Il Giro si gioca ancora in una manciata di secondi troppo esigua perché si scopra il suo padrone. Ma Joaquin Purito Rodriguez con la vittoria di oggi ad Assisi si candida perentoriamente a esserlo. La esplosività che lo spagnolo sa esprimere sulle brevi salite non ha eguali nel gruppo. Distanziando di 6” i principali rivali, Rodriguez, grazie anche all’abbuono di 20” per il vincitore di tappa, ha conquistato la maglia rosa strappandola al canadese Ryder Hesjedal che comunque resta sempre in corsa, secondo nella classifica generale a 17” dal nuovo leader. Dove c’è un’ascesa secca, Rodriguez appare imbattibile. Lo si era già visto sul muro di Huy all’ultima Freccia Vallona. In questo Giro forse solo Pozzovivo (sempre più convincente il piccolo “dottore” lucano) ha uno scatto altrettanto prepotente. Lo show inatteso di Rodriguez sulla salitella che anticipava l’arrivo a Frosinone nella tappa di ieri – per i più un inutile spreco di energia – non era altro che una prova per l’attacco riuscito di oggi sullo strappo finale che portava ai piedi della stupenda basilica francescana. Adesso che è uscito allo scoperto, tutti attendono il capitano della Katusha sulle grandi montagne, nelle tappe in cui ci sono da scalare più passi oltre i 2mila metri. Tappe che sembrano congeniali per un diesel come Ivan Basso piuttosto che per uno scattista come Rodriguez. L’arrivo a Cervinia di sabato prossimo sarà l’atteso primo banco di prova per capire se Purito potrà essere davvero il padrone del Giro. Ruolo a cui non ha affatto abdicato Basso, che punta sempre a fare il tris, un exploit che lo porrebbe alla pari con campioni del passato come Fiorenzo Magni. In classifica Ivan riparte domani per Montecatini con un distacco dalla nuova maglia rosa contenuto sotto il minuto, sempre più convinto che la partita del Giro sarà decisa nell’ultima settimana, con lo Stelvio arbitro supremo.
E’ un Giro aperto come pochi altri. A metà del cammino della corsa rosa, se non si conosce ancora chi mai la potrà vincere, altrettanto non c’è alcuna certezza su chi l’ha già persa. Anche se ad Assisi qualche ombra improvvisamente è calata su Frank Schleck, che nella bagarre in vista del traguardo ha smarrito le ruote dei rivali perdendo 26” da Rodriguez che ora lo distanzia nella generale di 1’25”. Ancora più indietro, staccato di 1’37”, è Cunego che nella Lampre è sempre più destinato a fare il numero due rispetto a Scarponi. Ma la rosa dei favoriti, rispetto a quella stilata alla partenza di Herning, più che restringersi si è di fatto allargata di tappa in tappa con l’ingresso di nuovi pretendenti: sul fronte italiano su tutti si è fatto largo Pozzovivo, che è atteso con curiosità alla controprova delle Alpi e delle Dolomiti; su quello straniero va sempre più tenuto d’occhio Ryder Hesjedal, che se ha lasciato la maglia rosa a Rodriguez, non ha alcuna intenzione di mollare. Per la fortuna anche dei telecronisti della Rai che appena possono si scatenano a esibire il loro multilinguismo: il canadese che abita a Maui nelle Hawaii è uno dei pochi corridori che non sanno una parola d’italiano. Sul povero Ryder quelli della Rai hanno così riversato in questi giorni tutte le parole che conoscono d’inglese, increduli di non essere mortificati come succede con i vari Cavendish e compagni che li gelano rispondendo in un italiano più che accettabile. Anche per questo il Giro, chiunque lo vinca, è un patrimonio nazionale che va salvaguardato come la Scala. Perché, in un mondo sempre più anglofono, nel ciclismo come nella lirica la madre-lingua da sempre resta l’italiano. Lo sanno tutti chi corre, da Cavendish a Kreuziger e Phinney, anche se la brava Alessandra De Stefano, che conduce mascolinamente il Processo della Tappa, fa finta di non saperlo.