E cadde così l’ultimo baluardo. Il sorpasso ormai noto a tutti del web ai danni della carta stampata, che ha già visto diverse testate internazionali (come La Tribune in Francia) chiudere l’edizione cartacea e la maggior parte delle altre convogliare energie e risorse sull’online (come il britannico The Guardian), è ora certificato dal premio più prestigioso del giornalismo mondiale, assegnato ad un giornalista da “tastiera”.
Ad aggiudicarsi il Pulitzer 2012 è stato infatti lo statunitense David Wood, inviato di guerra dell’Huffington Post per la serie di reportage “Beyong the Battlefild”: un’inchiesta durata 8 mesi sulle condizioni dei veterani delle guerre in Iraq e Afghanistan e i disagi al ritorno dal fronte.
L’Huffington Post, re dei blog americani, si conferma così una realtà sempre più importante nel mondo dell’informazione, pur non appartenendo al circuito editoriale tradizionale: compare solo sul web e propone un prodotto alternativo e indipendente rispetto a quello spesso imbavagliato dei grandi network.
L’Huffington, prossimo a uscire nella versione italiana, è anche un successo finanziario. Quando si dice, la qualità (anche a costo di verità scomode) paga: nato nel 2005 da un progetto di Arianna Huffington con un investimento iniziale di 1 milione di dollari, ora ne vale centinaia di volte tanto ed è appena passato alla storia come il più caro blog mai acquistato da una grande società. La Aol, America On Line, ha infatti messo sul piatto la bellezza di 315 milioni di dollari per assicurarsi questo colosso dell’informazione indipendente, capace di produrre oltre 25 milioni di visitatori unici al mese.
Il trionfo del web al premio Pulitzer si è poi completato col terzo gradino del podio, occupato dal portale Politico.com (che nasce come quotidiano cartaceo) grazie alle vignette satiriche del disegnatore Matt Wuerker.
Tuttavia, il sorpasso del digitale sulla carta è stato soltanto ribadito: pochi ricordano, infatti, che nel 2011 la prestigiosa onorificenza per il giornalismo finì per la prima volta dopo 94 anni ad un reportage sul mondo della finanza dal nome “The Wall Street Money Machine”, mai finito nero su bianco e pubblicato dal sito noprofit ProPublica.