Staccato anche se con onore a Pampeago, per tutto il Giro sempre tra i primi 15 della classifica ma mai preso in considerazione dagli addetti ai lavori e dai bookmaker, ecco il corridore che non ti aspetti, quello che attacca sul Mortirolo, resiste sui tornanti infiniti dello Stelvio, trionfa sul passo più alto del Giro e alla vigilia dell’ultima tappa entra autorevolmente nel novero di chi lo può vincere: è il belga Thomas De Gendt, classe 1986, che sbuca quasi dal nulla e va a un passo dal far saltare il banco prima della cronometro finale di Milano. Una cavalcata fantastica che ha messo lo scompiglio tra tutti i big che sulla salita dello Stelvio stavano sudando e spendendo le ultime energie consumate nei 219 km di una tappa spettacolare. Rodriguez aveva ancora la forza di uno scatto nel finale che consentiva alla maglia rosa non solo di contenere a 3’22” il distacco dallo scatenato De Gendt, ma anche di guadagnare altri 12” su Scarponi e 14” su Hesjedal, secondi preziosissimi per distanziare il canadese in vista dell’ultima frazione contro il tempo.
Classifica alla mano, nemmeno lo Stelvio – arbitro supremo e inappellabile in altre occasioni memorabili a partire dalla leggendaria impresa di Coppi nel Giro del 1953 – è riuscito a scrivere la parola fine alla corsa rosa di quest’anno: anzi più che un giudice, il maestoso passo si è trasformato in un abile regista di gialli che vuole confondere le carte fino in fondo, gettando nella mischia un inatteso terzo incomodo, De Gendt, un autentico “bad client”, nella sfida a due che si profilava sulle strade di Milano tra Hesjedal, favoritissimo dopo il perentorio allungo di Pampeago, e Rodriguez.
I numeri parlano chiaro: con la splendida galoppata fino ai 2.758 metri dello Stelvio, De Gendt è risalito in classifca al quarto posto a 2’18” da Rodriguez, che a sua volta ha riportato a 31” il vantaggio su Hesjedal. Dipenderà molto da come si riusciranno a smaltire le fatiche accumulate in questi giorni, ma – a prescindere da questa incognita – ricordando l’eccellente prova di De Gendt nella cronometro di Grenoble nell’ultimo Tour vinto da Cadel Evans, l’odierno exploit del belga aggiunge pepe e suspense sull’esito finale del Giro. Hesjedal, che fu deludente a Grenoble, è nel frattempo migliorato di molto e ha fatto meglio del belga per 2 secondi nel cronoprologo di 8,7 km di Herning. Di certo Rodriguez che, facendo la somma delle ultime due tappe di grande montagna, ha guadagnato solo un secondo sul canadese, dovrà dare l’anima perché in Piazza del Duomo si ascolti di nuovo l’inno spagnolo in onore della maglia rosa. Meno preoccupato Purito è apparso nei confronti della minaccia portata da De Gendt: “E’ a 2’ 18”: non penso di perdere così tanto”.
Rodriguez, Hesjedal e De Gendt, uno spagnolo, un canadese, un belga: E gli italiani? Purtroppo se un verdetto lo Stelvio l’ha dato, riguarda proprio gli alfieri del nostro ciclismo in questo Giro. Ed è solo negativo. Per Ivan Basso, padrone sulla carta, gettonato dai bookmaker, ma tappa dopo tappa incapace di un gesto atletico che desse la scossa, è un dignitoso tramonto all’alba dei 35 anni. Sullo Stelvio non ha tenuto la ruota di Rodriguez e compagni scivolando al quinto posto in classifica a 3’18” dalla maglia rosa. Michele Scarponi, generoso e istrione come sempre, ha fatto meglio di Basso ma troppo poco per meritare di bissare la vittoria del Giro (ottenuta a tavolino). Tre scatti a Pampeago, uno sullo Stelvio: tutte le quattro volte semplici cannonate a salve, senza esito anche se oggi il leader della Lampre si è lamentato che il compagno di squadra Damiano Cunego, che inseguiva solitario De Gendt, non l’abbia atteso. Stasera Scarponi è ancora terzo in classifica a 1’51” da Rodriguez, ma De Gendt lo incalza a 27”: un vantaggio troppo esiguo per non temere che domani a Milano si assista a un podio tutto stranero. Non capiterebbe dal 1995 quando a vincere fu lo svizzero Tony Rominger precedendo il russo Evgenij Berzin e il lettone Petr Ugrumov.
Lo Stelvio, che ha ridimensionato anche Pozzovivo, ha riproposto Damiano Cunego come il più battagliero tra gli uomini di classifica italiani: con il secondo posto di oggi a 56” da De Gendt, il vincitore del Giro 2004 è balzato al sesto posto della generale ad appena 25” da Basso. Che in questo Giro non ci siano portenti lo dice anche la classifica della maglia azzurra, quella che premia il miglior scalatore del Giro: a vincere la speciale graduatoria, che vide primeggiare grimpeur del calibro di Gaul, Bahamontes e Pantani, è stato Matteo Rabottini, il piccolo eroe di Piani dei Resinelli, che dopo aver vinto i primi tre Gpm di oggi (Tonale, Aprica e Teglio) assicurandosi il primato finale, si è disinteressato del Mortirolo e dello Stelvio.
Anche il re delle volate, Mark Cavendish, ha pagato dazio sulla grande montagna. Il campione del mondo, arrivato con l’ultimo gruppetto di ritardari a 46 minuti da De Gendt, pensava di aver risolto i suoi problemi evitando il fuori tempo massimo. Ma la delusione è arrivata subito dopo quando ha saputo che per un punto Rodriguez gli aveva soffiato la maglia rossa di leader della classifica a punti. Domani nella cronometro, che dovrebbe rilanciare Taylor Phinney, sparito dopo le glorie danesi, sarà dura per Cannonball riprenderla, anche se Purito penserà solo a difendere quella rosa. Mai Giro è stato incerto come questo: dopo 3.473 km. la corsa della Gazzetta cerca ancora il suo padrone, per la maglia rosa e anche per quella rossa. Tutto si deciderà negli ultimi 30 km di Milano contro il tempo. Bisogna risalire al 1984 per trovare qualcosa di simile quando nella crono finale da Soave a Verona Francesco Moser, grande cronoman e pioniere nel campo delle ruote lenticolari, strappò la maglia rosa a Laurent Fignon. Ma allora complice il maltempo gli organizzatori avevano cancellato il giorno prima lo Stelvio. Fignon vi vide un evidente favore fatto a Moser che sulle salite era tutt’altro che imbattibile. Quest’anno però lo Stelvio c’era: male per Rodriguez se non ha saputo approfittarne per disinnescare la minaccia canadese di Hesjedal.