 100 città degli Stati Uniti.
Il grande merito del movimento del Zuccotti Park è quello di essere riuscito a mettere in evidenza il problema delle disuguaglianze sociali nella società americana. Il loro motto “tassate i ricchi”, si è diffuso rapidamente anche in Europa, dove i movimenti Occupy iniziano a farsi sentire. Ora bisogna vedere se i loro accorgimenti riusciranno a trasformarsi in qualcosa di concreto e se il movimento riuscirà a negoziare con i politici per ottenere risultati. Di fatto manca loro un’organizzazione più strutturata da partito politico.
Secondo Federico Rampini di Repubblica, Ows avrebbe degli “insider” all’interno delle banche che starebbero premendo per una riforma dei mercati e un aumento delle regolamentazioni e facendo lobby sul Congresso e sulle authority. Sono notevoli i consensi che il movimento riceve da parte di economisti e intellettuali. Pochi giorni fa infatti è uscito negli Stati Uniti (ed è disponibile su Amazon) il libro che raccoglie articoli di oltre 60 studiosi sui temi cari al movimento: dalla povertà, alle differenze di reddito, fino alla proposta di un modello di sviluppo alternativo. Tra le firme più note che hanno contribuito all’Occupy Handbook il premio Nobel Paul Krugman, gli economisti Robin Wells e Nouriel Roubini e l’antropologo anarchico che ha fondato il movimento David Graeber.