Non c’è crisi per la moda italiana, purché si riesca a vendere all’estero. Nei primi tre mesi di quest’anno, infatti, gli ordinativi arrivati da oltre frontiera sono cresciuti del 5,5% mentre quelli “domestici” sono crollati del 6,2%. Un dato che esprime con chiarezza la percezione dei nostri operatori di una stasi dei consumi di abbigliamento in Italia. Anche per i fatturati non manca l’ottimismo, ma solo perché il fascino del made in Italy conquista ancora i mercati internazionali, e così le vendite sono cresciute dell’8,6% tra gennaio e marzo mentre in Italia sono rimaste poco sotto lo zero.
Questi sono i primi dati disponibili elaborati dal Centro studi Smi-Federazione tessile e moda su un campione di oltre 120 imprese che operano in tutti gli stadi della filiera e sono stati resi noti oggi nel corso della presentazione del prossimo Pitti Uomo che si terrà a Firenze dal 19 al 22 giugno. Un evento molto ricco di novità, che quest’anno ha avuto una partenza un po’ al rallentatore da parte delle imprese ma poi è esploso negli ultimi giorni, tanto che oggi hanno già aderito 1.020 marchi di moda maschile e 70 collezioni donna per Pitti ha spiegato Raffaello Napoleone, amministratore delegato di Pitti Immagine, la società che organizza la fiera il cui successo è sempre più legato alla presenza dei più importanti buyer internazionali.
Tornando ai dati del settore, chi in questo momento soffre di più è il mondo del tessile, che nel primo trimestre ha perso colpi sia in Italia (-9,9%) sia all’estero (-4,7%). Solo la tessitura di lana e seta è rimasta leggermente in crescita, mentre l’industria cotoniera è in affanno. Una spiegazione di queste difficoltà può essere data dal fatto che tutta la filiera resta molto prudente e quindi, nell’incertezza generale, chi confeziona tende a limitare gli acquisti dio tessuti allo stretto necessario, senza azzardarsi a fare “provvista” per tempi un po’ più lunghi.
Il settore comunque continua a dare segni di vitalità. Il 2011 si è chiuso, per il tessile-moda, con una crescita del 4,8% almeno, secondo le prime elaborazioni di Smi, a poco più di 52 miliardi di fatturato e 450 mila addetti circa (la perdita occupazionale l’anno scorso è stata di 9 mila lavoratori circa). L’export è andato bene: +9,4% considerando entrambi i settori, ma per l’abbigliamento l’incremento è stato finalmente a due cifre: +10,1%, e l’anno si è chiuso con un saldo attivo di 6,6 miliardi.
Chi vince tra i mercati di sbocco? Al momento la Cina è quella che ha il passo più veloce: nel 2011 è cresciuta del 28,4% e insieme a Hong Kong (+23,6%) ha conquistato il terzo posto come volume d’affari dopo Francia e Germania: 1,8 miliardi di euro contro poco meno di 3 miliardi della Francia e 2,9 miliardi della Germania.
Inevitabile dunque che gli occhi siano tutti puntati sui mercati internazionali, che ci sia una forte attesa per l’avvio operativo della nuova Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero guidata da Riccardo Monti e che lo stesso Governo stia guardando con particolare attenzione ad eventi come Pitti che nel tempo si sono dimostrati una straordinaria piattaforma per la diffusione del made in Italy all’estero.