La crisi edilizia frena la corsa della ceramica italiana, fiore all’occhiello del made in Italy, uno dei settori trainanti della nostra economia. “Siamo alle ricerca di un mercato che non c’è”, commenta Franco Stefani, patron di System Group, a margine del taglio del nastro della trentesima edizione di Cersaie, la fiera internazionale del settore in corso a Bologna fino al 29 settembre.
I dati confermano che la congiuntura è difficile anche per dei numeri uno come i “piastrellisti” nostrani: le vendite nel primo semestre 2012 sono scese dello 0,56%, sostenute comunque dal buon andamento dell’export (+4,74%), soprattutto extra UE (+12,98%), mentre nella UE le cose non sono andate altrettanto bene (-1,43%). E questa è la parte più sana dell’industria italiana, che si riunisce in una delle aree più ricche del paese, Bologna. Eppure, anche qui, autostrada e tangenziale che conducono all’ingresso della Fiera sono intasate, sintomo di un ritardo infrastrutturale duro a morire. Eppure il taglio, o meglio la frantumazione del nastro, avviene addirittura a sette mani (sette forbici), in modo da lasciare una fettina di prima fila a ognuno dei protagonisti. Insomma per un settore che invoca snellimento della burocrazia, riduzione delle spese energetiche e del peso fiscale, c’è di che riflettere.
Dettagli a parte, Cersaie anche quest’anno riesce a battere qualche record: l’area espositiva occupata è di 176mila metri quadrati e per la prima volta su 909 espositori circa 300 sono stranieri (oltre il 30%), provenienti da 32 nazioni dei cinque i continenti. Le imprese di piastrelle sono 474 (52,1% degli espositori), quelle dell’arredo bagno 292 (32,1%) e a seguire le aziende di materie prime, attrezzature per la posa, editoria e servizi. Un appuntamento fondamentale per chi lavora in quest’ambito, reso più importante quest’anno dal fatto che una parte consistente delle imprese che ha sede in Emilia è stata colpita dal sisma del maggio scorso. “Nella sfortuna – osserva Franco Manfredini, Chairman di Confindustria Ceramica – le imprese del nostro settore sono relativamente fortunate, perché hanno più stabilimenti e hanno potuto trasferire altrove le produzioni bloccate dal sisma”. L’assessore regionale alle attività produttive Gian Carlo Muzzarelli sceglie la ribalta di Cersaie per mettere a tacere chi lamenta ritardi nei fondi per la ricostruzione e annuncia: “dal primo gennaio 2013 saranno operativi 6 miliardi per il terremoto. Tre miliardi destinati alla ricostruzione edilizia e tre miliardi alle imprese e pagheremo per passi di avanzamento lavori”. Per Giorgio Squinzi, numero uno di Confindustria, è necessario però che il Governo faccia un passo ulteriore verso i terremotati: “il periodo di ‘vacanza fiscale’ fino a novembre è troppo riduttivo, bisogna allungarlo” dice.
I bisogni del settore vengono poi esaminati nel convegno inaugurale “Ripartire dal made in Italy”. Secondo Manfredini questo significa “che l’Italia deve puntare su settori competitivi come il nostro e aiutarli ad esserlo ancora di più. E poi dobbiamo riflettere sulla globalizzazione: una delocalizzazione selvaggia impoverisce tutti. Made in Italy vuol dire anche questo”. Inoltre bisogna ridurre i costi dell’energia, ma anche combattere il sommerso “senza tanto guardare ai Suv o fare blitz nei ristoranti – sostiene Squinzi – offrendo invece ai cittadini la possibilità di dedurre i lavori che vengono fatti in casa”. Il peso fiscale per le imprese è troppo gravoso: “del 20% più alto rispetto ai principali concorrenti europei”. Bene intanto “l’ipotesi di sgravi per le aziende che esportano, ma è importante procedere in modo complessivo, incentivando la produttività delle imprese con decontribuzioni e detassazioni”.
I rapporti degli imprenditori con il Governo Monti sembrano ancora tiepidi: “Spesso le nostre imprese vengono sollecitate ad essere più competitive – aggiunge Manfredini – ma credo che questa attenzione andrebbe rivolta al settore pubblico, visti gli scandali di questi giorni. Ci aspettavamo una spending review più incisiva”. Secondo il Ministro Filippo Patroni Griffi quanto fatto dal Governo fin qui produrrà un 4% di pil in più 10 anni e poi ci sono una serie di misure al vaglio del prossimo Consiglio dei Ministri fra cui l’importante standardizzazione delle procedure in tutte le Regioni e i Comuni su edilizia e autorizzazioni ambientali, infine, ribadisce, è importante la riduzione delle Province e bisogna “mettere mano al sistema regionale”.
Per il futuro? “Sono un europeista convinto e totale – dice Squinzi – e lì sta il nostro domani, perché la concorrenza è fra macro aree economiche e territoriali e la nostra è l’Europa. Abbiamo una leadership mondiale da mantenere e la direzione è quella degli Stati Uniti d’Europa, per questo obiettivo, che ha sicuramente dei tempi lunghi, tutti devono rinunciare a quote di sovranità. Penso che cinque siano i passi da compiere: una BCE che abbia i poteri di tutte le altre banche centrali; una politica di welfare uniforme; politiche fiscali omogenee; politiche infrastrutturali comuni; politiche europee per l’energia. Sono comunque abbastanza ottimista per il nostro futuro”. La ripresa arriverà? “Qualcosa – conclude- nella seconda parte del 2013”.