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Vegas: qualche accusa, troppe velleità. I limiti della battaglia Consob alla finanza tossica

Il Presidente della Consob, nell’incontro con il mercato, ha puntato il dito sulle derive del’innovazione finanziaria, ma ha dovuto spendere parole amare sugli high frequency trading, di fronte ai quali è impotente o quasi – Lo stesso caso JP Morgan, appena scoppiato, mostra che venire a capo al problema dei derivati con gli ispettori Consob è solo illusione

Vegas: qualche accusa, troppe velleità. I limiti della battaglia Consob alla finanza tossica

Il caso ha voluto che Giuseppe Vegas svolgesse la sua relazione, davanti al presidente della Repubblica ed ai Vip di Piazza Affari, mentre sui mercati finanziari si abbatteva l’ennesima tempesta finanziaria. Nelle stesse ore, attorno a mezzogiorno, i dirigenti incriminati di JP Morgan uscivano dalla maledetta sede londinese cercando di sottrarsi ai flash delle telecamere: nel 2010, con un esborso di 495 milioni di sterline, Jamie Dimon, number one della banca Usa, acquisì il palazzo ex Lehman Brothers, incurante di qualsiasi superstizione. Mal gliene è incolto.

Vegas, come è ovvio, non ha né la bacchetta magica né i poteri per fronteggiare gli eccessi legati all’innovazione finanziaria. Il presidente della Consob si è comunque spinto a sottolineare che “legislatori e autorità hanno il dovere di evitare che si trasformi in un meccanismo che brucia i risparmi delle famiglie”. A questo scopo Vegas ha voluto sottolineare l’azione della Consob nei confronti degli high frequency trading, fenomeno che può creare effetti distorsivi e accentuare la volatilità dei mercati. Per farvi fronte, ha detto Vegas “è necessario predisporre misure di natura microstrutturale in grado di minimizzare i rischi derivanti anche dall’assenza dell’intervento umano”. Al proposito, a fine 2011 Borsa Italiana ha introdotto un meccanismo di penalità “nel caso in cui gli ordini immessi e poi cancellati superino una soglia ragionevole”. “Questa misura – ha concluso Vegas – è un primo passo per cercare di arginare il fenomeno. Ulteriori presidi a garanzia dell’integrità dei mercati sono contenuti nelle linee guida predisposte da un gruppo di lavoro coordinato dalla Consob in sede Esma” . Parole che fanno tenerezza, se si pensa a quel che è successo sui mercati finanziari nelle ultime sei settimane, quando un solo “team” di JP Morgan ha accumulato perdite, sopra i due miliardi, che valgono più della metà dei risparmi di mister Enrico Bondi, impegnato nel “taglia e cuci” sul budget italiano.

Lo stesso Vegas, a proposito degli Hft, ha speso parole amare su quel sistema, di fronte a cui è impotente o quasi, per cui, grazie ad “algoritmi matematici e connessioni ad alta velocità alle piattaforme di trading, si possono inserire, eseguire e cancellare ordini nell’arco di millisecondi, sfruttando variazioni marginali dei prezzi”. E’ un sistema che vanifica in buona parte la funzione della stessa Consob perché, parole del presidente, “gli operatori che utilizzano questa tecnica non sono interessati all’investimento negli emittenti e in genere chiudono le posizioni a fine giornata. I prezzi che si formano in questo modo non sempre riflettono i fondamentali delle società. È un fenomeno che può creare effetti distorsivi e accentuare la volatilità dei mercati”. A fronte di quanto, sull’onda del caso JP Morgan, viene ricordato in questi giorni, i toni di Vegas sono quantomeno un eufemismo: la banca Usa, che pure nei contratti incriminati non ha sfiorato un solo Btp, possiede 342 miliardi di dollari in cds sul debito italiano. I derivati in circolazione valgono 14 volte il pil mondiale, 7 volte tanto la capitalizzazione di tutte le Borse valori. Pensare di venir a capo del fenomeno con le indagini degli sceriffi Consob è velleitario. E lo stesso vale per la stessa autorità Ue, l’Esma, che ha già avviato un gruppo di lavoro sull”’integrità dei mercati”.

La sensazione è che, nell’eterna lotta tra la banda Bassotti e il commissario Basettoni, cresca il vantaggio competitivo a favore dei primi, forti tra l’altro di un vantaggio tecnologico che non viene mai colmato. Anche gli Etf in questa chiave sono diventati “prodotti complessi, portatori di nuovi rischi per la collettività”. Il che, detto mentre piovevano nuovi acquisti di Cds sull’Italia sui listini del reddito fisso (magari senza l’acquisto o la vendita di un solo titolo di Stato “fisico”), getta una luce sinistra sulle regole dei mercati e la capacità di farle rispettare da parte degli organi di controllo.

Dispiace, al proposito, venire a sapere da Vegas che “la complessità dei fenomeni da regolare ha favorito una tecnica legislativa di estremo dettaglio”. Il risultato, riconosce lo stesso Vegas “ è una legislazione vastissima la cui attuazione può rivelarsi difficile”. Ma qui il problema diventa politico. Forse, raccogliendo il parere di Richard Koo di Nomura, l’Europa potrebbe uscire dall’impasse alzando limiti ferrei all’acquisto/vendita di titoli del debito sovrano da parte degli operatori internazionali o, addirittura, tra le varie realtà finanziarie europee. In sintesi, gli operatori tedeschi, liberi di operare sul mercato corporate, potrebbero comprare/vendere solo Bund, gli italiani solo Btp e così via. Una forte limitazione al mercato unico che, di fronte all’attuale situazione, ha almeno il pregio di porre il tema dell’iniziativa della politica un passo avanti alla Hubris dei mercati, ormai privi di freni. Può non piacere, ma lo stesso Vegas è tentato da questo nuovo approccio culturale: “Visti i risultati deludenti – si legge nella relazione -. I regolatori iniziano a considerare l’ipotesi di formulare divieti specifici”. Per ora, anche a causa della viva opposizione dei Paei più sensibili alle lobbies del settore, non ne verrà fuori nulla. Ma il tema, finalmente, è sul tappeto: l’innovazione finanziaria, lungi dal favorire l’efficienza nell’allocazione delle risorse nel mercato unico dell’euro, ha prima favorito la corsa agli high yield in Grecia e Spagna (a favore della bolla del mattone), poi la fuga verso la qualità garantita dai Bund.

Peccato che Vegas, nella sua reazione non abbia nemmeno citato Mf Global, la finanziaria di Wall Street fallita per aver fatto incetta di Btp nell’autunno scorso: è vero, Vegas non avrebbe avuto comunque voce in capitolo nel braccio di ferro tra gli acquisti di John Corzine e le vendite impetuose in arrivo dal mercato. Ma, di questi tempi, quest’impotenza fa più notizia della promessa di lavori tecnici che non colpiscono il bersaglio giusto. Ahimè, di questo passo, la relazione Consob del 2013, l’ultima di fronte all’attuale Presidente della Repubblica, non differirà molto da quella letta stamane da Vegas.

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