Alla vigilia del Tour Bradley Wiggins era dato favorito su tutti gli altri perché il percorso del Tour regalava a lui, ex pistard e fortissimo crono-man, un abbuono carico di minuti preziosi grazie agli oltre 100 km di cronometro previsti nell’edizione di quest’anno della Grande Boucle. E come era già accaduto nella Parigi-Nizza, nel Tour de Romandie e nel Giro del Delfinato, al corridore inglese è bastato vincere le due tappe contro il tempo di Besançon e oggi di Chartres per trionfare nel Tour con un margine di 3’21” sul coequipier Froome e di 6’19” su Nibali. Per il re in maglia gialla c’è solo da attendere l’incoronazione ufficiale domani a Parigi.
Un podio, quello di quest’anno, in cui i distacchi sono stati praticamente fissati nelle due crono. Di più Wiggins non ha fatto, sempre alla ruota dei suoi scudieri, mai uno scatto nei 3.400 km in linea che desse l’impressione di voler lasciare il segno su terreni diversi dalla sua specialità. Ecco perché, anche se non necessaria ai fini di una classifica che già lo vedeva primo, l’impresa di oggi – unico corridore a toccare i 50 km all’ora di media sulla distanza di 53,5 km tra Bonneval e Chartres – è servita a dare spessore a una maglia gialla che nei momenti topici sulle Alpi e sui Pirenei ha avuto una defaillance di credibilità, accusando qualche amnesia di troppo di fronte agli scatti imprevisti del suo compagno-rivale Chris Froome.
Solo la ragion di squadra ha indotto Froome a desistere aspettando il suo capitano. I fatti sono arcinoti. Forse Froome, secondo oggi a 1’16”, non avrebbe ugualmente colmato il distacco che ha in classifica da Wiggins (anche per colpa di quel minuto e mezzo perso per la caduta a Seraing), ma la sua iniziativa, non fosse stata bloccata, avrebbe potuto dare una scossa a un Tour risultato tra i più monotoni, sempre in attesa di qualcosa che non è mai accaduto, rinviando al giorno dopo l’attacco che non c’è mai stato. Fuoco amico a parte di Froome, Nibali è stato il più vivace rivale di Wiggins: almeno ci ha provato due o tre volte finché i dolori muscolari l’hanno indotto a una condotta più prudente. Ha comunque saldamente difeso il terzo posto in classifica che vale il podio sui campi Elisi.
Nella crono di Chartres è arrivato 16esimo a 3’38” da Wiggins ma con un tempo nettamente migliore di quello di Jurgen van de Broeck, quarto nella generale. Ripercorrendo il film del Tour che domani si concluderà a Parigi, emerge che senza le tre crono Nibali avrebbe un distacco da Wiggins di appena 18”, quelli persi nell’ascesa a Peyragudes. Altro grande favorito con Wiggins alla vigilia del Tour, Cadel Evans è letteralmente imploso nell’ultima settimana di corsa: a Chartres ha accumulato un ulteriore ritardo di quasi 6 minuti che lo ha fatto scivolare al settimo posto della classifica a 15’51” dalla maglia gialla, scavalcato anche dallo spagnolo Haimar Zubeldia. A consolare quelli della Bmc, la squadra capitanata da Evans, è stata l’ottima prova di Tejay Van Garderen, quinto in classifica, maglia bianca come migliore giovane del Tour.
Una maglia per la quale erano in lizza altre sicure promesse come i francesi Pierre Rolland e Thibaut Pinot, vincitori di tappe di montagna, il primo a La Toussuire, il secondo a Porrentruy, ma meno regolari e polivalenti del corridore americano della Bmc, comunque ben piazzati nella generale, Rolland ottavo, Pinot decimo. Discorso a parte, tra i giovani, merita Peter Sagan: lo slovacco, vittorioso in tre tappe, si è confermato un’esplosiva realtà del ciclismo mondiale. Ma sulle montagne è ancora troppo inadatto per essere un uomo da classifica. Chiude il Tour 43esimo a un’ora e 38 minuti da Wiggins. Ha tempo però per diventarlo. E saranno dolori per tutti.
Domenica tappa finale da Rambouillet a Parigi. Sarà l’ultima sontuosa volata che questo Tour, arido di emozioni in montagna, offrirà nello scenario dei Campi Elisi: i grandi velocisti presenti, da Cavendish a Greipel, da Goss a Sagan, hanno loro sì sempre dato spettacolo. Per lo sprint finale i bookmaker quotano Cavendish a 1,5; Greipel a 4; Goss a 9,50; Sagan a 11; Tyler Farrar, sfortunatissimio in questo Tour, a 40. Per la prima volta in 109 anni le note del “God save the Queen” accompagneranno l’alza bandiera con i colori dell’Union Jack per celebrare la prima vittoria inglese al Tour. Vittoria di un uomo, Bradley Wiggins, che eguaglia anche un primato che sembrava appartenere solo a un mito del ciclismo come Fausto Coppi, quello di abbinare la maglia gialla a quella iridata di campione mondiale di inseguimento su pista. Ma vittoria anche di squadra: una supremazia quella del Team Sky che ha pochi precedenti nella storia recente del Tour, uno strapotere confermato anche oggi sotto l’imponente architettura della cattedrale di Chartres con tre Sky nei primi cinque posti della crono. Un trionfo (primo e secondo in classifica, cinque vittorie di tappe) che non viene scalfito da una classifica generale per squadre che vede la Sky preceduta per 6 minuti dalla Radioshack-Nissan, grazie ai piazzamenti di Haimar Zubeldia (sesto), di Andreas Kloden (11esimo) e di Christopher Horner (14esimo e quasi 41 anni portati benissimo).