Il Cavaliere rilancia. Altro che riforma elettorale, quella auspicata da Silvio Berlusconi è una vera rivoluzione del sistema politico italiano: “Ci è venuto il desiderio di approfondire quello di cui da 30 anni si parla – ha detto l’ex premier in conferenza stampa a Palazzo Madama – ossia la possibilità che siano i cittadini a decidere con i loro voti chi debba essere il Presidente della Repubblica. Consegneremo questa riforma istituzionale all’aula del Senato“. Sarebbe questa la “grande novità politica” annunciata nelle scorse settimane insieme al segretario del Pdl, Angelino Alfano.
Dopo aver annunciato di non voler più tornare a Palazzo Chigi, Berlusconi punta dunque al Quirinale? “Farò quello che mi chiederà di fare il Pdl – ha risposto sibillino il Cavaliere -, ho questo senso di responsabilità e sono ancora qui perché eletto da milioni di italiani. Non è una mia ambizione, ma ci sono responsabilità che non si possono ignorare”. Per fortuna a sgombrare il campo dalle ambiguità è arrivato un lapsus (freudiano?) di Alfano, che ha citato le parole del suo mentore in modo insolito: “Come dice il Presidente della Repubblica… Volevo dire… Il presidente Berlusconi”.
Archiviato il sospetto sull’ “ambizione” personale, Berlusconi ha scelto la strada delle similitudini per chiarire le ragioni della nuova proposta: “Vogliamo continuare a essere nella situazione di Atene, un Paese ingovernabile, o di Parigi, in cui in pochi giorni i cittadini hanno visto formarsi un governo? La risposta è ovvia”.
Per questo “abbiamo deciso di compiere il gesto ardito di presentare al Paese, alla maggioranza e all’opposizione un’opportunità di modernizzazione del Paese, dando la possibilità di incidere direttamente attraverso elezioni primarie sulla scelta del presidente”.
Accanto alle primarie, per Berlusconi si tratta di permettere ai cittadini di fare “scelte sui contenuti del programma e di portare il Paese fuori dalle secche della impossibilità di governare con efficacia una situazione di grande difficoltà e profonda crisi”.
E quale miglior occasione del governo Monti per colmare la lacuna? ”Era nostro dovere approfittare della possibilità di un governo tecnico che continuasse il lavoro che avevamo iniziato anche rispondendo alle richieste dell’Ue, per fare incontrare maggioranza ed opposizione ad un tavolo e fare le riforme”.