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Mediobanca: l’industria vinicola ai raggi X

Alla vigilia del Vinitaly, fiera dedicata all’enologia italiana dal 25 al 28 marzo a Verona, Mediobanca pubblica i dati sul quinquennio 2006-2010 delle principali aziende nazionali e su quelle internazionali quotate in Borsa – Ne emerge un quadro rassicurante, con fatturati in crescita, miglioramento della qualità e buone prospettive per il 2012.

Mediobanca: l’industria vinicola ai raggi X

Un’indagine a tutto tondo sul settore vinicolo italiano, quella condotta dal centro studi di Mediobanca, che evidenzia come il fatturato delle principali aziende tricolori sia cresciuto nel quinquennio 2006-2010, così come gli utili netti e il livello occupazionale. Per quanto riguarda le prospettive, emerge che il 93% degli intervistati prevede di non subire un calo delle vendite nel 2012, mentre il 60% è addirittura fiducioso di andare oltre il 3% di crescita. L’analisi riguarda anche le principali società internazionali quotate in Borsa.

L’indagine si articola in due sezioni. La prima riguarda 107 principali società di capitali italiane operanti nel settore vinicolo. Si tratta di tutte le società italiane che nel 2010 hanno fatturato, privilegiando il dato consolidato ove disponibile, più di 25 milioni di euro. L’aggregato di queste società mette in evidenza nel 2010 un capitale investito di 5,2 miliardi di euro ed un volume di vendite di 4,5 miliardi; il tasso stimato di rappresentatività è pari al 53,9% sia in termini di produzione (valutata nel 2010 in circa 8,3 miliardi di euro) che di export (pari a 3,9 miliardi di euro). Lo studio considera i risultati di bilancio del periodo 2006-2010 integrati con interviste alle imprese volte a valutare i consuntivi del 2011 e le attese per l’anno in corso. La seconda sezione riguarda l’analisi nel periodo 2001-2010 dei bilanci delle 15 maggiori imprese internazionali quotate (con fatturato superiore a 150 milioni di euro nel 2010) e la dinamica da gennaio 2001 a metà marzo 2012 dell’indice mondiale di Borsa delle principali imprese vinicole quotate; esso copre attualmente 45 società trattate in 20 Borse (non vi figura quella italiana) la cui capitalizzazione, alla data terminale, era pari a 18,9 miliardi di euro. L’aggregato delle 15 società ha chiuso il 2010 con ricavi pari a 9,8 miliardi di euro ed un capitale investito di 13,9 miliardi di euro.

Sintesi
I principali aspetti che emergono dall’analisi sono i seguenti.
Principali società italiane (dati di bilancio consuntivi 2006-2010):

Crescita del fatturato 2010 pari al 4,3% sul 2009, con recupero dei livelli segnati nel 2008; incremento importante sui mercati esteri (+8,2%), modesto su quelli domestici (+1,0%); le vendite nazionali restano su livelli prossimi a quelli del 2006, dopo avere ristagnato tra 2007 e 2008 e flesso nel 2009; quelle oltre frontiera hanno ripiegato solo nel 2009 e nel 2010 hanno toccato il massimo del periodo; la crescita dei ricavi complessivi è al disotto di quella segnata dall’industria manifatturiera italiana (+8,2%), ma in linea con quella dell’industria delle bevande (4,7%) e del settore alimentare nel suo insieme (+3,9%);

Continuo recupero della redditività operativa tornata ai livelli del 2007, ma ancora inferiore al massimo del 2006: Mon su fatturato al 5,6% nel 2010 dal 4,8% del 2009, 4,9% del 2008, 5,7% del 2007 e 6,7% del 2006; in ripresa nel 2010 anche il risultato corrente che si è portato sopra i livelli del 2007 grazie alla ulteriore riduzione degli oneri finanziari netti (-21,4% sul 2009) a seguito della caduta dei tassi d’interesse in presenza di un ammontare di debiti finanziari sostanzialmente invariato (+0,6%);

Incremento degli utili netti che toccano a 138 milioni il massimo del periodo dopo i 124 milioni del 2006, influenzati tuttavia da proventi per operazioni straordinarie pari a 43 milioni; al netto delle società da esse interessate il risultato supera comunque i 105 milioni, quasi raddoppiando dai 67 del 2009; il roe si attesta nel 2010 al 5,9% (4,7% escludendo le citate operazioni straordinarie), in crescita dal 3% del 2009 ma al disotto di quello delle società del settore beverage (9,3%);

Nuova ripresa del rendimento del capitale complessivamente impiegato (roi) dopo una prolungata flessione: 5,4% nel 2010, 4,6% nel 2009, 5,2% nel 2008, 6,1% nel 2007, 6,8% nel 2006; il dato del 2010 è anch’esso al disotto di quello delle società del settore delle bevande (9,7%);

Struttura patrimoniale solida, con un rapporto tra debiti finanziari e capitale netto inferiore all’unità (82,5%), in miglioramento sul 2009 (85,6%) dopo che nel 2008 aveva toccato il proprio livello massimo (96,6%);

Lieve incremento dei livelli occupazionali dal 2006 (+1,7%), a fronte di variazioni negative segnate dalle società del settore beverage (-2,5%) e dall’industria manifatturiera italiana (-5,1%), anche se l’ultimo anno accusa una lieve flessione (-0,5%);

Crescita degli investimenti nel 2010 (21,8%), ma su livelli di oltre il 20% inferiori rispetto al massimo toccato anche per questa grandezza nel 2006;

Perdita progressiva di competitività dal 2006, con il valore aggiunto pro-capite aumentato del 3,9% ed il costo del lavoro per dipendente del 16%; l’incidenza del secondo sul primo è passata dal 46% del 2006 al 52% del 2010, anche se l’ultimo anno ha visto un’importante crescita del valore aggiunto unitario (+8,1%) rispetto a quella del costo del lavoro (+3,9%); l’industria delle bevande conferma invece nel 2010 livelli di competitività migliori ed invariati rispetto al 2006 (costo del lavoro su valore aggiunto pari al 45% circa);

Rendimenti del capitale più elevati per le società non cooperative a controllo italiano che segnano un roi pari al 6,8% nel 2010, in crescita dal 5,8% del 2009, mentre le cooperative segnano un livello decisamente inferiore pari al 2,5% nel 2010 in marginale calo dal 2,6% del 2009; rispetto al 2006 il roi cade sia per le Spa (-13,9%) che per le cooperative (-46,8%) le quali hanno subìto dal 2009 una drastica caduta della redditività operativa (Mon su fatturato all’1,9% nel 2010 dal 3,3% del 2006) e di quella netta (roe dal 6,2% del 2006 allo 0,2% del 2010); il peso delle cooperative all’interno dell’aggregato è in riduzione tra il 2006 ed il 2010: dal 39,9% al 37,9% il fatturato, dal 19,5% al 12,5% i margini industriali, dal 23,5% allo 0,5% il risultato netto; è invece in crescita il peso occupazionale, dal 34,6% al 35,1%;

I produttori di spumanti nel 2010 confermano risultati migliori rispetto alle altre vitivinicole, sia in termini di rendimento del capitale (roi: 6,3% contro 5,2% nel 2010) che di struttura patrimoniale (debiti finanziari al 39,1% del capitale investito contro il 46,2% degli altri produttori).

Principali società italiane (dati da questionario, preconsuntivi 2011 e aspettative 2012):

Incremento del fatturato (+9,2%), soprattutto grazie alla componente export (+11,5%), con recupero più moderato sul mercato domestico (+7,1%); nel 2011 le vendite all’estero superano del 15,6% il livello pre-crisi (2008), così come quelle domestiche seppure di appena il 3,8%; il 2011 segna una caduta degli investimenti, in flessione del 19,1% rispetto al 2010, essenzialmente per la contrazione delle cooperative (-31,6%) rispetto alle non cooperative (-5,7%);

Aumento delle etichette rappresentative della produzione più qualificata (grandi vini, Docg, Doc) passate dal 44,5% del 1996 al 52,5% del 2012; il trend media tra la dinamica delle coop, che sono passate dal 39,1% al 52,5%, e quella delle Spa che si sono mosse marginalmente, ma in direzione opposta (dal 54,4% al 52,2%); è risultata in particolare contrastante la dinamica delle etichette Doc, la cui quota è caduta per le Spa dal 39,6% al 30% e cresciuta per le coop dal 33,7% al 41,3%;

Prevalenza del canale distributivo rappresentato dalla grande distribuzione organizzata (Gdo) che assorbe il 42,8% della produzione ed interessa con maggiore intensità le società cooperative con il 55,9% rispetto alle altre  che si attestano al 38% circa (poco più della somma dei due altri canali ho.re.ca e wine bar); sui mercati esteri prevale la figura dell’intermediario esportatore (83,9%) la cui incidenza è più contenuta per le società cooperative (76%) che possono contare su una più estesa rete di proprietà (9,6%);

Attese per il 2012: il 93% degli intervistati prevede di non subire un calo delle vendite; il 59% è ottimista, con aspettative di crescita superiori al 3%, mentre il restante 34% esprime attese stabili (variazione delle vendite compresa tra zero e +3%); il 3% ha aspettative leggermente ribassiste (variazione delle vendite compresa tra zero e -3%), mentre solo il 4% prevede riduzioni delle vendite superiori al 3%; le attese non negative per il 2012 interessano maggiormente le società cooperative rispetto alle altre (95,8% contro 90,9%); positive anche le attese per l’export: oltre il 94% degli intervistati lo prevede in crescita nel 2012, con il 55,7% che prevede tassi di sviluppo superiori al 3%; sui mercati esteri le attese non ribassiste delle società non cooperative sono prevalenti (95,4% contro 91,3%).

Principali società internazionali quotate (dati di bilancio consuntivi 2001-2010):

Nel 2010 fatturato è in lieve flessione sul 2009 (-1,3%), mentre i margini industriali segnano una diminuzione ma restano su livelli elevati (Mon su fatturato al 17,6% dopo il 18,8% del 2009, massimo del decennio); l’utile netto risale all’8,7% del fatturato dopo 3 anni di risultati modesti o negativi (1,3% nel 2009, 3,5% nel 2008 e negativo nel 2007); il miglioramento del 2010 appare legato alla riduzione degli oneri netti di natura non ricorrente che si attestano al 5,7% nel 2010, dopo avere toccato l’11,6% nel 2009; il roe del 2010 si è fissato al 12,3%, ancora lontano dai livelli del 2004-2006;

La struttura finanziaria segna nel 2010 un rapporto tra debiti finanziari e mezzi propri pari al 77,2%, in forte riduzione rispetto al 101,7% del 2009 ed al 111,9 % del 2008; depurando i mezzi propri dei cospicui attivi immateriali, per lo più avviamenti rivenienti da acquisizioni, si evidenzia un rapporto tra debiti onerosi e mezzi propri pari al 182,6%, in marcata riduzione rispetto al biennio precedente (2009: 285,3%, 2008: 480,2%);

Prosegue il processo di razionalizzazione avviato dalle multinazionali del vino a partire dal biennio 2005-2006 (gli anni delle ultime importanti aggregazioni), dapprima sulla spinta di un contesto competitivo particolarmente sfidante, poi a fronte della crisi mondiale; nel dicembre 2011 la Foster’s Group è stata acquisita dalla sudafricana SabMiller dopo aver completato, nel precedente mese di maggio, un processo di riqualificazione industriale che ha comportato lo scorporo delle attività vinicole in capo a Treasury Wine Estates; il capitale investito nel 2009 è tornato ai livelli del 2002 (-3 miliardi di euro circa rispetto ai massimi del 2004), la forza lavoro è diminuita di circa 11.000 unità rispetto al 2002 (-26,5%); anche gli avviamenti si sono fortemente ridimensionati (-32,6%% dal 2006) a fronte soprattutto di impairment e cessioni di attività;

– L’aggregato cela andamenti delle vendite disomogenei: da un lato il grande dinamismo della Yantai (+19%), che conferma un tasso di crescita del giro d’affari a doppia cifra ininterrotto dal 2003, e dei produttori di champagne (+15,1% Laurent Perrier, +14,6% la Vranken Pommery a perimetro omogeneo e +10,5% Lanson-BCC); dall’altra parte si rileva la contrazione di alcuni grandi operatori (-1% Constellation, -5,4% Foster’s a perimetro omogeneo);

I più recenti rendiconti infrannuali del 2011 indicano una lieve diminuzione dei fatturati (-4,1%) determinata dall’ampio calo riportato da Constellation Brands (-22,6%) a seguito della cessione delle attività australiane ed in UK; a perimetro omogeneo le variazioni si invertirebbero di segno (+6,2% per l’aggregato e + 2,5% per la società statunitense); vivace la dinamica della cinese Yantai, della cilena Vina Santa Rita e della sudafricana Distell (rispettivamente: +23,6%, +22% e +15,9%);

– Dal gennaio 2001 l’indice di Borsa mondiale del settore vinicolo è cresciuto del 149%; nello stesso periodo le Borse mondiali hanno segnato un modesto progresso del 20;

Il valore di borsa dei titoli che compongono l’indice, nessuno dei quali italiano, è costituito per poco più del 35% circa da società cinesi e per poco meno del 20% da quelle nordamericane; segue l’Australia al 12%, il Cile al 9%, la Francia al 6% e la Spagna al 2%; il resto è rappresentato da un coacervo di imprese in Paesi diversi, la maggiore delle quali è la sudafricana Distell;

– Nel confronto con le Borse mondiali è da tenere presente che le imprese vinicole non sono presenti in tutte le principali piazze finanziarie (ad esempio, mancano operatori di rilievo nel Regno Unito); la migliore performance dei titoli vinicoli (in termini relativi, ossia al netto delle dinamiche delle Borse nazionali) è maturata in Francia (+164%) e Nord America (+76%), segue la Spagna (+5%) mentre in altri Paesi i produttori di vino hanno reso meno della Borsa nel suo insieme, marginalmente in Australia (-2%), in misura più consistente in Cina (-24%) e Cile (-53%).

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