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A Bellinzona gli operai svizzeri scioperano contro gli italiani a basso costo

Lo hanno già chiamato lo sciopero anti-Italia e, al di là delle esagerazioni retoriche e delle dichiarazioni più o meno di facciata, lo sciopero che ha tenuto con le braccia incrociate gli operai edili del Canton Ticino, a Bellinzona, ha tutti i connotati di una protesta contro imprese e lavoratori italiani.

La pietra dello scandalo giunta a turbare la proverbiale pace sociale svizzera è l’invasione di artigiani e piccoli imprenditori nostrani, specialmente lombardi, che hanno preso d’assalto il mercato edilizio elvetico (sono 11mila i lavoi affidati a ditte italiane e 54mila gli italiani che lavorano come dipendenti in Ticino), approfittando dell’opportunità, concessa alle imprese straniere dagli accordi del 2009 tra Berna e l’Ue, di aggiudicarsi appalti sul suolo svizzero. Una vera e propria invasione che ha avuto, come conseguenza principale, quella di far crollare prezzi e salari.

Come afferma Sergio Aureli, dirigente di Unia, il maggiore sindacato dei lavoratori del Canton Ticino, “con l’arrivo in massa delle ditte italiane i prezzi di mercato sono precipitati del 35-40%“. Aureli ci tiene però a chiarire che “il nostro è uno sciopero contro chi non rispetta le regole”, per evitare che il settore delle costruzioni possa diventare “terreno di conquista per speculatori senza scrupoli che arrecano danni all’economia e alimentano fenomeni di sfruttamento e di messa in concorrenza tra salariati”.

Quello che si contesta agli italiani, protagonisti negativi anche dei primi episodi di caporalato nella Svizzera italiana, è soprattutto il caso dei “dipendenti mascherati da lavoratori autonomi attraverso una fittizia catena di subappalti”, per aggirare i paletti salariali posti dalla legge svizzera.

Fausto Cacciatori, presidente di Cna Lombardia, sigla di piccoli imprenditori, è intervenuto in difesa della categoria: “Quella di domani è un’iniziativa che non quadracol marketing aggressivo posto in atto soprattutto dal Canton Ticino. Solo qui un centinaio di imprese hanno delocalizzato grazie a promesse di sgravi fiscali, burocrazia snella e infrastrutture efficienti. Ciò che sta accadendo rientra nelle normali dinamiche di risposta ai grandi cambiamenti degli ultimi dieci anni. Chi ha il dovere di verificare eventuali irregolarità lo faccia; questo vale sia per l’Italia che per la Svizzera”.

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