Ad Atene ha vinto la paura. Tra il partito conservatore Nuova Democrazia che assicura un futuro di sacrifici ma sotto l’egida sicura dell’Europa e il partito radicale Syriza, che invece proponeva, in salsa vagamente populista, riforme coraggiose e alternative, il primo ha avuto la meglio. Nd, guidato da Antonis Samaras, ha vinto le elezioni con il 29,7% che, grazie al premio di maggioranza di 50 seggi, corrisponde a 129 sulle 300 poltrone del Parlamento. Grande soddisfazione anche dall’Europa, che aveva esercitato una notevole pressione affinché Nd risultasse il partito vincente. Lo sfidante, il radicale Alexis Tsipras ha però ottenuto il 27% dei voti, con 71 seggi: non male per un partito che lo scorso anno non superava il 7% delle preferenze. I socialisti del Pasok hanno ottenuto il 12,3% con 33 seggi, i Greci Indipendenti, partito liberale, prendono il 7,5% e 20 seggi, mentre Sinistra democratica ha guadagnato il 6,25% e 17 seggi e i comunisti del Kke il 4,5% e 12 seggi.
C’è anche un altro fenomeno da non sottovalutare. Ad Atene ha vinto anche la paura per il nemico interno: negli ultimi mesi sono aumentate vertiginosamente le violenze verso gli immigrati, diventati il capro espiatorio dall’acuirsi della crisi. A fomentarle, la propaganda razzista del partito neo-nazista, Alba Dorata, che si è confermato in Parlamento con il 6,92% dei voti (18 seggi). Il problema della sicurezza interna preoccupa anche Samaras: “Mentre le famiglie greche fanno fatica ad arrivare a fine mese, Syriza offre agli immigrati sussidi di disoccupazione e documenti. L’invasione massiva di immigranti si fermerà e inizierà un ritorno di massa verso le loro patrie”.
Ma con 129 seggi su 300, Nd non riuscirà a formare un governo monocolore e dovrà moderare i toni estremi. Il presidente della Repubblica Karolos Papoulis affiderà oggi a Samaras l’incarico di formare il nuovo governo entro tre giorni. La fretta è d’obbligo dal momento che la Grecia deve trovare 11 miliardi di euro entro fine mese e per questo deve tornare al tavolo con le autorità europee il prima possibile. Eppure non è una faccenda scontata. Se da una parte Samaras può contare sull’appoggio del partito socialista Pasok (33 seggi), dall’altra il leader Venizelos ha imposto come condizione l’inclusione degli altri due partiti di sinistra, Sinistra Democratica e Syriza per formare un governo di coalizione nazionale.
Difficile però che Tsipras accetti, dal momento che ha ribadito nuovamente che non prenderà accordi con chi non rifiuta il memorandum. Ma almeno su questo punto, gli si può riconoscere una piccola vittoria. Alle scorse elezioni Samaras proponeva addirittura di aumentare le misure di austerità, mentre da qualche settimana parla di rivedere alcuni punti dell’accordo e puntare alla crescita. Il leader di Nd però ha dichiarato: “Rispetteremo le nostre firme e gli impegni presi dalla Grecia e lavoreremo per far uscire il Paese dalla crisi. Non si mette in alcun dubbio l’appartenenza della Grecia all’Europa”. Dunque, erano solo frasi da campagna elettorale? Secondo i suoi detrattori, Samaras è un opportunista che ha sempre messo il proprio interesse personale davanti a quello della nazione. Non bisogna dimenticare che Nuova Democrazia e Pasok sono gli stessi partiti che per anni hanno falsificato i bilanci della Grecia e hanno portato il Paese sull’orlo del default.
Ma oggi i tempi sono diversi, l’Ue parla di Fiscal compact e unione bancaria: l’Europa dovrebbe avere maggiori poteri per controllare che la Grecia rispetti le regole. Ma, per avere una risposta definitiva, si dovrà aspettare il prossimo vertice Ue a fine giugno.